Ay Sudamerica! La condanna di Cristina Kirchner riapre i giochi in Argentina

La vicepresidente non si candiderà alle presidenziali del 2023, i peronisti potrebbero rivolgersi al moderato Massa

Cristina Kirchner

Cristina Kirchner

Mentre la selecciòn albiceleste guidata da Scaloni e Messi lotta in Qatar per raggiungere la finale ai Campionati del mondo di calcio, in Argentina tiene banco la clamorosa condanna che martedì 6 dicembre il Tribunale federale di Buenos Aires ha inflitto all’ex presidente della Repubblica Cristina Fernandez Kirchner, tuttora in carica come vice del capo dello Stato Alberto Fernandez. Sei anni di reclusione per una torbida e complicata vicenda di corruzione, anche se è stata invece assolta dall’accusa di associazione a delinquere.

Al di là della questione giudiziaria, la sentenza è esplosa come una bomba a livello politico, perché la stessa Cristina, pochi minuti dopo aver appreso l’esito del processo, ha annunciato che non si presenterà alle elezioni presidenziali del 2023, né come candidata alla presidenza, né per un posto di senatrice, rinunciando così all’immunità parlamentare.

Il passo indietro

«Non mi presenterò alle elezioni», ha dichiarato l’ex presidente in una diretta televisiva e web, «il 10 dicembre del prossimo anno terminerà il mio incarico istituzionale, tornerò a casa e non avrò più l’immunità parlamentare, quindi mi potranno arrestare. Però non sarò mai il vostro animaletto domestico», ha concluso riferendosi a quella che ha chiamato «la mafia giudiziaria» e ai poteri economici incarnati dal gruppo editoriale Clarìn di Hector Magnetto, il più importante del Paese, da sempre antiperonista.

La guerra con una parte dalla magistratura

Cristina Fernandez Kirchner è in guerra da tempo contro una parte della magistratura argentina, da lei accusata di perseguirla in base a teoremi politici; ma le gravissime accuse di «mafia giudiziaria» e «Stato parallelo» arrivano dopo alcune indiscrezioni giornalistiche su una presunta chat clandestina alla quale partecipavano i giudici federali, il procuratore capo di Buenos Aires, il ministro della Giustizia della capitale federale (che è amministrata dal centrodestra del PRO) e un ex agente dei servizi segreti. E anche dopo le notizie di un misterioso incontro che si è svolto poche settimane fa nella tenuta in Patagonia del miliardario britannico Joe Lewis, proprietario fra l’altro del club inglese Tottenham, al quale avrebbero partecipato i giudici federali e amministratori pubblici della città di Buenos Aires. A portarli laggiù sarebbe stato un volo finanziato da esponenti del gruppo editoriale Clarìn e lì, a Lago Escondido, sarebbe stata elaborata la strategia giudiziaria per eliminare la leader del Frente de Todos.

Fin qui la querelle giudiziaria, più simile a una spy story che non a un processo per corruzione. Tuttavia le parole di Cristina aprono ora il grande tema delle candidature all’interno del fronte neoperonista per le presidenziali del 2023. Forte del suo ingente e talvolta ingombrante peso elettorale (si calcola che lei da sola attiri il 30% dei consensi nazionali), la Fernandez Kirchner ha sempre esercitato una forte influenza sulla coalizione Frente de Todos, uscita vincente nel 2019 portando alla presidenza il peronista moderato Alberto Fernandez. Se ora Cristina si fa da parte, è probabile che si aprano nuove possibilità per il “justicialismo”.

L’ipotesi Sergio Massa

Sergio Massa

Secondo gli analisti argentini è poco probabile che si ripresenti alla presidenza l’attuale inquilino della Casa Rosada, Alberto Fernandez. Pur avendo dovuto affrontare l’inatteso disastro della pandemia, il bilancio dell’attuale presidente è considerato deficitario. E lui stesso viene visto come una figura debole, ostaggio di fatto della sua vice Cristina. Sono invece in ascesa le quotazioni dell’attuale ministro dell’Economia Sergio Massa, un cinquantenne dell’area peronista moderata che ha già alle spalle una venticinquennale esperienza politica e amministrativa. Dapprima nel piccolo partito conservatore Udc, Massa (figlio di genitori siciliani e triestini) è poi confluito nel Partido Justicialista, ricoprendo l’incarico di capo di gabinetto del primo governo di Cristina; salvo poi dar vita a una propria forza politica (il Frente Renovador) in polemica con la coalizione della Kirchner. È stato candidato alla presidenza nel 2015 (arrivò terzo con il 21% dei voti), poi ha presieduto la Camera dei deputati e infine si è riavvicinato al Frente de Todos, entrando a far parte del governo del presidente Alberto Fernandez. Dalla scorsa estate è diventato il potentissimo ministro dell’Economia.

Ed è proprio a questo ruolo che è legato il suo futuro politico. Negli ambienti peronisti si dice che se nei prossimi mesi Massa riuscirà a ridurre l’inflazione che flagella l’Argentina, sarà lui in candidato alle presidenziali. Se invece non ci riuscirà, allora non ci sarà nessun candidato, sottintendendo che sarà inevitabile una vittoria della coalizione di centrodestra guidata dal PRO, il partito dell’ex presidente Mauricio Macri. Gli altri “papabili” del fronte peronista, sia pure molto indietro rispetto a Massa, sono l’attuale ministro dell’Interno Eduardo de Pedro, il governatore della provincia di Buenos Aires Axel Kiciloff e l’ambasciatore in Brasile Daniel Scioli, che tuttavia avendo già perso la sfida presidenziale del 2015 contro Macri appare come il più debole dei candidati.
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Giorgio Ballario

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