“I segreti di Bologna” e le verità nascoste sulla strage

Chiarelettere nel 2018 ha editato un approfondito saggio sull'eccidio emiliano curato dall’avvocato e scrittore Valerio Cutonilli e dal giudice Rosario Priore

Le immagini della strage di Bologna

Su Bologna le verità giudiziarie che sono state raggiunte finora fanno acqua da tutte le parti. Noi continueremo con tutte le nostre forze a ricercare giustizia e verità, non fermandoci a ricostruzioni parziali e in molti casi ideologiche. La scoperta della 86esima vittima – i resti di Maria Fresu non corrispondono alla donna – è uno dei tanti capitoli ancora da esplorare. E’ sempre l’ora della verità oltre i luoghi comuni partigiani. ***

La strage del 2 agosto 1980 cela una pista dimenticata, riemersa a distanza di venticinque anni a seguito dell’attività svolta dalla Commissione parlamentare Mitrokhin e dal giornalista investigativo Gian Paolo Pelizzaro, analizzata nel libro “I segreti di Bologna” – edito da Chiarelettere nel 2018 – dall’avvocato e scrittore Valerio Cutonilli e dal giudice Rosario Priore. 

Nel viaggio a ritroso orientato alla comprensione di una stagione che culminò nell’atto terroristico più grave della storia italiana, gli autori rievocano un contesto geopolitico internazionale in ebollizione, contraddistinto da dinamiche e avvenimenti in parte sottovalutati, ignoti oppure rimossi in nome della ragion di Stato. 

La diplomazia parallela

Il parziale disimpegno statunitense dalle vicende europee si trasformò rapidamente nella ripresa della vecchia linea interventista, a seguito dei significativi rivolgimenti politici in Iran e dell’invasione dell’URSS in Afghanistan; contribuì alla brusca battuta d’arresto del processo di distensione la crisi degli euromissili, che enfatizzò l’importanza strategica nel Mediterraneo dell’Italia, “reduce” a livello interno dal fallimento del progetto di compromesso storico. 

La decisa svolta atlantista impressa dal presidente del Consiglio Cossiga e i doveri previsti dall’affiliazione alla Nato contraddicevano l’applicazione del “lodo Moro”, un accordo sotterraneo e non scritto in base al quale la libera circolazione di armi e terroristi palestinesi sul territorio nazionale venivano garantite in cambio dell’impegno di questi ultimi a non compiere attentati; dal canto loro le autorità italiane avrebbero perorato la causa dell’OLP nei consessi internazionali.

Furono, peraltro, le formazioni oltranziste – sostenitrici della strategia dei dirottamenti aerei finalizzata ad esportare in Europa il conflitto con gli israeliani a scopi ricattatori – ad armare le Brigate rosse; Mario Moretti si recò di persona a Beirut per ritirare un ingente carico di armi ed esplosivi, in parte destinato ad altre frange estremiste europee. Ad intrattenere rapporti riservati con le frange palestinesi più estreme fu direttamente il Sismi; investito dall’esecutivo di funzioni di “diplomazia parallela”, il capocentro del servizio segreto militare a Beirut Stefano Giovannone, garante del buon funzionamento del lodo, entrò più volte in conflitto con l’ambasciatore italiano. 

La necessità di salvaguardare le relazioni con uno dei più importanti paesi produttori di petrolio, nonché maggior partner commerciale dell’Italia come la Libia – firmataria di un accordo segreto in materia di sicurezza ed intelligence con l’Urss – rispondeva ad esigenze di sopravvivenza di una nazione non autosufficiente nel settore dell’approvvigionamento energetico, incurante di condotte politiche “schizofreniche” e disposta a mantenere rapporti amichevoli con organizzazioni terroristiche, tra le quali il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (Fplp), collegata alle formazioni marxiste operanti in Europa e finanziato sia da Mosca che da Gheddafi. 

Motivi di sicurezza ed il radicamento di tendenze filoarabe nei partiti e nel Sismi influirono sulla rischiosa scelta del lodo, che venne palesemente violato nel novembre 1979 ad Ortona, a seguito del sequestro di missili terra-aria Strela di fabbricazione sovietica. Il conseguente processo per detenzione e traffico internazionale di armi da guerra a carico di tre membri di Autonomia operaia e di un militante del Fplp allarmò non poco i servizi.

Preoccupate note informative provenienti da Beirut evidenziarono l’elevata esposizione dell’Italia al rischio di un attentato ritorsivo dalle particolari caratteristiche: sarebbe risultato, infatti, privo di rivendicazioni ufficiali e incomprensibile all’opinione pubblica. Fu incaricato della sua fase esecutiva – come risultò nell’appunto riservatissimo consegnato dai Ros ai magistrati bolognesi nel 2006 – un terrorista venezuelano soprannominato Carlos lo sciacallo, già autore di attentati in Europa contro obiettivi indiscriminati e leader dell’Organizzazione Rivoluzionaria Internazionale (Ori), composta di militanti arabi e tedeschi e collegata alla Stasi. 

