Tangentopoli fu una grande occasione (mancata) per la destra

Si lucrarono (miseri) dividendi elettorali allora ma oggi è finita con le crociate pro balneari e no vax

Bettino Craxi

Ieri, 17 febbraio, i media hanno ricordato l’inizio di Tangentopoli, con l’arresto di Mario Chiesa, esponente socialista del milanese Pio Albergo Trivulzio. Mi trovavo a Milano da pochi giorni, essendovi stato trasferito dalla Banca per la quale lavoravo: fu questa l’occasione per assistere “dal vivo” alle vicende che avrebbero portato alla dissoluzione dei partiti “tradizionali” (PCI escluso…) ed alla fine della (presunta) Prima Repubblica. Questo per quanto riguarda l’aspetto pubblico; in privato, la mia lunga trasferta mi offrì l’opportunità di riallacciare i rapporti con il ramo della mia famiglia da molto tempo trapiantato a Milano e rinsaldare i rapporti con gli amici con i quali avevo percorso un tratto di cammino della “Nuova Destra”. Per inciso, uno dei miei parenti era diventato medico di Craxi e amico dell’ex sindaco Tognoli, pure lui socialista, ma poi tutto quel pezzo di famiglia Del Ninno era di cultura e di orientamento socialista, nella versione craxiana (stiamo parlando di una preside, di un amministratore delegato di importanti società, di giovani attivi nel mondo dell’editoria). Ricordo ancora la preoccupazione con la quale si assisteva a tutti i tg, e ricordo i commenti sconsolati di quei giorni, in quelle case.

 

Tanto nel mio ambiente di lavoro quanto fra i miei amici milanesi e, ovviamente, in seno ai miei familiari, serpeggiava un fremito di vitalità, di rinnovato interesse per la Cosa Pubblica, che si esprimeva da una parte nel timore di uno smantellamento dell’ordine costituito (politico, economico, sociale), dall’altra nella speranza di un rinnovamento generale, riposto nella cerchia di magistrati che quelle indagini avevamo promosso. Gli inni a Tonino (Di Pietro) erano trasversali e per appartenenza partitica e per classi sociali: ricordo riunioni spontanee di cittadini intorno al Palazzo di Giustizia e sotto Palazzo Marino, sede del Comune, in attesa di sentenze e delibere (quelli che oggi si sarebbero chiamati meet up); ricordo, nei salotti e nelle chiacchiere d’ufficio, che molte aspettative erano riposte nella Lega Nord di Bossi (aspettative anche queste trasversali, dai commessi alle alte sfere della Banca).

 

Sappiamo dove sia sfociato tutto questo fermento: per limitarci a questi soli aspetti, alla trasformazione dei Partiti (qualcuno dice “alla fine”…), al dilagante astensionismo, alla catastrofe della credibilità non solo dei politici, ma delle Istituzioni (perfino di quelle scientifiche, come attestano i moti “no vax”, alla persistenza di quella corruzione diffusa che si voleva sradicare a colpi di rinvii a giudizio.

 

Come spesso accade, è stata buttata via l’acqua sporca con il bambino, e dispiace che a queste operazioni abbia partecipato, lucrando peraltro dividendi miseri, anche la parte politica che meno mi è distante: la destra del MSI-AN-FDI. Esponenti di quel mondo, specie fra i giovani, ebbero parte attiva nella simbolica lapidazione di Bettino Craxi all’uscita dall’hotel Raphael, nell’aprile di quello stesso 1992. Questo per la base di quel partito, ma i vertici non furono da meno. Malgrado il cosiddetto “sdoganamento” operato proprio da quel leader “avverso” e dalla gerarchia più avveduta del PSI, a destra non si comprese l’opportunità storica che si presentava di sparigliare le carte del gioco politico ormai giunto alla fine, dopo la caduta del Muro di Berlino e la fine della “guerra fredda”.

 

Massimo Cacciari

A dire il vero, qualcuno questa opportunità l’aveva intuita: gli allora giovani della “nuova destra” avevano allacciato rapporti con alcuni esponenti del mondo socialista e non solo – soprattutto con intellettuali della sinistra in odore di eresia, come Mughini e Cacciari, Tronti e Preve, Marramao ed Esposito, ma anche con i radicali di Pannella e di Rutelli, con i quali avevano organizzato banchetti per i referendum dell’epoca). E tutta questa attività si svolgeva autonomamente da ogni padrinato partitico, ma con la fattiva approvazione di intellettuali “fratelli maggiori” come Giano Accame, fautore del “socialismo nazionale” e amico di politici “fuori di destra” come i fratelli Landolfi, Giusi La Ganga e Gianni Borgna.

 

Occasione perduta. Eccoci ora ad assistere a “crociate” più o meno esplicite a favore dei “no vax” e dei “balneari”. Quanto ai grandi temi, passata la febbre giustizialista, e messi da tempo in soffitta il busto di Tonino e i ritratti di Borrelli e Davigo (quest’ultimo, simbolicamente rinviato a giudizio proprio in questi giorni, per una piccola nemesi), ci siamo allineati, come popolo ancor più che come politici, al materialismo pratico e trionfante dell’eutanasia, cioè della negazione di ogni prospettiva non già confessionale, ma ultramondana.

 

 

Giuseppe Del Ninno

Giuseppe Del Ninno su Barbadillo.it

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