Addio a Piero Vassallo intellettuale (cattolico) fuori dal coro

Si definiva così: "Sono fiero di appartenere alla più scomoda e bersagliata minoranza, la destra cattolica, alla quale sono approdato, ventenne, nella seconda metà degli anni Cinquanta, dopo un breve viaggio nelle fantasticherie dell’estremismo neofascista”

Piero Vassallo

“Sono fiero di appartenere alla più scomoda e bersagliata minoranza, la destra cattolica, alla quale sono approdato, ventenne, nella seconda metà degli anni Cinquanta, dopo un breve viaggio nelle fantasticherie dell’estremismo neofascista” : così Piero Vassallo, scomparso il 29 giugno, ad 89 anni,  sintetizzava, il suo itinerario culturale e politico, nel libro intervista Cos’è la destra. Colloqui con diciotto protagonisti della cultura italiana non conformista, pubblicato  a cura di  Marco Ferrazzoli (Il Minotauro, Roma 2001). 

Nel corso dei decenni e attraverso le tante stagioni politiche e culturali che hanno segnato l’Italia del dopoguerra e, nello specifico, la destra italiana, Vassallo è stato soprattutto un esempio, per coerenza e  continuità ideale. Come egli stesso ha scritto  in Biobibliografia (I libri del Peralto, Genova 2010), fu Giano Accame ad avviarlo all’attività para-giornalistica, in una Genova segnata dagli strascichi sanguinosi della guerra civile. Essere a destra – notava  Vassallo – significava condividere l’emarginazione dell’Italia sconfitta e umiliata, una condivisione alimentata però da  uno spirito giovanile e da una costanza culturale che segneranno tutta la sua esistenza: dalle prime esperienze a ciclostile (con il bollettino “Gerarchia”) alle collaborazioni nazionali, nel variegato arcipelago della pubblicistica missina (dall’”Asso di bastoni” ai “Vespri d’Italia”, da “Ordine Nuovo” a “Carattere”). 

Lontano dalla vulgata nostalgica e ben saldo sui principi di un cattolicesimo tradizionale e popolare, Vassallo fu soprattutto un intellettuale integrale, mai pedante, sempre “in ricerca”, impegnato a  verificare nel mutare dei tempi la giustezza di quei principi. Senza timore di intersecarsi con l’impegno politico, con un’appartenenza che vedeva organica alle sue scelte di fondo.

Nel 1960, dopo l’esperienza missina,  aderì  ai  centri tambroniani per l’Ordine Civile, collaborando, nel biennio seguente, alla rivista “Lo Stato” (con direttore Gianni Baget Bozzo). Nel 1966,  entrò a fare parte del ristretto numero dei redattori di “Renovatio”, la rivista di teologia e cultura fondata, a ridosso del Concilio Vaticano II,  dal cardinale Giuseppe Siri. 

La visione di Siri fu “profetica”, allorché  – come dichiarò lo stesso Vassallo in un’intervista, pubblicata, anni dopo,  dal bimestrale genovese “La fabbrica di Giano”, da me diretto (“Una ‘renovatio’ nel segno della tradizione”, a cura di Mauro Buzzetti, “La fabbrica di Giano”, novembre-dicembre 1992) – “il Cardinale Siri ci indicò un criterio di indagine e cioè ci fece vedere come il cuore della galassia ‘progressista’ fosse radicalmente gnostico, al di là delle convinzioni dei teologi che – numerosi – si illudevano di ottenere dal marxismo elementi atti a vivificare la presenza cristiana nel mondo”. Essenziale nel percorso di “Renovatio” il ruolo di Baget-Bozzo, che fu il primo ad intuire le derive del materialismo classico, fino ad approdare a quello che Augusto Del Noce definiva libertinismo di massa. 

Sono tematiche che innervarono,  nel corso dei decenni seguenti,  l’impegno di Vassallo senza peraltro precludergli interventi e polemiche più interne al mondo della destra culturale e politica. Dal 1973 al 1983  partecipò ai lavori della Fondazione Volpe, non facendo mancare i suoi puntuali interventi a riviste “d’area” quale “La Torre”, “Civiltà”, L’Italiano”, “l’Alfiere”, “la Quercia”, “Traditio” (da lui diretta). La sua produzione giornalista è stata  sterminata (per anni fu una firma costante del “Secolo d’Italia”)   così come  la sua bibliografia, con testi impegnati a stigmatizzare, dopo  la caduta del muro di Berlino,  il carattere reazionario e disumano della filosofia marxista (L’ideologia del regresso, M. D’Auria Editore, Napoli 1996), a denunciare la parabola della secolarizzazione (Pensieri proibiti. L’ostracismo alla metafisica nell’età della tolleranza, Marco Editore, Lungro di Cosenza, 2000),  a puntualizzare l’essenza della destra culturale (Le culture della destra italiana, Effedieffe, Milano 2002), a “rileggere” il pensiero gentiliano (Gentile l’italiano, Bibliotheca Edizioni, Roma 2005, testo che gli valse il primo premio del concorso per uno scritto inedito riservato ai soci del Sindacato libero scrittori italiani).

 Ciò che va sottolineato del lungo e denso itinerario culturale di Vassallo è che il suo  impegno delle origini non è mai venuto meno. Così come il radicalismo delle sue idee, che lo portarono a polemiche vivaci (epica quella contro Alain de Benoist e la “Nuova destra” italiana, alla vigilia dell’uscita della rivista “Elementi”, apparsa sul “Secolo d’Italia” tra il maggio ed il giugno 1978) che ci riconsegnano, nel ricordo di Vassallo, una stagione fertile e rappresentativa per la cultura anticonformista: esempio indimenticabile, specie oggi, in tempi di bassa tensione ideale e di diffusa omologazione culturale. 

 

 

Mario Bozzi Sentieri

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