L’intervento. Guerra Ucraina-Russa e scontro democrazia-autocrazia

Una riflessione controcorrente che scaturisce dalle dinamiche storiche e politologiche legate al conflitto nell'est Europa

Il Risiko Russia-Ucraina

Risiko Europa

Non bisogna essere a priori contro le semplificazioni e l’utilizzo di categorie rigide quando queste riescono però a sciogliere un ragionamento complesso e a presentarlo con onestà a un pubblico in genere non addetto e che, in tal modo, può costruirsi in autonomia una propria opinione. Quando invece lo scopo è quello di nascondere parti fondamentali della narrazione, allora le semplificazioni sono da rigettare perché tendono esclusivamente a giocare sull’emotività e a strumentalizzare il pubblico a cui si rivolge per creare consenso più che comprensione e, quindi, autonomia. Quest’ultimo è il caso sempre più presente nei media italiani (anche nel resto dell’Occidente?) benché da questa parte del mondo la “libertà” dovrebbe essere un valore vissuto più che sbandierato.

A questo punto due premesse. Primo, chi scrive, a torto o a ragione, crede che quanto si stia tragicamente vivendo in terra di Ucraina sia l’ennesimo scontro della secolare guerra del “sangue contro l’oro”. In questo scenario, sempre chi scrive si schiera convintamente dalla parte del sangue che è rappresentata dalla Russia contro la Nato mascherata vigliaccamente da un’Ucraina usata come olocausto sull’altare idolatrico dell’oro. Secondo, chi scrive non è un democratico, o almeno non è un democratico-liberale, ovvero la forma di democrazia che si è consolidata ormai nel mondo cosiddetto occidentale. Nella teoria politica non esiste solo il modello liberale di democrazia che sembra calzare perfettamente il mondo anglosassone e scandinavo, o comunque quella parte di mondo impregnata di luteranesimo e calvinismo. Chi scrive preferisce un modello di partecipazione democratica fondata non sull’individuo ma sulla comunità che si esprime organicamente attraverso le categorie sociali, modello che, a mio modesto parere, vestirebbe perfettamente le società latine, mediterranee, cattoliche-ortodosse che attualmente però sono strette dallo (evidentemente per me) scomodo abito liberale.

Detto quanto sopra vorrei fare una riflessione su quanto mi capita ascoltare e leggere sui media quando si parla della guerra in Ucraina come uno scontro fra il bene-democrazia-Occidente e il male-autocrazia-Russia (ma Oriente in generale se si pensa anche alla Cina). Tale semplificazione è assolutamente inaccettabile, innanzitutto perché è posta sul piano sbagliato della morale! Non c’è dubbio che la morale debba sempre guidare l’azione politica ma bisogna distinguere due piani, quello della “morale naturale” (possiamo dire quella dei “fini e scopi”) e quello della “cultura” o della “morale positiva” (ovvero quella dei “mezzi e strumenti”). Lasciare intendere che la democrazia sia il bene assoluto dal punto di vista della morale naturale è assolutamente fuorviante perché la democrazia non è un fine ma un mezzo. Se il fine deve essere quello di un “governo giusto” (semplifico) i modi di governare e di arrivare alla giustizia possono essere molteplici e per essere realmente giusti devono interpretare la cultura del rispettivo popolo rappresentato. Da ciò ne deriva che la democrazia (sotto le sue varie possibili forme) ma anche ogni altra forma di governo, deve essere una conquista del popolo stesso e non può essere una imposizione (esportazione?) da parte terzi. Benché “l’esportazione” del modello liberale abbia avuto un discreto successo in Europa, i recenti fallimenti in tutto il Medio-Oriente dovrebbero aver insegnato qualche cosa e indurre a più miti valutazioni. Se, quindi, la democrazia è una conquista da sé, allora non è possibile ipotizzare alcuna contrapposizione, dopo tutto l’autodeterminazione dei popoli è un diritto universale e naturale riconosciuto persino all’articolo 1 della Carta delle Nazioni Unite.

Se la prima valutazione è la scorrettezza nel mettere la democrazia sul piano della morale naturale, la seconda è l’ipocrisia di chi lo fa. Intanto è arduo molto arduo sostenere che l’Ucraina sia una democrazia anche solo “in fasce” perché il suo modello è più speculare a quello russo piuttosto che a quello occidentale, e le recenti chiusure dei partiti di opposizione, l’oscuramento di reti televisive, l’uccisione di alcuni giornalisti ne dà parziale ma lampante testimonianza. Si può sostenere che la democrazia-liberale in Ucraina sia ancora nascente, che deve avere il tempo di maturare ma se vogliamo essere onesti sembra piuttosto mancante persino delle basi. Ma anche la democrazia nostrana mostra delle falle strutturali se pensiamo che sono circa 10 anni che il Capo del Governo non è espressione dell’esito elettorale, che l’attuale maggioranza di fatto non ha una opposizione strutturata a controbilanciare e soprattutto che il Parlamento è di fatto esautorato dall’azione di Governo. Insomma, prima di dire cornuto all’asino bisognerebbe guardare le proprie di corna, soprattutto quando sono belle grosse come le nostre.

La russofobia

Altra ipocrisia molto palese è l’atteggiamento del mainstreaming che dovrebbe essere garante di pluralismo ma che ancora una volta si fa portatore di una narrazione unica come il caso “Orsini” dimostra. E poco importa se lui, e qualche altro come lui riescono ad avere qualche minuto su giornali e TV, ciò che importa è che la loro apparizione è piuttosto la scenografia di una vera e propria esecuzione mediatica con conseguenze anche materiali per i protagonisti che perdono cattedre e contratti. Un clima che poi si riverbera nella società e che tende ad alimentare una spirale di isteria russofoba dove atleti e artisti si ritrovano esclusi, persino nomi come Dostoevskij o Cechov (pilastri orientali della comune cultura europea) vengono vergognosamente censurati. Una società “liberale” non potrebbe permettersi tali cadute e intolleranze, anzi ai primi segnali dovrebbe allarmarsi ma tutto sembra voler alimentare questo clima a dir poco vergognoso, cupo, oppressivo.

Le altre autocrazie del gas: Algeria e Azerbaijan

Altra ipocrisia è notare come il moralistico Occidente, mentre taccia la Russia di ogni male, non fatica a tapparsi gli occhi di fronte ad altre cosiddette “autocrazie” come quella turca, o quella azera, o quella algerina. Certi ragionamenti di comodo… semplicemente fanno crollare la credibilità del ragionamento stesso. Se la Russia è brutta e cattiva per tutta una serie di motivi, per gli stessi motivi non possono essere nostri partner anche Stati come la Turchia, l’Azerbaijan o l’Algeria (solo per citarne alcuni) ma anche questi devono essere riconosciuti come monellacci!

Ultima ma non meno importante ipocrisia è che sulle coscienze dell’Occidente pesa il sangue dei serbi, degli afgani, degli iracheni, dei palestinesi, dei siriani, degli armeni e degli ucraini stessi che stiamo schifosamente usando per procura in questa guerra dove l’unico vero perdente è l’Europa.

Tony Capuozzo, forse uno dei pochissimi a mantenere lucidità in questo periodo, comincia a parlare di “EX-Europa” poiché ormai completamente assorbita dagli interessi americani. Io aggiungo anche che l’Europa non può essere tale se rinuncia alla sua colonna russa che è l’erede continuatrice di Bisanzio.

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Giorgio Arconte

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