Giornale di Bordo. Auguri, Giorgia Meloni, e guardati dai Ludovico il Moro!

ncombe però sul successo annunciato del centrodestra un’altra incognita: la crescita dei consensi ai Pentastellati in quei collegi del Sud

Giorgia Meloni

All’inizio di questa campagna elettorale cercai d’inquadrare le difficoltà che avrebbe dovuto superare Giorgia Meloni con una metafora ciclistica. La paragonai a un corridore su pista, costretto a partire per primo dopo un lungo surplace all’opposizione, dando modo ai suoi avversari di “succhiargli la ruota” nell’inseguimento: non sempre partire favorito aiuta.

Questa volta, accantonata la grande epopea del velodromo Vigorelli, replico il paragone sportivo, ma riferendomi al ciclismo su strada. Smarrito quel briciolo di fair play che avevano manifestato in passato, gli avversari di Giorgia si sono comportati come i “francesi che s’incazzano”  con i nostri corridori ai Tour del dopoguerra, quando era ancora vivo il ricordo della presunta “pugnalata alla schiena”. Non accettando di perdere – non soltanto le elezioni, ma i posti di governo e molti posti di sottogoverno, che da anni sono il solo loro collante – gettano sul suo percorso chiodi a quattro punte, sperando di farla forare. E, com’è antica tradizione di tutti gli anti-italiani, da un signore di Milano piuttosto abbronzato di nome Ludovico – chiedono soccorso agli stranieri: tedeschi e soprattutto francesi, come quel Bernard-Henri Levy, ex nouveau philosophe dei tardi anni Settanta, che svolse a suo tempo un ruolo positivo condannando la “barbarie dal volto umano” del comunismo, ma ora non è più tanto nuovo, e forse neppure tanto filosofo.

Ma non vorrei che le vere minacce per Giorgia Meloni fossero di altra indole. E risiedessero nella difficoltà per la leader di un partito nato e cresciuto all’opposizione – e anche per questo premiato dai sondaggi – di proporsi come forza di governo. Col rischio da un lato di non riuscire a rassicurare sino in fondo chi tanto non accetterà mai di essere rassicurato, e continuerà a nutrire le stesse diffidenze che don Abbondio provava per la conversione dell’Innominato, dall’altro di dirottare verso altri lidi politici o verso l’astensionismo la parte più oltranzista del suo potenziale elettorato.

Rischia di riprodursi un’altra volta il dramma della destra, che per poter accedere all’area di governo è condannata a umilianti genuflessioni al politicamente corretto, a continui gargarismi con l’acqua di Fiuggi, a professioni di fede democratica richieste dagli eredi di chi è stato finanziato per quarant’anni dalle peggiori dittature.

Incombe però sul successo annunciato del centrodestra un’altra incognita: la crescita dei consensi ai Pentastellati in quei collegi del Sud che potrebbero risultare determinanti per la composizione del prossimo Parlamento. Il reddito di cittadinanza, unico significativo lascito del governo giallo-verde, dopo la vanificazione dei decreti Salvini, conserva un pericoloso appeal in un Mezzogiorno sempre incline a battere a cassa, anche se non c’è più la Cassa. La Meloni ha avuto il grande merito di non cedere alle sirene clientelar-vittimiste cui a volte indulgevano certe frange populiste del vecchio Msi. Ne pagherà il conto? Non credo, a meno che in certi collegi del Mezzogiorno “grillini” e lettiani non ricorrano a una desistenza di fatto, per impallinare il candidato di centrodestra. Resta il fatto che in politica il machiavellismo può servire, ma gli elettori – specie quelli di Fratelli d’Italia – finiscono per apprezzare la coerenza, specie se di lunga data, in un panorama politico in cui la saldezza nelle proprie convinzioni è una merce rara.

Auguri Giorgia, con buona pace dei tanto Ludovico il Moro che ammorbano la nostra politica!

Enrico Nistri

Enrico Nistri su Barbadillo.it

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