Il caso. La “Lettura” sinistrorsa su Atreju e la naturale declinazione a destra

Contro l'interpretazione negazionista di scrittori come Ende e Tolkien che tende a cancellare la cultura e i valori profondi delle loro opere

Giorgia Meloni ad Atreju

Il negazionismo cancella la cultura e prova a riscrivere idee e interpretazioni di alcuni autori basilari per la cultura occidentale. Lo fa con libri, convegni, articoli.
L’ultimo tentativo è quello di Pierdomenico Baccalario, scrittore di libri per l’infanzia che analizza, nel numero 77 della “Lettura” (dicembre 2021) il mito di Atreju, poi en passant Tolkien, capovolgendo il senso letterario e metafisico che alcune opere hanno.
Parte dal fatto che Atreju (personaggio dei libri di Michael Ende, cui è dedicata idealmente la festa annuale del movimento giovanile della destra, Gioventù nazionale) non c’entra nulla con la destra di Giorgia Meloni. Si domanda perché è stato scelto Ende. Facile: Atreju incarna in maniera evidente lo stile della destra (coraggio, altruismo, generosità, identità, amore per le proprie radici, amore per la Tradizione, visione spirituale, ecc.) e tutto il film è una critica alla società moderna, materialista, nichilista e turbocapitalista, dove c’è il predominio della tecnica. Alcune frasi del libro echeggiano proprio la critica che svariati autori di destra (Spengler, Benn, Sombart, Gentile, Evola, Jünger, Spann, Heidegger, Schmitt ecc.) hanno fatto alla società moderna dei consumi. Quando il personaggio del libro parla del gran vuoto che avanza sta parlando della società globalista e neocapitalista odierna, che cancella le identità, il senso dell’appartenenza e impone una visione materialista, pronta a cancellare i popoli nel nome dell’egualitarismo e dell’appiattimento dei loro valori.

La storia infinita di Michael Ende

Baccalario coglie alcune assonanze (le meno importanti) con i lavori di Clive Staples Lewis ma fa raffronti non opportuni quando accosta alcune parti del libro di Ende con Collodi. E sostiene che è una “vocazione europea” a sovrastare l’opera di Ende. Definizione strana che vorrebbe minare l’opzione del “patriottismo” e del “sovranismo” (buttandola in politica) ma non spiega in realtà molto. Baccalario fa un riferimento al Signore degli anelli di Tolkien parlando di una “scaramuccia” ideologica che avvenne nel 1981 su Tolkien e sostiene che l’affidamento della introduzione a un intellettuale conservatore come Elémire Zolla fu un danno per il capolavoro tolkieniano. Tante inesattezze in una sola frase… Baccalario ignora che Zolla fu colui che segnalò l’opera al direttore editoriale della Rusconi Alfredo Cattabiani e fu anche curatore dell’opera. Il lavoro complessivo (introduzione di Zolla e traduzione di Vicky Alliata) fu molto apprezzato da Tolkien in persona che era buon conoscitore della lingua italiana. L’inquadramento storico e letterario era preciso, del resto fatto da un genio (Zolla) che era anche docente di Lingua e letteratura inglese e non solo “filosofo delle religioni”…
Poi, per continuare a buttarla in politica, ovviamente parla dei Campi Hobbit della gioventù di destra negli anni Settanta e fa risalire l’ispirazione a creare quei campi ai boy scout di Baden Powell. Baccalario ignora che invece il riferimento era alle comunità di giovani Wandervögel tedeschi, veri e propri bund, comunità che dalla fine dell’Ottocento fino agli anni Trenta vivevano a contatto con la natura svolgendo lavori insieme, praticando discipline sportive, ginnastica e intonando canti intorno al fuoco la sera, ecc. Una scelta non certo bucolica – come invece per i boy scout – ma ideale, di sviluppo della coscienza comunitaria contro le restrizioni e le abitudini borghesi, per un ritorno al rapporto diretto con la natura, in un’accezione pagana.

Campo Hobbit 1977 (foto Parisella)

Baccalario, inoltre, non sa che gli “Hobbit degli Appennini” (come chiama i giovani di destra che dettero vita ai Campi Hobbit negli anni ’70) se li filarono in molti e non come sostiene lui. Dov’era Baccalario in quegli anni? Tutti i giornali (perfino “l’Espresso” e “Repubblica”!) mandarono i loro inviati ai Campi Hobbit e Giampiero Mughini girò un documentario di un’ora trasmesso dalla Rai dal titolo “Nero è bello”. Si aprì un dibattito sulla nuova cultura di destra cui partecipò anche Cacciari…

Baccalario passa di nuovo a parlare di Atreju e lo descrive con la pelle olivastra (sic), dettaglio ininfluente che comunque non c’è nel romanzo e anche nel film non si nota. E nemmeno tatuaggi, come l’autore dice… Ma si spiega con il titolo del pezzo che rimanda a “un eroe che apre le porte allo straniero” tanto per strizzare l’occhio al politicamente corretto e alla politica immigratoria. Quasi che Atreju fosse un militante di un’Ong pagata dalle lobby neocapitaliste.
Il problema è che il regno di Fantàsia deve essere salvato dal turbocapitalismo, dal materialismo, insomma dal Male. E Baccalario ignora che non deve rifarsi ai Manuali fantastici ma al libro di Michael Ende, scrittore tradizionalista, adepto dell’Antroposofia, che della fantasia ha dato una spiegazione tradizionale non dissimile da quella di Tolkien. Il potere della fantasia è di poter sviluppare storie possibili e soluzioni. Spazio di salvezza da un mondo arido, materialista dove solo il denaro è alla base di tutto, la fantasia è una porta di passaggio per altre dimensioni, per una fuga dal nulla, a favore del Regno di Fantàsia che non è certo un luogo senza confini “dove turismo e immigrazione sono favoriti”…

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Manlio Triggiani

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