Libri. “Contro la Guerra, il coraggio di costruire la Pace” (di Papa Francesco)

La chiave per mettere fine al conflitto in Ucraina? Secondo il pontefice sta nella tradizione stessa della Chiesa

La banalità è dire che, invocando la pace, il Papa non fa altro che mettere in pratica il proprio mestiere. Una banalità, persino sconcertante. Perché è proprio sulla questione della pace che si gioca una partita di capitale importanza, prima di tutto, ideologica. La Chiesa non si fa portatrice di istanze che hanno a cuore la tenuta di assetti stabili, comodi o privi di insidie. Non la pace della borghesia, come si sarebbe detto un tempo. La posta in gioco è ben più alta e va declinata a partire dalla croce. È lì, infatti, che Gesù di Nazareth conduce verso la sconfitta l’odio del mondo. Si tratta di una logica paradossale, inafferrabile e contraddittoria. Si chiama Vangelo. Ed è questo contenuto che papa Francesco, dal 24 febbraio scorso, giorno dell’ingresso dei carri armati russi in territorio ucraino, va annunciando ai capi di stato.

Inascoltato

Dire che i suoi appelli, in buona parte, siano rimasti inascoltati da tutte le parti in campo, significa ribadire un fatto che è sotto gli occhi di tutti:  altrimenti il conflitto non solo sarebbe già finito, ma probabilmente non sarebbe neanche deflagrato (perché l’attenzione del Santo Padre affinché la crisi del Donbass non divenisse altro ha radici ben più lontane). In fondo, è destino dei pontefici – e di tutti gli autentici uomini di religione – quello di non essere ascoltati se non tempo dopo, molto dopo. Ce lo ricorda il giornalista Andrea Tornielli, autore della postfazione a Contro la Guerra. Il coraggio di costruire la pace (ed. Solferino, Lev), libro che raccoglie la parole del Vescovo di Roma non soltanto sul recente conflitto all’interno dell’Europa, ma anche altri interventi autorevoli sul tema della pace pronunciati durante gli ormai storici incontri di Hiroshima o alla piana di Ur con le guide spirituali dell’Islam.

Non si tratta di un’antologia. O meglio, non si tratta soltanto di questo. La pubblicazione ha uno scopo ben preciso: offrire uno strumento di riflessione utile soprattutto all’opinione pubblica mondiale affinché possa farsi orante e chiedere soluzioni durature ai governanti. Alla pace si arriva sicuramente con un cambio di mentalità, uno sforzo della mente e del cuore. Una conversione. La parola non deve far paura. Perché la pace – intesa anche come disponibilità al perdono – non arriva mai da sola, ma è il risultato del precedente incontro con la realtà del Risorto. Con colui, cioè, che ha «sconfitto il male con il bene». E non viceversa. 

Sconfiggere il male con il bene

Il papa si fa carico delle parole di san Paolo e le sfrutta come elemento interpretativo del momento presente. Da lì arriva infatti il giudizio lapidario sulla «pazzia» di chi intende arrivare alla pace inondando di armi un campo già minato. Le parole di Francesco rivelano una saggezza di gran lunga più profonda rispetto all’apparente semplicità del linguaggio a cui ci ha abituati dall’avvio del pontificato. Evidentemente vede altro nei processi geopolitici in corso. Tutto ciò, però, non è frutto soltanto della sua capacità individuale. Il pontefice si ritiene uditore di una conoscenza resa intelligibile da duemila anni di tribolazioni e contraddizioni. La Tradizione. Un deposito di sapienza che la Chiesa custodisce mettendolo a disposizione di tutti. 

Potere, potere, potere. Cos’è la guerra se non lo strumento per eccellenza finalizzato ad accumulare domini? Insomma, c’è un filo conduttore che lega gli appelli papali per la pace all’impegno per la difesa ambientale. Mettendo assieme le parole di Francesco in un unico strumento, la sintesi della predicazione arriva da sola. E risiede nella croce. 

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Fernando Massimo Adonia

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