Oltre le agende di governo, riscopriamo Ratzinger e le visioni del mondo

La campagna elettorale è iniziata a furor di “agende”. Eppure l’Italia e l’Occidente hanno bisogno di riscoprire potenti orizzonti ideali

Ratzinger

La campagna elettorale è iniziata a furor di “agende” da dover difendere e proporre all’elettorato. L’agenda Draghi, in modo particolare, è il nuovo vessillo che sta chiamando a raccolta il centrosinistra. Il M5S invece si affida ad un’agenda sociale, a dire di Conte tradita proprio dall’attuale premier tecnico. Eppure, mai come oggi, più che di agende di governo, l’Italia e l’Occidente hanno bisogno di riscoprire una visione del mondo. È ciò che invitò a fare il card. Ratzinger, da prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, venti anni fa, con la sua Nota dottrinale riguardante l’impegno ed il comportamento dei cattolici nella vita politica


Nel 2002 il cardinale Joseph Ratzinger, allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, pubblicò un importante documento, sotto forma di Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica indirizzata ai «Vescovi della Chiesa Cattolica e, in special modo, […] i politici cattolici e […] tutti i fedeli laici chiamati alla partecipazione della vita pubblica e politica nelle società democratiche». Quest’anno si celebrano i vent’anni dalla sua pubblicazione. Credo sia importante, oltre che utile, ripercorrerne le tesi salienti, le quali risultano essere ancor oggi assai attuali. 

Anzitutto va evidenziato che il compito di istruire i fedeli su questioni di natura socio-politica non costituisce, come comunemente si crede, un’intrusione della Chiesa su questioni che non le competono. Al contrario, data la naturale socialità dell’uomo, ciò che concerne la formazione della società e la sua strutturazione rappresenta qualcosa di intimamente legato alla persona. «La comunità politica», recita il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, «scaturisce dalla natura delle persone, la cui coscienza “rivela e ordina perentoriamente di seguire” l’ordine scolpito da Dio in tutte le sue creature» (384).

Prima, però, di ripercorrere brevemente i punti salienti della Nota, è necessario affermare con chiarezza che le cosiddette “agende di governo” sono il risultato di specifiche “visioni del mondo”. Si ingannerebbero coloro che pensassero di fare a meno delle seconde per lasciar spazio esclusivamente alle prime. I temi sociali ed economici proposti agli elettori rappresentano delle declinazioni di peculiari principi valoriali, per mezzo dei quali vengono plasmate le società. Non basta dunque il solo pallottoliere; prima ancora delle ricette economiche è necessario operare uno sforzo culturale che sappia cogliere le sfide etico-valoriali che attraversano la società.

«È oggi verificabile – osservava il card. Ratzinger – un certo relativismo culturale che offre evidenti segni di sé nella teorizzazione e difesa del pluralismo etico che sancisce la decadenza e la dissoluzione della ragione e dei principi della legge morale naturale» (2).

Pluralismo etico significa pluralità di “disposizioni”, di “caratteri”, di “temperamenti” dinanzi alla concezione ed allo stesso significato della vita. A tali contenuti rimanda il termine greco di Ethos, da cui deriva l’etimo di etica. Quando in una società vige un pluralismo etico, cui l’ordinamento di uno Stato offre una garanzia di legittimità, si consacra il primato dell’individuo sulla persona; il primato delle mode e del costume su quello del vero e del bene. Si verifica, infatti, un atteggiamento bivalente che il porporato tedesco presentava così: «da una parte, i cittadini rivendicano per le proprie scelte morali la più completa autonomia mentre, dall’altra, i legislatori ritengono di rispettare tale libertà di scelta formulando leggi che prescindono dai principi dell’etica naturale per rimettersi alla sola condiscendenza verso certi orientamenti culturali o morali transitori, come se tutte le possibili concezioni della vita avessero uguale valore» (Ibidem).

Sostenere che nell’essere umano è inscritta una legge naturale (di cui il decalogo biblico ci offre un formidabile compendio), perfettamente riconoscibile a lume di ragione anche dai non credenti, e che la realizzazione della persona passa dalla sua osservanza, non implica l’essere intolleranti contro coloro i quali rifiutano una simile impostazione, ma, semmai, significa offrire il proprio contributo affinché i diritti autentici della persona siano difesi e garantiti integralmente.

