Il capolavoro di Enrico Letta, king maker della caduta di Draghi

L'esperienza batte l'atletismo. Letta lancia le pietre Ius Scholae, cannabis e Zan, innesca la crisi e nasconde la mano

La politica, come il calcio, è una cosa semplice. Basta un po’ di tattica e anche l’avversario più forte rischia di buscarle. Il catenaccio, insegnò Gianni Brera, è la via italiana più efficace, al calcio e alla vita. E allora non c’è nulla di più arci-italiano del Partito democratico di Enrico Letta che è riuscito in un’impresa favolosa: assestare il colpo di grazia al governissimo di Mario Draghi facendo ricadere la colpa su tutti gli altri.

La sinistra italiana s’era inerpicata nel campo largo con il M5s e, in cambio del rissoso centrino a trazione Renzi-Calenda, s’è ritrovata ad avere a che fare col corpaccione suonato, pesante e inerme del non partito di Grillo e Conte. Dall’altra parte, il centrodestra – nonostante le divisioni – risultava ancora saldamente in testa a ogni sondaggio. Al Nazareno, dopo tante batoste, ci si sarà chiesti ‘che fare’.

La soluzione è stata semplice, quasi geniale, sicuramente fortunata. È bastato lanciare un paio di proposte, o meglio di pietruzze, per innescare la crisi: la riproposizione del Ddl Zan per separare il fronte cattolico, lo Ius Scholae per far insorgere la Lega e dividerla ancora di più, la legalizzazione della cannabis per ‘caricare’ il M5s e scagliarlo definitivamente contro il centrodestra. Inevitabile che, a pochi mesi dalle urne, il governo Draghi, a necessaria e irrinunciabile vocazione ultramaggioritaria, franasse su se stesso.

Epperò il colpo di genio è stato ancora un altro: dopo aver lanciato le pietre, il Pd ha nascosto la mano. E oggi, piangendo la fine del governissimo, addossa a tutti gli altri la responsabilità di aver fatto cadere l’unico esecutivo possibile (sic) per l’Italia in un momento di eccezionale gravità, tra guerra e pandemia. I dem, dunque, si presenteranno agli elettori e ai partner internazionali come l’unica forza di governo davvero responsabile. Tutti gli altri, invece, ne escono come inaffidabili e rischiano (ulteriori) conseguenze interne dallo strappo. M5s, già sfrondato da Di Maio e soci, rischia altre uscite e l’irrilevanza alle urne. Forza Italia ha già salutato Gelmini e presto potrebbero maturare ulteriori scissioni. La Lega potrebbe assistere a un nuovo capitolo dello scontro interno tra l’anima leale a Salvini e quella governista vicina a Giorgetti.

La politica, come il calcio, è una cosa semplice. Vince chi riesce a sbagliare meno e soprattutto chi riesce a indurre l’avversario all’errore. Il Pd, un po’ come il Franco Baresi dei tempi belli, ha dimostrato che basta l’esperienza e un po’ di tattica per battere l’atletismo più esasperato chiamando, semplicemente, una trappola del fuorigioco.

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Alemao

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