Malgieri: “Francia, Macron verso il bis ma se si uniscono le destre, tutto può cambiare”

L'intellettuale non conformista: "Un presidente della Repubblica uscente che si ripresenta alle elezioni e ha nei sondaggi il 25% o 26%, parte già con il piede sbagliato, con un fortissimo handicap"

Gennaro Malgieri, scrittore e giornalista, già direttore del Secolo d’Italia e de L’Indipendente, fondatore della rivista di cultura Percorsi

Gennaro Malgieri, giornalista e scrittore, già parlamentare e direttore del Secolo d’Italia e dell’Indipendente, il 10 aprile in Francia si vota per il primo turno delle presidenziali. Chi ha l’opportunità di andare al ballottaggio? 

“Di sicuro Macron. Poi bisognerà vedere se la Le Pen riuscirà a vincere gli ostacoli, che sono noti, per puntare ad un nuovo ballottaggio contro il presidente uscente. Con una differenza. Questa volta, se va al secondo turno, ritengo che l’unità delle destre che si sta formando in Francia – e mi auguro che nelle ultime ore non accada nulla di irreparabile a questo riguardo – possa portare la Le Pen a superare sia pure di un soffio Macron. La vedo dura, comunque. Verranno dispiegati i soliti cordoni sanitari intorno alla destra, alle destre. Arrivo a pensare che pur di non dare a Marine Le Pen la possibilità di sfiorare la vittoria, il capo di France insoumise Jean-Luc Melenchon, con una sorta di rassemblement di sinistra, possa coinvolgere contro la leader dell’ex Front National anche i socialisti del sindaco di Parigi Anne Hidalgo (ora al 2%) apparecchiando il bis di Macron. Operazione complicata, certo. Ma ci proveranno.

Poi ci sono i Repubblicani, lo schieramento di centrodestra e a sfumature postgolliste. Valerie Pecresse, la loro candidata, ha deluso sia il suo partito che l’elettorato di riferimento. Una scelta evidentemente sbagliata. Se anche loro si ammucchiano con Melenchon, in un pasticcio antilepensita, allora la situazione è chiaro che diventi difficile. 

Al di là di queste ipotesi nefaste, immagino che, per come è dislocato al momento il panorama politico francese, al ballottaggio andranno molto probabilmente Macron e con pochissimo distacco Le Pen. Al terzo posto potrebbe qualificarsi Melenchon, seguito da Zemmour e da Pecresse. Gli altri sono irrilevanti, a cominciare da Anne Hidalgo”.

Elezioni presidenziali francesi 2022

Su che temi politici si gioca la partita di queste presidenziali? 

“In primo luogo, c’è il problema dei rapporti con Russia e Ucraina. Mi sembra che Macron, che con l’appoggio di Angela Merkel si stava concentrando sulla costruzione di una sua Europa, si stia dedicando soprattutto a questo. I francesi si chiedono quando si dedicherà davvero alla loro nazione. È in caduta libera. Un Presidente della Repubblica uscente che si ripresenta alle elezioni e ha nei sondaggi il 25% o 26%, parte già con il piede sbagliato, con un fortissimo handicap. Macron non è stato in grado di interpretare il disagio, le difficoltà oggettive del ceto medio francese, e non solo dal punto di vista economico e sociale ma anche dal punto di vista identitario. Il ceto medio lo ha abbandonato. Sin dal primo momento è stato infatti osteggiato da quello che era lo zoccolo duro del ceto medio, gli agricoltori. E proprio dagli agricoltori, del resto, è scoppiato l’incendio targato Gilets Jaunes in una contestazione tanto repentina quanto duratura – considerato che si è prolungata per quasi due anni, fino al Covid, quando sono cambiate le letture che si sono date alla crisi francese e degli altri Paesi. 