All’oscuro della stampa e dei media, intanto, gli indirizzi della politica estera italiana mutarono rapidamente. Il deterioramento dei rapporti con la Libia – da un lato emissari di Gheddafi in Italia furono autorizzati ad eliminare i dissidenti presenti sul nostro territorio, dall’altro elementi dei servizi e privati cittadini italiani ivi residenti parteciparono ad un tentativo di golpe organizzato dal governatore della Cirenaica e appoggiato (fino a quando gli eventi non si dimostrarono avversi) da Stati Uniti, Francia ed Egitto – si accompagnò alla scelta delle nostre autorità di accollarsi oneri verosimilmente superiori alle proprie possibilità. Ne costituì un chiaro esempio l’accordo segreto per la protezione militare di Malta, finalizzato a sottrarla al controllo libico e sovietico (un’apposita clausola prevedeva il divieto di utilizzo dei porti alle navi militari delle due superpotenze) e rientrante nella strategia atlantica di prevenzione delle minacce di accerchiamento da sud.

La strage e i segreti di Bologna

Se l’opinione pubblica ha ignorato a lungo la coincidenza temporale dell’accordo italo-maltese (2 agosto 1980) con la strage della stazione di Bologna – un sottosegretario agli Esteri avrebbe in seguito ammesso che ragioni di sicurezza avevano precedentemente imposto misure di “controinformazione” – le indagini sullo spaventoso attentato privilegiarono immediatamente e a senso unico la pista nera, pur in mancanza di reali riscontri investigativi e malgrado evidenze processuali che sottolinearono, specialmente all’inizio, la debolezza del movente della svolta autoritaria di destra.  

Stabilita da sentenze ormai passate in giudicato, l’attribuzione della responsabilità della strage ai neofascisti – avallata non solo dai magistrati bolognesi ma anche da Cossiga, il quale avrebbe radicalmente mutato orientamento dopo il crollo del Muro di Berlino – non convince nella misura in cui non spiega l’evidente paradosso del sistematico prodigarsi del Sismi in attività di depistaggio ai danni dell’estrema destra, a cominciare dall’operazione denominata “Terrore sui treni”. 

Lo schema fu ripetuto spesso, facendo ricorso alle testimonianze di detenuti per reati comuni che – allo scopo di ottenere sconti di pena – accusarono di aver compiuto l’attentato i neofascisti, arricchendo le proprie fantasiose ricostruzioni dei fatti con circostanze e dettagli a volte veritieri.  

Il primo depistaggio in ordine di tempo – quello della pista libanese – fu, peraltro, orchestrato direttamente dai servizi segreti dell’Olp: i neonazisti tedeschi del gruppo Hoffmann addestrati, secondo le accuse, dai cristiano-maroniti, avrebbero confidato ai fedayyin la notizia relativa alla responsabilità dei neofascisti italiani, pronti a compiere la strage. E’ doveroso un cenno ad una vicenda verosimilmente collegata – e di pochi mesi successiva – a quella della stazione di Bologna: la scomparsa a Beirut dei giornalisti italiani Toni e De Palo, in precedenza autori di scottanti reportage sul traffico internazionale di armi e sui campi di addestramento palestinesi in Libano.

Dopo aver menzionato il depistaggio effettuato da Gelli e ridimensionando, al tempo stesso, il ruolo della P2 in qualità di “burattinaio” dei grandi misteri d’Italia, Cutonilli e Priore si soffermano su svariati aspetti oscuri della vicenda e su personaggi controversi, nel tentativo di ricostruire i componenti di un puzzle complesso ed incompleto.

Emergono, così, i sospetti e le roventi polemiche relativi alla vicenda di Francesco Marra (venuta a galla a seguito della pubblicazione del libro “Le convergenze parallele” di Sergio Flamigni, ex deputato comunista, ma nota al grande pubblico solo dal 2012), presente sul luogo della strage e – come sarebbe stato accertato a lunghissima distanza di tempo dai fatti – affiliato alle Brigate rosse; le critiche alla lacunosità delle indagini svolte su Christa-Margot Frohlich, terrorista tedesca della cellula rivoluzionaria dell’ORI; i misteri legati al ritrovamento del cadavere di Mauro Di Vittorio, alla vista del quale una donna e un arabo – mai identificati – fuggirono improvvisamente a gambe levate dall’obitorio; quelli della borsa e del passaporto di Salvatore Muggironi ma, soprattutto, l’enigma dell’ottantaseiesima vittima. Il mistero del cadavere scomparso di Maria Fresu alimenta ulteriori dubbi circa la reale attendibilità della ricostruzione ufficiale dei fatti.  

Nel 2014 la definitiva sentenza di archiviazione della pista palestinese ha riconosciuto l’ambiguità di un elemento di fatto non giustificato, ovverosia la presenza alla stazione di Bologna di un terrorista affiliato al gruppo Carlos (come confermato da documentazione d’archivio dei servizi segreti della Germania est e dell’Ungheria), esperto di esplosivi e di contraffazione di documenti: Thomas Kram.

Acquisisce così plausibilità l’ipotesi a lungo scartata – sostenuta non solo dagli autori di questo libro, ma da comitati e movimenti d’opinione non necessariamente schierati a destra, ma trasversali – secondo la quale i terroristi che trasportavano l’esplosivo non avessero previsto la detonazione a Bologna; probabilmente si erano dati appuntamento alla stazione per proseguire il viaggio e colpire da un’altra parte, come effettivamente fecero a Monaco di Baviera e a Parigi nell’arco dei due mesi successivi al 2 agosto 1980. 

Andrea Scarano

Andrea Scarano su Barbadillo.it

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