Batman da dark a camp (e ritorno)

Il saggio "Batman, le origini, il mito” di Rosati e Giorgietti spiega come il personaggio, creato da Bob Kane e Bill Finger nel 1939, dopo un avvio ultra-dark, cupo e inquietante sulla rivista a fumetti “Detective Comics”, sia stato ripetutamente tradito nel tempo

Batman

Batman il sgagio per Tabula fati di Rosati e Giorgetti

Nella pletora dei comics americani, i supereroi ricoprono senz’altro un posto di rilievo, e se i personaggi con superpoteri e superproblemi della casa editrice Marvel (Uomo Ragno, Hulk, Capitan America, Thor, I Fantastici 4 ecc.) hanno creato un pantheon di tutto rilievo che si è spostato con successo dalle pagine a fumetti al cinema, non si può negare che le 2 teste di serie del settore, anche a tutt’oggi, rimangano Batman e Superman, che ironia della sorte appartengono alla casa editrice rivale della Marvel, la DC comics.

Come ci tengono a precisare Riccardo Rosati e Renzo Giorgetti all’inizio del loro bel volume “Batman, le origini, il mito”, il supereroe con le orecchie a punta non è esattamente un supereroe: infatti Bruce Wayne, nome da “civile” di Batman, non possiede alcun superpotere, ma è semplicemente un uomo che, vistosi uccidere i genitori da ragazzo da parte di una banda di malviventi, ha deciso di gettare una sfida feroce al crimine che infesta la immaginaria e sudicia città di Gotham, e ha sottoposto il suo corpo ad un allenamento fisico e mentale massacrante e inflessibile. In più, avendo ereditato dal padre una fortuna multimilionaria, si è dotato di tutta una serie di “gadget” tecnologici futuristici e ultra-costosi che hanno fatto di lui una macchina da guerra efficiente e ben equipaggiata. 

Il punto del libro di Rosati e Giorgietti, libro che possiede inoltre una bibliografia sull’argomento di tutto rispetto, è che il personaggio, creato da Bob Kane e Bill Finger nel 1939, dopo un avvio ultra-dark, cupo e inquietante sulla rivista a fumetti “Detective Comics”, è stato ripetutamente tradito nel tempo, snaturando il personaggio in una più rassicurante icona camp (termine di difficile traduzione da noi, che più o meno vale per “eccentrico, ingenuo, naif, bislacco, femmineo, barocco”). Tendenza che ha avuto la sua punta massima nella pur famosissima serie televisiva degli anni ’60, celebre anche in Italia, in cui Batman è interpretato da un pingue Adam West, infligge colpi che si trasformano in buffe onomatopee visive, e si scontra con villain che, pur essendo gli stessi un tempo inquietanti super-cattivi inventati da Kane e Finger (il Pinguino, il Joker, l’Enigmista, ecc.), nella versione tv diventano delle macchiette ridicole e buffonesche.

Tutto deriverebbe dalle imposizioni del Codice di Censura Americano (il CCA, Comics Code Authority) che, su ispirazione del libro “The Seduction of the innocent” di Fredric Wertham del 1954, ha dato il via ad una vera e propria caccia alle streghe contro i fumetti horror, le storie criminali e investigative e in cui sono incappati anche i fumetti del Batman prima maniera, ovverosia il Batman gotico e thriller di Kane e Finger. Così le storie sono state edulcorate, Batman è diventato un fumetto “castrato” e innocuo, i personaggi secondari sono stati ammorbiditi e la vena torbida delle prime storie si è appunto involuta in un fumetto camp che si è trascinato fino alla serie televisiva (epitome del fenomeno) e ai primi anni ’70.

Ne “Il Superuomo di massa” (1976) Umberto Eco si rifà al testo di Alexandre Dumas “Il conte di Montecristo” (1844) nel descrivere la potenza “mitopoietica” del nobiluomo che, tradito dai sui amici, finisce in carcere su delazione degli stessi, riesce ad evadere e si vendica crudelmente dei suoi ex amici poi delatori. Anche i primi numeri di Tex Willer, il fumetto firmato da GianLuigi Bonelli, si rifà a questo schema con un Tex fuorilegge che si vendica di chi lo aveva tradito nelle prime pagine della storia “La Mano rossa”. Sergio Leone, il padre degli spaghetti-western, indica nel “mito” la radice di tutte le storie che il pubblico ama. Si intende quindi che la deriva ironica e autoreferenziale viene meno a quella carica dirompente che il mito imprime nella genesi di ogni personaggio “bigger than life” della narrativa, cinematografica, letteraria o fumettistica che sia.

Batman

Questa deriva camp e, secondo gli autori, deleteria del personaggio in questione ha avuto uno stop nei fumetti anni ’70 prima con il Batman di nuovo cupo e dark di Neal Adams, dalle anatomie ipercinetiche e sofferenti, poi nella famosissima graphic novel di Frank Miller “Batman, il ritorno del cavaliere oscuro” del 1986, che vede un Bruce Wayne vecchio e imbolsito combattere il crimine di una Gotham city impazzita e nevrastenica, fino a scontrarsi con il governo degli Stati Uniti che, accusandolo di essere “un vigilante fascista e guerrafondaio” gli scaglia addosso un Superman docile al Potere e integrato nella società mediale. Al cinema abbiamo invece il Batman di Tim Burton, che nei due film da lui diretti, pur con qualche concessione ad un immaginario fiabesco e un po’ stucchevole, ripropone l’uomo pipistrello in una versione che non dimentica i traumi e la sofferenza per la morte violenta dei genitori, e dà ampio spazio al Joker gigione ma allo stesso tempo terrificante di Jack Nicholson. 

La tendenza a distorcere e virare il tutto verso il camp non cede e riappare con i due successivi film di Joel Schumacher, che però ebbero scarso successo, specie il secondo, e ci è voluto il talento registico di Chris Nolan per ridare al personaggio quella vena oscura e nera che è (ed è questo il tema centrale del volume di Rosati e Giorgetti), la vera essenza del personaggio voluta dai suoi creatori. Fino ad arrivare a The Batman, di nuovo personaggio ultra-dark nel film ora nelle sale. 

Batman e Robin

A compendio del volume, c’è una ampia sezione che descrive i “predecessori” di Batman: a partire dalle assonanze del personaggio dell’uomo-pipistrello alla leggenda di Robin Hood fino a Zorro, essendo tutti, Robin Hood, Batman e Zorro, difensori dei deboli contro le angherie dei potenti, vi è poi una interessante digressione sul personaggio folklorico della Londra vittoriana chiamato Spring-heeled Jack (o anche Jack il Saltatore), metà uomo e metà bestia, fornito di artigli retrattili, presumibilmente avvistato in notturna da donne lavandaie o cacciatori che hanno alzato un po’ il gomito, è protagonista di miti e leggende e successivamente di una vasta letteratura che oggi definiremmo “pulp” dedicata al pittoresco e spettrale essere. A dimostrazione che, e qui vogliamo citare di nuovo “Il Superuomo di massa” di Umberto Eco, Batman, con la sua fantasmagorica assonanza con un animale che incute terrore e repulsione (e non  ultimo malattie, come si è visto con l’ultima emergenza Covid) al fine di assoggettare a queste paure ancestrali il crimine organizzato, non è altro che l’ultima, americanizzata e tecnologica “incarnazione del vendicatore solitario, essere marginale che, minaccioso o benevolo a seconda dei suoi capricci, vive nella società pur essendo a essa tendenzialmente estraneo” (R.Rosati e R. Giorgietti, ivi/ibidem, 2022).

Gianfranco Tomei

Gianfranco Tomei su Barbadillo.it

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