Centro studi Livatino: “Caso Mario, nessun suicidio assistito autorizzato”

Resta lo sconcerto della percezione di uno sforzo comune teso a togliere la vita a un grave disabile

Il dibattito sulla difesa della vita

‘Suicidio assistito, primo via libera ad un malato italiano’, così titolano le testate che si occupano della vicenda di ‘Mario’, dopo il parere rilasciato dal Comitato etico regionale delle Marche. Ma è realmente così? La versione integrale del parere non autorizza questa conclusione, intanto perché, nella confusione normativa attuale, se un qualsiasi Comitato etico avesse autorizzato un suicidio assistito avrebbe violato la legge, poiché sarebbe andato oltre le competenze che le varie disposizioni gli riconoscono. E poi perché, chiamato dal Tribunale di Ancona a verificare la sussistenza nel caso specifico delle condizioni previste dalla Corte costituzionale con la c.d. sentenza Cappato, a proposito del requisito della sofferenza intollerabile il Comitato parla di ‘elemento soggettivo di difficile interpretazione’, di difficoltà nel ‘rilevare lo stato di non ulteriore sopportabilità di una sofferenza psichica’, e di ‘indisponibilità del soggetto ad accedere ad una terapia antidolorifica integrativa’. 

Mentre quest’ultimo aspetto si pone in contrasto col requisito della Corte cost., relativo al carattere pregiudiziale della pratica della terapia del dolore rispetto a qualsiasi trattamento di fine vita, la sofferenza intollerabile è qualificata e ancorata a un dato psicologico e soggettivo. 

Confermato pertanto che il Comitato etico non ha autorizzato alcun suicidio assistito, resta lo sconcerto – sulla base della lettura del parere – della percezione di uno sforzo comune teso a togliere la vita a un grave disabile: la cui sofferenza di ordine psicologico merita aiuto e affiancamento, non l’individuazione della sostanza più idonea a ucciderlo. 

 

Centro studi Rosario Livatino

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