Rigodon/3. L’epopea del fascinoso investigatore (in Harley) Attilio Toscano

Il protagonista del romanzo è ligure, levantino per l’esattezza, come il suo creatore, Roberto Perrone, con il quale condivide anche l’amore incontenibile per il buon cibo, con cui infarcisce le sue conversazioni: «I pasti non si saltano. È l’unico particolare su cui sono d’accordo con i dietologi»

Un odore di Toscano, di Roberto Perrone

L’entrata in scena è di quelle che fanno rumore. Sì, perché il (quasi) cinquantenne Attilio Toscano arriva in sella alla sua Harley. «Casco e attrezzatura antipioggia e antivento doppia, casomai dovessi imbarcare una bella ragazza». Si presenta così il più stravagante e cazzuto dei poliziotti della nostra narrativa, dai primi dello scorso maggio in libreria, “Un odore di Toscano” (HarperCollins). Toscano, nomen omen, fuma il sigaro, non tollera le convenzioni sociali, rifugge dai moralismi, si fa beffe del politicamente corretto e soprattutto coltiva il gusto irrinunciabile della battuta irriverente. «Odio i formali, i protocollisti, i paludati e gli ingrigiti, quelli che non riescono a ridere per una cazzata, che considerano le battute una perdita di tempo».

Il protagonista cult

È ligure, levantino per l’esattezza, come il suo creatore, Roberto Perrone, con il quale condivide anche l’amore incontenibile per il buon cibo, con cui infarcisce le sue conversazioni: «I pasti non si saltano. È l’unico particolare su cui sono d’accordo con i dietologi». 

Perrone, a distanza di tre anni dal precedente romanzo, messo a riposo l’ex colonnello dei carabinieri Annibale Canessa – protagonista di una bellissima trilogia pubblicata da Rizzoli – sfoggia con un certo legittimo compiacimento il suo nuovo personaggio, accompagnato da una schiera di comprimari d’eccezione. Toscano è istrionico, seducente, ribelle e ironico, affronta ogni avversità con un atteggiamento disincantato. One man show, quando vuole, ma anche uno scrupoloso investigatore, consapevole che – come osservò Balzac – dietro ogni grande fortuna si nasconde un crimine.  

Ha tutte le carte in regola per diventare un cult nell’affollato condominio del noir, popolato da graduati di ogni arma e livello. Ce n’è per ogni gusto. Il genere è cresciuto a dismisura, in quantità e qualità, sconfinando brillantemente dal ghetto in cui era rinchiuso per cavalcare senza inibizioni la tigre della modernità.

Il contesto

Se si escludono le avventurose indagini del maggiore dei Reali Carabinieri Aldo Morosini, ambientate nelle colonie italiane dell’Africa Orientale, ciclo di romanzi con cui il torinese Giorgio Ballario ha dato vita per primo a un vero e proprio unicum nel panorama editoriale italiano, e quelle del commissario di polizia Luigi Alfredo Ricciardi, collocate anch’esse in pieno regime fascista nella Napoli dell’autore Maurizio Di Giovanni, tutti gli altri personaggi sono alle prese con un’attualità feroce, in cui distinguere i buoni dai cattivi è sempre più difficile.

L’approdo tv

Molti di loro hanno occupato (militarmente) il palinsesto televisivo. In principio fu Luca Zingaretti a portare sul piccolo schermo il Commissario Montalbano del compianto Andrea Camilleri. Lino Guanciale, dopo aver indossato i panni del commissario Leonardo Cagliostro, occupato a indagare sul suo stesso omicidio ne La porta rossa, serie televisiva ideata da Carlo Lucarelli e Giampiero Rigosi, tornerà a interpretare anche il citato Ricciardi. Alessandro Gassmann, nell’immaginario collettivo, è l’ispettore Giuseppe Lojacono de I Bastardi di Pizzofalcone, altra opera dell’infaticabile Di Giovanni. Non poteva esserci attore migliore di Marco Giallini per dare il giusto physique du rôle al mitico vicequestore Rocco Schiavone di Antonio Manzini. Più recentemente, Luisa Ranieri è diventata il vicequestore Lolita Lobosco, creatura della barese Gabriella Genisi.

