Giornale di Bordo. Il triangolo Usa-Ucraina-Putin e “La guerra di Troia” di Giraudoux

Scenari imprevedibili e la conferma della debolezza europea negli approvvigionamenti energetici

Il Risiko Russia-Ucraina

Nel 1935 il parigino Théâtre de l’Athénée, nel nono Arrondissement, ospitò la prima di La guerre de Troye n’aura pas lieu, la commedia scritta un anno prima da Jean Giraudoux. Singolare e un po’ dimenticata figura di drammaturgo, diplomatico, saggista francese, Giraudoux era stato anche un valoroso combattente nel primo conflitto mondiale, dove aveva riportato due ferite sul fronte dei Dardanelli. Proprio perché aveva combattuto e sofferto, non amava la guerra, e infatti “La guerra di Troia non ci sarà” era in realtà una commedia a tesi contro l’eventualità di un nuovo conflitto, sia pur drappeggiata di panni classici. I tentativi di Ettore di non far cadere Ilio in una guerra che ne avrebbe provocato la rovina erano una metafora della speranza dell’autore d’impedire un nuovo conflitto che avrebbe condotto alla rovina l’intera Europa. La guerra invece ci fu, e quella malalingua di Paul Léautaud, che annotava ogni incontro nel suo implacabile Journal littéraire, scrisse, a conflitto mondiale scoppiato, un divertente commento sulla cattiva cera del drammaturgo, che diceva (cito a memoria) pressappoco così: “Ho visto Giraudoux abbacchiato. La guerra di Troia ha avuto luogo”.

Giraudoux a Vichy

Jean Giraudoux

Giraudoux morì relativamente giovane, nel 1944, a sessantun anni. La scomparsa precoce gli risparmiò, se non il dolore per non essere riuscito a impedire il conflitto, l’epurazione che avrebbe colpito o comunque umiliato lui come altri letterati e commediografi accostatisi per pacifismo al regime di Vichy. Se fosse ancora vivo (periodo ipotetico ovviamente dell’irrealtà) credo che non perderebbe l’occasione per rappresentare Putin, Biden, Macron e magari il cancelliere tedesco Scholz drappeggiati in vesti mitologiche per recitare una commedia intitolata La guerre de Kiev n’aura pas lieu.

Che quella che si gioca ai confini fra la Russia e l’Ucraina abbia molti aspetti di una farsa appare evidente. Ma è una farsa che fa oscillare le borse – con facili e rapidi guadagni per i bene informati, – che mette in luce la nostra gracilità negli approvvigionamenti energetici, conseguenza del rifiuto tutto ideologico del nucleare e della sudditanza ai dogmi dell’ecologicamente corretto, e pone impietosamente in evidenza la debolezza politica dell’Europa, incapace di elaborare una politica estera comune anche per i diversi tassi di dipendenza dal gas russo.

Putin e l’Orso russo

Vladimir Putin

È indubbio che Putin stia tirando la corda, in parte per effetto della sindrome dell’accerchiamento che caratterizza la Russia postsovietica, in parte per motivi di prestigio personale. Certo, quando fa dell’ingresso dell’Ucraina nella Nato un problema di sicurezza nazionale può avere le sue ragioni; ma non bisognerebbe dimenticare che anche Roma conquistò il mondo allora conosciuto accampando l’esigenza di difendere le sue frontiere. È altrettanto evidente però che anche la diplomazia e parte dei media statunitensi lo stiano provocando per fargli invadere l’Ucraina, contro gli stessi interessi degli ucraini, che rischierebbero di fare la fine dei polacchi nel secondo conflitto mondiale, o magari degli ungheresi nel 1956, abbandonati a se stessi dopo gli inviti alla rivolta lanciati da Radio America.

Troppi fattori inducono gli Stati Uniti a desiderare che Mosca superi la soglia critica. C’è da un lato l’ostilità della componente liberal degli Usa nei confronti di un capo di Stato  conservatore nell’ambito dei valori, nonché colpevole di avere arginato lo strapotere degli oligarchi collusi con le multinazionali e di avere riscattato la Russia dalla etilocrazia di Putin; dall’altro gioca un suo ruolo la preoccupazione da parte di Biden di riscattare la brutta figura del ritiro dall’Afganistan, ritiro logico e necessario, ma affrontato in maniera indecorosa. E c’è anche, per non dire soprattutto, una motivazione di carattere economico. Le sanzioni contro il Cremlino accrescerebbero la dipendenza energetica di molte nazioni europee nei confronti degli Stati Uniti, comportando un ulteriore aumento del costo degli idrocarburi, a tutto vantaggio dei paesi produttori. Oltre alla Russia colpirebbero l’Europa e soprattutto l’Italia, che sta già pagando anche in termini di export le precedenti ritorsioni contro Mosca dopo il colpo di Stato ucraino del 2014, uno dei tanti frutti avvelenati dell’interventismo democratico della presidenza Obama, all’origine delle tensioni odierne.

Difficile fare previsioni

Nell’altalena di notizie che si avvicendano in queste ore, lo stesso Giraudoux sarebbe in gravi difficoltà nel mettere in scena delle profezie sul dramma che si consuma non al Théâtre de l’Athénée, ma fra Mosca e Kiev. Anche perché a decidere il futuro non sono più Venere o Giunone, ma i prìncipi dell’alta finanza. Che sono molto più potenti degli stessi dei dell’Olimpo.

@barbadilloit

Enrico Nistri

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