Quel best-seller barricadero clandestino che infiammò gli anni Settanta 

Torna il manuale del guerrigliero firmato dall'italo-brasiliano Marighella. E lo ripubblica un editore di destra

Piccolo manuale di guerriglia urbana di Carlos Marighella

Forse ai più il nome di Carlos Marighella non dice nulla, eppure negli anni Settanta un suo libro di appena un centinaio di pagine divenne un vero best-seller mondiale. Clandestino, ma pur sempre best-seller. Si intitolava “Piccolo manuale di guerriglia urbana” e per l’intero decennio degli Anni di Piombo fu una specie di vademecum per gli aspiranti guerriglieri d’ogni latitudine e appartenenza ideologica, non solo dell’area rivoluzionaria marxista alla quale apparteneva l’autore. Ed è singolare che a ripubblicare oggi il manualetto del teorico e militante brasiliano sia Passaggio al Bosco, una casa editrice fiorentina vicina a Fratelli d’Italia.

 

Luca Lezzi, studioso di storia e politica latino-americana, così scrive nella prefazione del libro: «Oltre alla vasta influenza che ebbe, il testo ha il merito di fornire un nuovo lessico per comprendere meglio il “credo guerrigliero”. Anzitutto vi è il ribaltamento di termini quali “violenza” e “terrorismo”, che dall’accezione negativa di partenza acquisiscono “un elemento di attrazione, una qualità che nobilita ed onora una persona, perché è un’azione degna di un rivoluzionario impegnato nella lotta armata contro la vergognosa dittatura militare e le sue atrocità». Un’opera indispensabile, secondo Lezzi, per un’analisi storica dei mutamenti che intercorsero nella società del secondo Novecento, quando «dopo l’iniziale boom economico si diede vita, attraverso le pratiche liberiste delle privatizzazioni e del libero commercio imposte da organi sovranazionali come Fmi e Banca Mondiale, all’esautorazione degli Stati nazionali e al processo di globalizzazione che ha generato le immani diseguaglianze economiche del nostro presente».

 

Certo, a leggerlo al giorno d’oggi, a più di cinquant’anni dalla sua pubblicazione, il manuale di Marighella appare molto datato e per certi versi anche ingenuo. Non potrebbe essere diversamente, dato che parla di ribellione e teorizza la guerriglia in una realtà sociale della metà del XX secolo, oltretutto in America Latina: trent’anni di mondo digitalizzato non sono passati invano. A suo tempo, tuttavia, molti lo presero sul serio e non solo in Brasile. Il libretto, tradotto in svariate lingue, figurava nel bagaglio culturale dell’organizzazione americana The Weathermen, dell’irlandese IRA, della RAF tedesca, dell’ETA basca, dell’organizzazione terroristica greca 17 Novembre e persino delle nostre Brigate Rosse.

 

Carlos Marighella

A questo punto è però opportuno spendere due parole sull’autore del famoso manuale. Nato a Salvador de Bahia nel 1911, Carlos Marighella era figlio di un operaio italiano di origine emiliana e di una donna afrobrasiliana, discendente da schiavi nigeriani. Scrittore e poeta, nel 1934 abbandona gli studi di ingegneria per dedicarsi a tempo pieno alla politica nelle file del Partito comunista brasiliano (Pcb). Viene arrestato una prima volta e sconta un anno di carcere, poi entra in clandestinità e finisce di nuovo in galera dal 1939 al 1945. Viene eletto deputato federale per il Pcb nel 1946, ma due anni dopo decade perché il partito è messo fuorilegge e Carlos riprende la strada della clandestinità, viaggiando anche in Cina per documentarsi sul marxismo realizzato.

 

 

Carlos Marighella, Brasile

Nel 1964, dopo il colpo di Stato militare, finisce per la terza volta dietro le sbarre ed è rilasciato l’anno successivo. Nel 1966 lascia il Pcb e abbraccia la lotta armata, viaggia a L’Avana e fonda l’Ação Libertadora Nacional (ALN), che nel 1969 si farà conoscere a livello mondiale con il clamoroso sequestro dell’ambasciatore statunitense Charles Elbrick. Il “Piccolo manuale di guerriglia urbana” esce proprio nello stesso anno e Marighella diventa il “pericolo pubblico numero 1” del regime brasiliano: il suo volto finisce sui manifesti della polizia, affissi ai muri delle principali città (soprattutto San Paolo, dove opera l’organizzazione guerrigliera).

 

Dopo una serie di rapine e rapimenti, la polizia si mette sulle tracce di Marighella e il 4 novembre del 1969 lo uccide in un agguato nella capitale paulista, una vera esecuzione voluta da Sergio Paranhos Fleury, capo del Departamento de Ordem Politica e Social, la polizia politica del regime militare. Pare che Paranhos Fleury si sia avvalso del tradimento di due frati vicini all’ALN, che rivelarono sotto tortura il nascondiglio del leader guerrigliero. Nel suo volume “Compagni di stadio”, Solange Cavalcante rivela che Marighella quella sera avrebbe dovuto assistere al derby fra il “suo” Corinthians e il Santos di Pelè e che sullo stadio calò un silenzio di tomba allorché l’altoparlante diffuse la notizia della sua morte. Per la cronaca, quella sera il Corinthians trionfò per 4-1 e l’eroe fu un altro famoso brasiliano di origine italiana, Roberto Rivelino.

 

Per molto tempo in Brasile non si è più parlato di Marighella, anche se negli anni successivi il suo famoso manuale ha continuato ad addestrare gli aspiranti guerriglieri di mezzo mondo. Poi, pian piano, esauritasi la spinta rivoluzionaria a livello internazionale, anche il suo libro è finito nel dimenticatoio. La figura del militante italo-brasiliano è tornata prepotentemente d’attualità grazie a un discusso film del regista Wagner Moura, uscito il Brasile nel 2019 e in seguito portato sui televisori di tutto il mondo da Netflix. Discusso perché, secondo alcuni critici, il regista e gli sceneggiatori hanno insistito troppo sul Marighella-uomo lasciando da parte la figura del rivoluzionario e il suo impegno politico. «Nel film il popolo è assente – scrive sempre Solange Cavalcante – Non ci sono gli scontri né le manifestazioni storiche a favore o contro la dittatura. I nemici militari sono invisibili: i loro nomi e cognomi, il loro grado militare, i loro crimini e le loro responsabilità storiche – niente di questo è descritto nel film. Fosse un film di Fellini, i militari comparirebbero magari in quei sogni privi di chiarezza. Moura invece non ha il talento di Fellini».

 

In nome della solita “correttezza politica”, e forse anche per non turbare gli spettatori di Netflix, nel film vengono cancellati i simboli della lotta rivoluzionaria e della sinistra in generale, come il colore rosso, i pugni alzati in aria, la falce e martello, le foto di Guevara, i discorsi e le scene originali di nemici e personaggi dell’epoca, gli slogan scritti sui muri e la colonna sonora di canti di protesta di Chico Buarque, Caetano Veloso e Geraldo Vandré. Carlos Marighella viene pudicamente descritto come un padre amorevole che insegna a nuotare al figlio, che fa promesse per il futuro e che gli registra nastri di addio, aspetti secondari e in certi casi del tutto inventati. In compenso, se il vero guerrigliero era un mulatto dalla pelle molto chiara, il Marighella cinematografico è un nero scurissimo, probabilmente in omaggio alle mode hollywoodiane che tendono a riscrivere la storia sul grande schermo.

Giorgio Ballario

Giorgio Ballario su Barbadillo.it

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