Se il “grande reset” finisce all’italiana

Note a margine di un articolo dell'Ispi e delle polemiche sulla nuova dizione emersa nelle polemiche "no green pass": "Certamente, la scelta sensazionalistica di chiamare tutto questo “Grande Reset”, se sarà forse pagante ai fini delle vendite del libro di Schwab, non evidenzia il possesso di una grande visione da parte dei soloni di Davos, dato che permetterà ai QAnonisti e complottisti di tutto il mondo, e da noi più modestamente ai vari Freccero, di dare nuovamente fiato alle loro trombe"

Il grande reset?

Il sito internet dell’ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) di Milano ha ospitato il 24 settembre scorso un intervento a firma dell’analista geopolitico Simone Urbani Grecchi, dal titolo “Sicurezza alimentare: questioni globali in tavola”, a commento del primo “Food Systems Summit” delle Nazioni Unite, svoltosi il giorno precedente a New York. Una tematica, quella della sicurezza alimentare, certo adatta a essere ospitata sulle pagine di un prestigioso centro studi dalle posizioni rigorosamente politically correct, come testimonia del resto l’ultima parte del pezzo, in cui l’autore ci invita tutti a “mostrare iniziativa e responsabilità individuale” al fine di realizzare “un mondo più sano”.

Dal sito Ispi

Fin qui, dunque, nulla di strano: senonché, il pezzo si conclude come segue: Sta quindi a ognuno di noi farsi trovare pronto e apportare il proprio mattoncino per far sì che il “ great reset” non rimanga soltanto uno slogan”.

Il “great reset”? Dove avevo già letto queste parole che sembrano a prima vista  richiamare complottismi da QAnon? Cliccando sul link presente nell’articolo, sono stato rimandato a una stringata pagina del sito del World Economic Forum (meglio noto come Forum di Davos), il quale rinviava a sua volta a una pagina di approfondimento intitolata “Now is the time for a great reset”.

Il Grande Reset consiste di fatto in una serie di proposte presentate fin dal maggio 2020 dal WEF e, in particolare, dal suo direttore, il tedesco Klaus Schwab (coautore di un omonimo libro assieme al francese Thierry Malleret), intese a ricostruire in modo sostenibile l’economia mondiale dopo la pandemia da COVID-19; principali strumenti a tal fine dovrebbero essere la rivoluzione verde e quella digitale, capaci di permettere una crescita “più intelligente è più equa”. Il tema è stato al centro dell’incontro annuale 2021 del WEF, tenutosi nello scorso maggio ma, a causa della pandemia, quasi del tutto online e, di conseguenza, con una minor copertura mediatica rispetto agli anni precedenti. Ancor più ridotto, come sempre accade, è stato l’interesse dei commentatori italiani.

Ma perché l’analista ISPI cita proprio adesso il Grande Reset? Una semplice constatazione cronologica fa ritenere che si sia trattato di una presa di posizione dell’Istituto riguardo alle esternazioni dell’ex membro del Consiglio d’Amministrazione della RAI e noto autore televisivo Carlo Freccero: questi, in una lettera pubblicata il 20 settembre su “La Stampa”, aveva definito il “Green Pass” Covid-19 – di cui appoggia l’abolizione per via referendaria – come “l’embrione della futura tessera di identificazione digitale a cui mira il Grande Reset in via di attuazione”. Un’affermazione a dir poco arbitraria, come tutte quelle elaborate da Freccero nella lettera in questione e nelle numerose ospitate televisive dei giorni seguenti: ma evidentemente presa sul serio dall’ISPI, che ha sentito il dovere – pur senza citare Freccero, cui comprensibilmente non riconosce la qualità di maître-à-penser – di riaffermare l’importanza del processo in parola, invitando per di più ciascuno di noi a parteciparvi.

Inutile, ma tutto sommato divertente, dire che né Freccero nelle sue fantasiose (absit iniuria verbis) affermazioni, né l’ISPI nella sua “difesa d’ufficio”, ci presentano una seria analisi delle implicazioni del Grande Reset, che dovremmo secondo loro combattere o difendere, come in una decisiva guerra per la libertà. E d’altra parte, una seria analisi di proposte generiche e inconcludenti, come sembrano quelle presenti sul sito del World Economic Forum, non appare semplicissima. Certamente, la scelta sensazionalistica di chiamare tutto questo “Grande Reset”, se sarà forse pagante ai fini delle vendite del libro di Schwab, non evidenzia il possesso di una grande visione da parte dei soloni di Davos, dato che permetterà ai QAnonisti e complottisti di tutto il mondo, e da noi più modestamente ai vari Freccero, di dare nuovamente fiato alle loro trombe. 

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