Non è riuscito a reggere la sfida della transizione ecologica. Non è riuscito a dare alle famiglie più disagiate la chance di un riscatto; non è riuscito ad integrare alcunché, soprattutto per quanto concerne il mondo magrebino che ormai ha quasi sostituito i francesi veri e propri. Si pensi alle grandi città, da Parigi a Bordeaux sino a Marsiglia. Tutto questo non è più tollerabile per i francesi. Ci sono quindi molti temi a militare alle latitudini di una destra che invece è rimasta se stessa, seppure con molte pecche. Si poteva costituire per tempo un’alleanza tra Zemmour e Le Pen, comunque nel rispetto delle proprie identità e diversità. Un grande rassemblement per la rigenerazione della Francia…”

Il caso Zemmour? 

“Il progetto di Eric Zemmour non è quello di diventare presidente della Repubblica, né quello di correre per andare al ballottaggio. Zemmour vuole consolidare un partito che si presenti con le carte in regola alle elezioni legislative di maggio, e portare all’assemblea legislativa una pattuglia consistente di deputati sia per poter condizionare una destra in fieri, una destra che si andrà sostanziando ed ampliando, sia per avere come opposizione voce in capitolo contro la maggioranza macroniana. 

Zemmour, insomma, sta costruendo. Ma non sta costruendo la sua candidatura all’Eliseo, sta costruendo il suo partito. Che deve essere il partito della nazione e che – non a caso – ha chiamato Reconquete. L’obiettivo, appunto, quello di riconquistare la Francia. Nel nome dei suoi valori eterni, della sua storia ultramillenaria. Contro il globalismo, l’immigrazione più o meno disordinata e contro l’islamizzazione. Riconquistare la Francia per ridarla ai francesi, questo è il progetto di Zemmour. 

E per uno che si è presentato pochi mesi fa alla ribalta politica, credo che essere sondato oggi all’11% sia un grande successo. Alle elezioni legislative, probabilmente otterrà un risultato ancora più ampio”.

Cosa distingue Zemmour da Marine Le Pen?

“Marine Le Pen rappresenta più una destra laicista, se vogliamo. Zemmour incarna una destra identitaria, che crede molto nella Francia e nell’Europa. Soprattutto, ha le idee chiare su quello che bisognerebbe fare: costruire una grande, autentica e granitica destra, unita nel difendere i suoi obiettivi alle legislative, alle dipartimentali tra due anni e alle prossime presidenziali.

E che Marion Marechal-Le Pen, la nipote adorata del patriarca, abbia fatto il suo endorsement a favore di Zemmour e non per la zia, testimonia appunto che il polemista scommette più su una destra identitaria. Che definirei addirittura metapolitica. La Le Pen al contrario non ha sensibilità religiosa, non ha sensibilità identitaria. Una visione laicista, per non dire secolarizzante”.

Si arriva alla candidatura di Zemmour perché c’è un risveglio identitario, che passa anche dalla saggistica e dalla letteratura?

“Soprattutto. Le università, la maggior parte dei giornali, i circoli e le grandi istituzioni culturali sono in mano alla sinistra. Tuttavia, negli ultimi anni si sta assistendo ad un risveglio che passa non soltanto dagli ambienti della Nuova Destra, capeggiata da Alain de Benoist, ma anche attraverso altri interessanti intellettuali. Si pensi a Finkielkraut o a Houellebecq. Parteggiano per un movimento politico che faccia perno intorno ai valori perenni della Francia, all’identità francese. Zemmour in questa direzione può svolgere un ruolo di agitatore culturale all’interno della politica stessa, ciò che in Francia è sempre mancato. Almeno dai tempi di Mitterrand”.

Qual è la posizione degli eredi della Nuova Destra?

“Non credo esista una posizione unitaria, né una collocazione partitica. C’è molta libertà di circolazione delle idee. Sono accomunati da una visione nazional-rivoluzionaria-conservatrice. È la definizione che mi sentirei di dare a quelli che si riconoscono nella Nuova Destra e nelle intuizioni di Alain de Benoist in particolare”.

Al ballottaggio, se tutte le destre convergessero davvero su un solo candidato…

“L’effetto massimo? Vincere. L’effetto minimo, quello di sfiorare la vittoria”.

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Domenico Pistilli

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