L’intervento. La questione afgana paradigma della postdemocrazia

Il commento di Maurizio Bianconi, già parlamentare della Repubblica, sull'evoluzione politica internazionale dopo il crollo di Kabul

La ressa per salire sugli aerei occidentali nell’aeroporto di Kabul

La questione afghana è il paradigma della postdemocrazia, approdo del nuovo governo planetario. La postdemocrazia lascia in vita le istituzioni democratiche e i loro poteri formali.  Ma li svuota , trasferendo i poteri reali alla speculazione finanziaria e ai suoi organi, con il target del massimo profitto.

Pensare che l’uscita sgangherata da Kabul degli americani e dei suoi alleati sia frutto di disorganizzazione è un’ingenuità. Immaginare gli Usa, la CIA, e tutti i loro armamentari avveniristici e sofisticati ridotti a un esercito di Franceschiello in rotta di fronte a un gruppo di barbari , ancorché bravi combattenti,  è fuori da ogni ragionevolezza.  La postdemocrazia prevede che quando si vive una crisi,  essa vada  aggravata se ciò serve a potenziare le azioni dell’economia finanziaria.

Mario Draghi  ha preannunciato “è necessario mantenere i rapporti anche in futuro e investire anzichè in armi in aiuti.  Il domani garantisce lo sviluppo dei commerci  di oppio , di litio,  di altri minerali senza il costo dell’occupazione militare. Assicura impieghi per aiuti “umanitari”, riarmo delle forze di resistenza , investimenti per la prevedibile recrudescenza del terrorismo, studi e produzione di armi strategiche che consentano una presenza senza invasioni e chissà che altro.

Questo scenario presuppone  l’inumazione del ventennio decorso , uno scollamento delle forze antitalebane, un’emergenza per la sicurezza mondiale, diritti da difendere , martiri e storie toccanti da lanciare per l’etere.

La creazione dell’emergenza consente anche un altro passo in avanti per la postdemocrazia . Lo svuotamento delle istituzioni democratiche  e tradizionali presuppone la loro sostituzione con congegni del mondo finanziario e speculativo. Dopo la non accidentale debacle, si sarebbe dovuto rimettere la questione afghana sul tavolo delle relazioni fra gli stati.

La Nato , in primis che aveva autorizzato l’intervento, l’Onu o il suo Consiglio di Sicurezza, o un summit degli stati in ritirata allargato a quelli cointeressati , Russia , Turchia , Cina. Percorsi ignorati dagli uomini politici postdemocratici e dai media.

Mario Draghi, ha evocato il G 20, previa riunione urgente del G7. Giusto conoscere con esattezza cosa sia il G 20. Esso è il ” foro internazionale che riunisce le principali economie del mondo, che rappresentano l’80% del PIL planetario. . .   si concentra massimamente sulle questioni economiche, finanziarie , monetarie”. Il G7, stessa storia , soltanto limitata alle 7 economie occidentali più sviluppate oltre il Giappone. Si istituzionalizza che le decisioni politiche internazionali competono ai mercati e ai loro organismi. D’altronde Alan Greenspan lo predica da tempo senza voci contrarie.

Si parla dell’Afghanistan come scalino ultimo della ‘ fine dell’ Occidente’ .   Non è esatto, è il primo scalino ufficiale della postdemocrazia finanziaria, afferma un nuovo ordine che antepone organismi,  obbiettivi,  azioni finalizzate alla speculazione e al profitto e dove il resto è armamentario superato.

È resa incondizionata.

Si dice che Pierpaolo Pasolini  avesse rampognato i suoi compagni per le professioni di antifascismo ‘archeologico’, cioè dirette al passato,  graditissime -sempre secondo Pasolini- ai ‘fascisti’del capitalismo consumista che dominavano in Italia.   Si condannano i fascisti morti e si lascia campo a quelli in vita. A questo pensavo quando da una parte Mario Draghi evocava il G20 e dall’altra Sergio Mattarella celebrava i martiri di Stazzema. Anche in questo la postdemocrazia e i suoi uomini non sbagliano un colpo.

@barbadilloit

Maurizio Bianconi

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