Stefano Della Casa è nato a Torino. E’ noto amichevolmente come Steve dall’epoca della militanza politica. Da allora inventa cineclub, è critico e storico del cinema, autore e conduttore di programmi radio, ispiratore di Film Commission, direttore di vari Festival, regista, talora anche attore: nei Demoni di Giuliano Montaldo è un ufficiale zarista. Tifoso del Torino, cultore del genere western, Della Casa è divertente sempre e serio se occorre.
Il Torino Film Festival non è nato mondano. Ma i giornali si occupano più di mondanità che di critica cinematografica. Anche per questo il pubblico trascura i giornali. Da questa spirale si uscirà?
“Beh, se ne può uscire. L’importante è essere divertenti, il che non significa (solo) fare ridere. La gente esce di casa (o compra i giornali) se pensa di poter trovare qualcosa che, se no, si perde per sempre. Bisogna lavorare sull’unicità degli eventi, contraddicendo Walter Benjamin cento anni dopo”.
Come per l’aristocrazia e per le patate, per il cinema il meglio è sottoterra?
“Non necessariamente. Bisogna però che il sottoterra dia una sperimentazione che ambisca a salire sopra la terra. Bisogna sconfiggere la logica delle riserve indiane: quelle le costruivano i presidenti americani, ma per gli altri, mica ci andavano loro stessi. Ogni tanto ho l’impressione che i registi underground godano nel restare tali e di conseguenza facciano come le patate”.
Nati come riconoscimenti estetici, i premi dei festival non consacrano più un autore. E’ l’Oscar che lo fa. Perché?
“Perchè sono diventati un circuito chiuso di addetti ai lavori, che non è in sintonia con il resto delle persone. Beninteso, non bisogna assecondare acriticamente la massa, bisogna fare proposte e i festival spesso non ci riescono più. L’Oscar non è un premio della critica, è un premio dell’industria. E Gli Stati Uniti hanno una posizione dominante nel mondo, quindi anche l’Oscar…”.
“Tristissimo. La differenza tra i Lumière e Edison è che i primi inventano il cinema come fenomeno collettivo, il secondo come fenomeno individuale. Vinsero i primi, ma oggi Edison sta avendo una rivincita postuma”.
Il sorpasso (col personaggio di Occhio Fino / Finocchio) e Frankenstein Jr. (col gobbo strabico) oggi sarebbero tagliati, non solo Via col vento, perché sudista…
“Lo trovo di un’imbecillità unica. E’ una sorta di degrado. che porterà a una reazione tremenda, in senso opposto”.
Lei ama il western. Un suo sottogenere, quello sudista, è finito con Cavalcare col diavolo, che solo Ang Lee, cinese, accettò di dirigere.
“Il western è l’avventura, qualsiasi scenario scelga. La storia però la scrivono i vincitori, quindi…”.