Chiesa. Papa Francesco è l’unico leader che può fermare la guerra di Putin

La Santa Sede ha le carte in regola per mediare. Nessuno però trascini il pontefice per la talare

Papa Francesco timido nel condannare la guerra di Putin? Non è così, anzi. La posizione del Vaticano sui conflitti è sempre la stessa: un no netto in assoluta coerenza e continuità con il monito di Benedetto XV, che definì il primo conflitto mondiale un’inutile strage. Anche la postura è uguale: non benedire nessuno dei fronti in lotta, evitando che i pontefici siano strattonati per la talare o che la Chiesa sia chiamata a benedire (o bandire) alcuna guerra. L’epoca delle Crociate è finita da tempo ed è stata premura della stessa Chiesa correggere più di un’ambiguità storica che ne ha offuscato la missione.  

Fermatevi

Jorge Mario Bergoglio è per la pace, per la concordia tra i popoli e per i più deboli. Punto. Circa la guerra in Ucraina, il Papa è per “fermare” le ostilità sùbito, senza altro spargimento di sangue. Il gesto di recarsi personalmente, a bordo di una Fiat 500, presso l’ambasciata russa si muove nella direzione della disponibilità al dialogo. 

Putin è sicuramente il leader mondiale che ha più volte incontrato Bergoglio in Vaticano. Un fatto che non significa affatto complicità o accondiscendenza. Fa bene padre Antonio Spadaro, direttore della «Civiltà Cattolica» a ricordare – bollettini ufficiali alla mano – che, negli incontri con il leader russo, la questione della pace in Ucraina sia stata sempre puntualmente affrontata. Volta per volta. 

Il dialogo con Mosca

Certo è che l’ingresso dei carri armati nell’ex repubblica sovietica ha preso in contro piede lo stesso pontefice e creato più di un imbarazzo. Così come l’uscita del patriarca Kirill, che di fatto ha benedetto l’aggressione russa. Un profilo che intralcia il dialogo ecumenico tra le due chiese. A questo punto, lo storico incontro avvenuto a L’Avana nel 2016, dove entrambi si sono impegnati per la pace, rischia di finire tra parentesi. Almeno per ora.  

Francesco, però, crede ancora nella diplomazia e sa perfettamente che, come già avvenuto con Giovanni XXIII durante la crisi dei missili cubani, ci potrà ancora essere bisogno di una forza terza come la Santa Sede per trovare un accordo con non faccia perdere la faccia a nessuno. Il puntuale Matteo Matzuzzi del Foglio, con Il Santo Realismo. Il Vaticano come potenza politica internazionale da Giovanni Paolo II a Francesco (la prefazione è di Dario Fabbri), chiarisce le linee dei pontificati recenti sul versante internazionale. Nel farlo ha messo in chiaro anche i rapporti tra Bergoglio e Putin, contestualizzandoli a partire dal 7 settembre 2013, quando il Papa trovò nell’autocrate di San Pietroburgo il leader capace di arrestare la pericolosa escalation della crisi siriana. 

La missione storica

Sembra un’era fa. Ma da lì parte un rapporto forse più personale che ideologico, a cui entrambi hanno creduto parecchio in funzione delle reciproche agende. La missione del papa è dettata dal messaggio evangelico. Quella di Putin, evidentemente, è finalizzata a ben altro. La speranza è, tuttavia, che sia il papa a fermare quella pallina che corre lungo il piano inclinato degli eventi. Questo però può avvenire soltanto a partire da una premessa: che l’impegno del vescovo di Roma non sia confuso con quello di qualsiasi altro leader politico. In tal senso, il ruolo del papa merita di essere rispettato da quanti intendono far finire nella liste dei buoni o dei cattivi le persone sbagliate. La categoria amico/nemico, quando si parla del pontefice, non può avere diritto di cittadinanza. 

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Fernando M. Adonia

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