Intendiamoci, altri meritevoli personaggi sono rimasti su carta ma figurerebbero assai bene anche in video. Un paio di esempi su tutti: Igor Attila, commissario della sezione crimini sportivi, nato dalla vena creativa di Paolo Foschi, motopoliziotto di un’originalità a oggi insuperata, e il commissario Michele “Africa” Balistreri, protagonista della straordinaria trilogia del male di Roberto Costantini.

Il personaggio disegnato da Roberto Perrone

Roberto Perrone

Farsi notare, in questo trafficato contesto letterario, in cui vivono decine di altri investigatori con o senza divisa, sarebbe stato quasi impossibile per chiunque. Non per Attilio Toscano, tratteggiato dalla sapiente penna di Roberto Perrone, rivelatrice della complessa personalità del nostro man mano che la storia si intreccia e si dipana in una trama dal ritmo narrativo travolgente, appassionando, divertendo e spaventando.

Ciak! Commissario della Mobile di Reggio Calabria, Toscano assurge agli onori della cronaca nazionale per essere sfuggito a un agguato della ‘ndrangheta. Sfuggito si fa per dire, ha ucciso i tre killer ricorrendo alle micidiali sventagliate di una mitragliatrice. 

La prima pattuglia arrivata nei pressi della sua villetta sul lungomare di Scilla – l’unica abitata, perché le case adiacenti sono abitazioni turistiche – lo trova stravaccato su una seggiola in bermuda, maglietta, infradito e giubbotto antiproiettile.

Peccato che l’obiettivo non fosse lui ma la sua amante, sposata con Antonio Andreasso, l’eroe per eccellenza, la star dell’antimafia, e che i sicari fossero pronti a ucciderli entrambi per colpire il marito, nel cuore e nella reputazione.

«Mi sono appena scopato la moglie di un eroe!» aveva esultato poco prima il nostro, dimenticandosi che le donne portano gioie ma anche guai. Una delle sue migliori qualità investigative, oltre a quella di assegnare soprannomi a tutti i colleghi – è il saper riconoscere al primo incontro «il tasso di stronzaggine altrui al 94,6%». Evidentemente la percentuale si abbassava notevolmente con il gentil sesso, che pure non gli negava attenzioni: «Certo, pur non essendo Gigi Rizzi, il famoso playboy che sedusse Brigitte Bardot, la sua attività con l’altro sesso era abbastanza buona», certifica la voce narrante. Malgrado la sua totale mancanza di ambizioni – «non ha mai fatto carriera perché con le sue idee l’hanno fatta gli altri» – è grazie a quella trionfale sparatoria, tuttavia, che Toscano viene trasferito a Milano e posto alla guida della neonata Squadra speciale, a capo della quale c’era il vicequestore Leone de Castris, assassinato nelle campagne milanesi lo stesso giorno dell’attentato scampato.

Così Toscano risale la penisola in moto, con continue deviazioni dal percorso per altrettante soste davanti al mare, lunghe quanto la durata del mezzo toscano che lo scortato si fumava con gusto. L’idea di trasferirsi nella città meneghina non gli piaceva. Aveva sempre ostinatamente chiesto e ottenuto, come destinazioni lavorative, città di mare: La Spezia, Livorno, Civitavecchia, Brindisi e infine Reggio Calabria.

Amava il mare? Non proprio. «Diciamo che io e il mare abbiamo qualcosa da discutere». Il conto in sospeso di un uomo senza passato, perché quel passato lo aveva cancellato.

Faranno di tutto per ostacolare il nostro nelle indagini che avvierà, a cominciare da quella sull’insolito omicidio del suo predecessore all’intelligence della Questura– il «de cuius», come lo ribattezza – ma andrà dritto per la sua strada. 

Un eroe popolare

«Attilio Toscano gode di quel vantaggio che terrorizza tutti i detentori del potere: la popolarità». Una popolarità che, ne siamo certi, aumenterà esponenzialmente in quella che ha tutta l’aria di diventare una serie.

*”Un odore di Toscano” di Roberto Perrone (euro 20, HarperCollins)

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