Del resto, «la storia del XX secolo – constatava Ratzinger – basta a dimostrare che la ragione sta dalla parte di quei cittadini che ritengono del tutto falsa la tesi relativista secondo la quale non esiste una norma morale, radicata nella natura stessa dell’essere umano, al cui giudizio si deve sottoporre ogni concezione dell’uomo, del bene comune e dello Stato».

Per promuovere efficacemente il bene comune, l’azione politica deve dunque misurarsi con evidenti limiti afferenti il diritto naturale, dinanzi ai quali non sono ammesse «deroghe, eccezioni o compromesso alcuno». La loro osservanza testimonia, infatti, l’ossequio ad una Legge interiore, ad un Ordine inscritto nell’Universo di cui la natura umana è partecipe.

Quali sono, dunque, le «esigenze etiche fondamentali e irrinunciabili» su cui si gioca «l’essenza dell’ordine morale», per quel che riguarda il bene integrale della persona? È bene ritornare a leggerle e a meditarle singolarmente, per poter discernere efficacemente le diverse “agende” di governo proposte dalle formazioni politiche.

Il Prefetto dell’ex Sant’Uffizio le elencava secondo un ordine logico, nella maniera seguente:

  1. Diritto primario alla vita dal concepimento fino al termine naturale;
  2. Tutela e promozione della famiglia fondata sul matrimonio monogamico tra persone di sesso diverso (con l’importante precisazione: «ad essa non possono essere giuridicamente equiparate in alcun modo altre forme di convivenza, né queste possono ricevere in quanto tali un riconoscimento legale»).
  3. Tutela della libertà di educazione dei figli da parte dei genitori;
  4. Tutela sociale dei minori;
  5. Liberazione dalle moderne forme di schiavitù (droga, prostituzione);
  6. Diritto alla libertà religiosa (nel foro interno della coscienza, non nel foro esterno della professione pubblica delle fede, ove solo la Verità e il Bene hanno dei diritti, conformemente all’insegnamento ed alla prassi costantemente seguite dalla Chiesa)
  7. Economia a servizio della persona e del bene comune, nel rispetto del principio della giustizia sociale, della solidarietà e della sussidiarietà.

Successivamente, nel 2006, in occasione di una udienza concessa al Partito Popolare Europeo, Benedetto XVI richiamò in particolare l’attenzione sui primi tre “principi non negoziabili” (vita, famiglia, educazione) «Questi principi – precisava in chiusura il Sommo Pontefice – non sono verità di fede anche se ricevono ulteriore luce e conferma dalla fede. Essi sono iscritti nella natura umana stessa e quindi sono comuni a tutta l’umanità. L’azione della Chiesa nel promuoverli non ha dunque carattere confessionale, ma è rivolta a tutte le persone, prescindendo dalla loro affiliazione religiosa».

In ambito laicale, si sente spesso dire che venuta meno l’epoca delle ideologie, proporre oggi delle visioni del mondo risulta essere un compito quasi anacronistico, che appartiene per lo più a nostalgici o a sognatori. In campo religioso, invece, si registra un altro tipo di abdicazione, ancor più grave. E cioè quella di considerare “irreversibile” la modernità e la post-modernità al suo seguito, mostrando così di aver perso la fede nell’azione della Provvidenza Divina, con la conseguenza rovinosa di avere una visione schiacciata sul presente. 

Per questo e per tanti altri motivi è importante rileggere e studiare il documento della Congregazione per la Dottrina della Fede. Nel 2002, infatti, il card. Ratzinger propose a credenti e non credenti una visione del mondo fondata sul Logos-Divino; su quel Dio-Amore fattosi carne per la Redenzione degli uomini che al contempo è “Ragione Creatrice”. Essa è figlia del migliore spirito che informò la fede biblica di Gerusalemme, la razionalità classica di Atene e la concezione giuridica di Roma. L’incontro di queste tre civilizzazioni diede origine all’Occidente, e non altro. Sarebbe ottima cosa ricordarsene anche all’interno del seggio elettorale. 

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Diego B. Panetta

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