“I soldati perduti” di Ernst Von Salomon: l’epopea dei patrioti Freikorps

Due racconti e un saggio dell'autore tedesco (introdotti da uno scritto di Antonio Chimisso) descrivono meglio di ogni altra ricostruzione storica l’epopea dei Freikorps, i Lanzichenecchi del Ventesimo secolo, pronti ad affrontare la morte ridendo e a seguire fino al fondo dell’Inferno il proprio Comandante

“Soldati perduti” di Ernst von Salomon

Due racconti e un saggio (introdotti da uno scritto di Antonio Chimisso) descrivono meglio di ogni altra ricostruzione storica l’epopea dei Freikorps, i Lanzichenecchi del Ventesimo secolo, pronti ad affrontare la morte ridendo e a seguire fino al fondo dell’Inferno il proprio Comandante. Qui una serie di estratti di un’opera imperdibile sul patritottismo europeo.


(…) La guerra contrappose la materia allo spirito. Dimostrò che gli strumenti di un’azione erano più importanti dell’azione stessa. Ma la vita non tollera il vuoto, ed è negli spazi vuoti che costruisce sé stessa. Così la guerra divenne un esame di vita per ogni individuo. Mentre nelle strade della patria l’orgoglioso appello alla guerra aveva ormai da tempo già fatto posto allo stanco mormorio «Resistere!», nei campi di battaglia si realizzava la nuova scala dei valori, che da allora iniziò a dare pieno significato a tutto quello che si vedeva.
Le emaciate figure sporche, piene di pidocchi e dai visi scolpiti nel legno sotto gli elmi di acciaio erano i protagonisti di uno scenario unico. Qui, nessuno dei valori del passato aveva più significato; qui, dietro un muro di fuoco, era visibile il volto di un terribile cambiamento, nel quale l’individuo sublimava tutti i movimenti della terra con un’unica, fulminea e animalesca decisione. Il mondo così come era stato rappresentato dall’era appena finita venne sostituito da un altro, completamente diverso. Qui, cosa rara,il primordiale si mescolava con la forza diventata immane grazie alle esperienze vissute; qui, i sentimenti erano spariti e la morale si poneva su un altro piano; qui, le idee di valore non si manifestavano con proclami a buon mercato, ma attraverso la massima risolutezza. Questo cambiamento si manifestò insieme al cadere dei veli dei nuovi scenari, che, per la prima volta, si rivelarono ai soldati della Grande guerra che, soli, potevano con questo mondo stabilire una relazione. I guerrieri avevano trovato una nuova patria: il fronte, una patria estranea e caotica, a cui erano legati, con uno straziante rapporto di odio-amore, dall’intensità del loro impegno e dall’ineludibilità del loro dovere. Diventarono così, sferzati da energie primordiali, martellati dalla forza materiale, agili, pronti e abili, i pionieri del futuro in mezzo all’aria acre delle battaglie della Grande guerra, racchiudendo in sé stessi tutti gli elementi dell’eterno divenire e del tempo appena passato. Quando, nel cielo luminoso, la guerra sembrava chiedere loro “perché”, avevano già vissuto la riposta sulla propria pelle.(…)

(…)Solo le immagini dei secoli passati e di quello allora attuale furono sottoposte alla distruzione che nel fango dei campi di battaglia, come nello svolgersi della Storia, raggiunse la sua pienezza nei cuori degli individui; il processo di distruzione può essere compreso solo come un’irruzione di forze elementari, della nuda essenza della vita stessa, nel mondo fermo e paralizzato. L’irruzione non è ancora giunta a compimento, le forze vive sono ancora in cammino e si spingono gradualmente in tutte le zone a loro straniere. Gli uomini, scelti dal destino come portatori di queste forze, si immersero nel caos del dopoguerra. Grazie al loro operato, l’indirizzo degli eventi li trasformò in fatti storici. Grazie alle loro marce selvagge e alle loro lotte, prese di nuovo vigore il cambiamento, e così il mutare della condizione tedesca fece ancora sperare la nostra generazione di poter vivere, dandogli forma, il momento della decisione. Ma in questo modo si rivelò la discrepanza illusoria tra la volontà e gli effetti reali, che conferì ai volontari del dopoguerra l’apparente mancanza di un obiettivo, a fronte di un comportamento fortemente omogeneo. Volevano, sì, conservare le forze primitive, e quindi erano conservatori nel senso di Lagarde5, ma sentivano l’ordine costituito con tutti i suoi valori, norme e obblighi, come zavorra, come scoria, come falsificazione, e volevano lottare contro di esso per fare strada alle forze cui erano legati, diventando così di fatto rivoluzionari in senso leninista. La necessità del loro atteggiamento “radicale” diventa subito chiara, se si comprende il termine nel suo vero senso: volontà di giungere fino alla radix, fino alla radice.
L’enorme pressione della guerra e del dopoguerra aveva creato una nuova razza, un nuovo tipo di guerriero, la cui caratteristica più significativa era la sua unicità.
Nessun ordine poteva tollerarli e sopportarli, ma senza di loro nessun ordine poteva essere fondato. Se esaminiamo gli elementi che diedero a questo modello di guerriero il suo atteggiamento interiore mentale e spirituale, troviamo l’azione di diversi fattori escluso uno: lo spirito borghese. E questo è anche naturale, perché la particolarità del destino di questo guerriero – l’essere posto tra due ere e due ordini con l’unico scopo di un’azione distruttiva – poteva trovare il suo compimento solo nel marcato rifiuto dello spirito borghese, quale falsificazione fortemente sentita dell’essenzatedesca. Questi uomini vivevano uno spirito antiborghese per istinto e per esperienza di vita. Il modello di vita del secolo appena passato aveva fallito di fronte alla sua prima prova seria: la durezza della guerra. Per questo i guerrieri consideravano spregevole quel modo di essere. Per questo dovevano rifiutare l’ordine costruito su quel modello. Ciò li obbligava, accanto allo sviluppodi tendenze pericolosamente disegnate dalla volontà, all’esercizio di tutte le energie in ogni momento decisivo, che imponeva l’eliminazione spietata di ogni zavorra, ogni risentimento, ogni umanitarismo, ogni diversità, ogni legame solo formale con la tradizione. Così si liberarono tutte le forze fino ad allora limitate e costrette dalle norme esistenti. Naturalmente, queste forze erano quelle che si potevano trovare solo e fondamentalmente al servizio di tendenze selvagge e di puro rifiuto. E questo perché allora tutti i vincoli delle leggi cartacee si sgretolarono improvvisamente sotto la pressione improvvisa degli eventi più diversi, senza alcuna regolazione che ne attenuasse gli effetti, mentre gli istinti esplodevano nel caos. Ebbrezza e morte, rivolta e avventura, eroismo ed eccessi, fredde riflessioni e ribollente idealismo, disciplina ferrea e razzie spietate, saccheggi, incendi, e omicidi: una miscela di ogni passione e ossessione caratterizzò il dopoguerra tedesco e i guerrieri che ne furono a capo.(…)

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