La sovrappopolazione: urge un’ecologia della vivibilità

Sandro Marano interviene su uno dei più scottanti problemi del pianeta rimarcando anche i ritardi delle religioni rivelate nel comprendere il tempo attuale

Sovrappopolazione

Nel film “Io, loro e Lara” Carlo Verdone fa la parte di un sacerdote missionario che non si sente più in comunione con la Chiesa per varie ragioni, tra le quali c’è il rifiuto pregiudiziale dell’uso dei contraccettivi in quelle parti del mondo, come l’Africa, che sono sovrappopolate. Si tratta di una morbida critica a chi, nell’ambito delle religioni rivelate, non vuole affrontare il problema della sovrappopolazione per una sorta di idiosincrasia morale. Perfino nella Laudato sii, che pure costituisce un passo importante della Chiesa cattolica verso una conversione ecologica del mondo, non c’è nessun cenno a questo problema.
Le religioni rivelate (cristianesimo, islamismo, ebraismo), a differenza del buddismo che sul punto dimostra maggiore consapevolezza, fanno come lo struzzo e si attengono fermamente ad un precetto della Genesi, “Crescete e moltiplicatevi”, che aveva senso però in un’epoca in cui il mondo era largamente disabitato e dunque occorreva puntare sul maggior numero possibile di nascite per consentire la sopravvivenza delle comunità. Oggi il contesto è affatto cambiato e un precetto giustificato tanti secoli fa non può essere elevato a dogma.
Nel 1700, quando la rivoluzione industriale muoveva i primi passi, si contavano circa 700 milioni di abitanti sulla terra. All’inizio del ‘900 eravamo già a un miliardo e 600 milioni. Poi c’è stata una accelerazione e oggi, dopo appena un secolo, sfioriamo gli otto miliardi di abitanti, un numero mai registrato nella storia dell’umanità.
Non c’è dubbio che l’incremento demografico non sia un fenomeno naturale, bensì patologico, legato allo sviluppo tecnologico che consente di abbattere il tasso mortalità (soprattutto infantile), che va a sommarsi a culture (africane e asiatiche) che hanno come valore la prolificità.
Peraltro, il modello economico fondato sulla crescita ha trasformato tante popolazioni, che avevano un proprio modello sociale ed economico elaborato in secoli di esperienza, in mercati per le multinazionali. «Essi non sono più se stessi e non sono neppure diventati  quell’altra cosa che siamo noi. E sono loro che hanno messo in moto la nefasta macchina della moltiplicazione esponenziale», scrive l’ecologista Rutilio Sermonti in L’uomo, l’ambiente e se stesso.
Senza contare che questo continuo rapido abnorme incremento avviene in un pianeta le cui zone più felici e produttive sono già densamente popolate, incidendo peraltro pesantemente su altri fenomeni, dalla devastazione degli spazi vitali all’inquinamento, dai vari sanguinosi conflitti locali all’immigrazione massiccia.
Scriveva in Gli otto peccati capitali della nostra civiltà Konrad Lorenz: «L’accalcarsi di molti individui in uno spazio ristretto […] scatena anche direttamente il comportamento aggressivo». Gli attuali conflitti endemici in Africa e in Medio Oriente hanno nell’esplosione demografica in atto in quei paesi una loro valida spiegazione.
Dire poi, come alcuni fanno superficialmente, che la Terra può nutrire, se meglio sfruttata, una popolazione così aumentata, significa ignorare bellamente che la produzione agricola ha avuto un grande incremento solo grazie all’uso di pesticidi e fertilizzanti chimici che, con un effetto boomerang, la stanno impoverendo, con processi di desertificazione, salinazione, esaurimento delle falde acquifere, mentre il terreno produttivo è in costante diminuzione.
Com’è noto, l’impatto ambientale è dato da tre fattori: Popolazione, Affluenza (= consumo di suolo, risorse, e merci) e Tecnologia (= come si produce). Ora ci vuole poco a capire che più popolazione = più inquinamento, più consumo di suolo e più consumo di risorse in uno spazio limitato. La nozione di limite che l’ecologia profonda ha riscoperto e che era ben rappresentata nei miti antichi, come ad es. nel mito di Fetonte (Dante nel Purgatorio dice: «la strada che mal non seppe carreggiar Fetòn»), vale tanto per l’economia che per la demografia.

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Sandro Marano

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