La cultura nazionale tra buona amministrazione e identità

La visione del ministro Gennaro Sangiuliano dopo l'illustrazione delle sue linee guida davanti alle commissioni Cultura di Camera e Senato

Identità nazionale

“L’identità della nazione è soprattutto identità culturale, oltre che linguistica e geografica”. E’ partito da qui, citando tra gli altri Leopardi e Dante, il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, nell’illustrazione delle sue linee guida davanti alle commissioni Cultura di Camera e Senato.

Un programma dal quale emerge la volontà di valorizzare non solo il patrimonio italiano, esponendo le tante opere ancora nei depositi, aprendo i siti chiusi e ampliando gli spazi dei grandi musei, ma anche le produzioni artistiche nazionali, attraverso incentivi fiscali e la riforma del Fondo per lo spettacolo. 

L’Italia – ha sottolineato  il ministro – “è una superpotenza culturale globale”, che necessita non solo di investimenti, ma anche di interventi per la tutela dei beni e del paesaggio. 

Dopo gli anni bui della pandemia, che hanno affossato lo spettacolo e i musei, il ministro punta a consolidare la ripresa del settore. Prima di tutto con una riforma del Fus, che cambierà non solo il nome, ma anche gli scopi, per premiare chi è in grado di reperire fondi diversi da quelli pubblici e per valorizzare il tessuto artistico nazionale. Poi con incentivi fiscali a largo spettro. “Si può pensare di introdurre – ha annunciato  il ministro – un meccanismo di detrazione delle spese per l’acquisto di beni e servizi culturali assieme all’abbassamento dell’Iva su alcuni di questi prodotti”. 

Sangiuliano ha assicurato poi “attenzione massima” alle sale cinematografiche, affrontando il tema delle finestre di programmazione e mettendo a regime il nuovo sistema di crediti d’imposta. I visitatori dei musei sono cresciuti nel 2022, ma c’è ancora molto da fare: solo il 60% dei siti è di fatto rilevato, spesso in maniera solo analogica, e il 90% delle opere o dei reperti giace nei depositi (ben 5 milioni di pezzi, contro i 480 mila esposti). Solo cinque siti, inoltre, superano il milione di ingressi. 

“È necessario attuare politiche che portino le persone a frequentare i musei e le aree archeologiche meno frequentati”, ha sottolineato  il ministro, spiegando che “in alcuni casi si tratta anche di rendere fruibili luoghi normalmente chiusi al pubblico”, eventualmente affidando la gestione a realtà locali. “Una strategia di lungo periodo potrebbe portare, inoltre, alcuni grandi musei a generare nuovi spazi espositivi”, sull’esempio del progetto per gli Uffizi 2. Da valutare, poi, la congruità dei prezzi per gli ingressi. Tra le misure allo studio anche l’estensione dell’Art Bonus al settore privato. 

Gli interventi sul settore librario e sulle biblioteche, infine, verranno messi a sistema attraverso il disegno di legge sul libro, già in discussione nella scorsa legislatura. “Il testo – ha dichiarato  Sangiuliano – sarà ulteriormente arricchito: è mia intenzione, ad esempio, introdurre norme di incentivazione affinché i Comuni ed altri soggetti pubblici affittino a canoni simbolici locali di loro proprietà per realizzare librerie”.

Il Ministro fa ovviamente il suo “mestiere”: interviene sulle criticità esistenti, rettifica rispetto agli errori del passato, identifica capitoli di spesa. Queste  “linee guida” si intersecano tuttavia  con delle scelte ”di valore” che non possono essere dimenticate e che ci piace sottolineare: a partire dal  senso di un’identità storica ed artistica che rappresenta la grande risorsa spirituale  dell’Italia, dalle grandi città ai piccoli borghi. Da qui bisogna partire per l’opera di ricostruzione nazionale. Sangiuliano ne è  ben consapevole. Occorre però – a livello d’opinione diffusa  – tenere ben alta l’attenzione.

Come scriveva Simone Weil (La prima radice) “il bisogno di avere radici è forse il più importante e il meno conosciuto dell’anima umana. Difficile definirlo. L’essere umano ha le sue radici nella concreta partecipazione, attiva e naturale all’esistenza di una comunità che conservi vivi certi tesori del passato e certi presentimenti dell’avvenire”.

Se da un lato  compito delle istituzioni politiche, a cominciare dall’ambito culturale,   è quello di riconoscere e  garantire la “buona amministrazione” ed  il pluralismo delle voci, dall’altro non può essere negata una lettura critica della realtà, su cui intervenire per orientare, sollecitare, valorizzare. 

In anni di cancel culture la difesa e la promozione dei simboli, materiali ed immateriali, della nostra identità nazionale deve essere la strada per sconfiggere l’omologazione culturale e l’indifferentismo spirituale. Rientrano  in questo ambito anche la  difesa della lingua italiana, le tradizioni popolari (in quanto espressione di un processo culturale che appartiene alla consapevolezza di una tradizione), la  centralità della Scuola rispetto al valore della memoria e dell’identità nazionale, la difesa ed il rilancio delle identità locali.

Pensiamo – in questo ambito –  al grande tema delle Feste, intorno al quale Marzio Tremaglia, indimenticabile Assessore alla Cultura della Regione Lombardia, costruì il programma “La Memoria ed i Giorni”, finalizzato a riscoprire e celebrare un “tempo forte”, nel quale – scriveva Tremaglia – “la collettività si autorivela, come occasione per un utopico progetto di autorifondazione individuale e collettiva” (da qui i riti collettivi del Carnevale, visto come il mondo alla rovescia; della Festa del Solstizio d’Estate, il trionfo della luce; dell’Equinozio d’Autunno, il mito della campagna in città; del Ciclo del Natale e del Capodanno, il tempo dell’attesa e della memoria).

Se la sfida politica e di governo è aperta, quella  culturale è apertissima e non meno importante, proprio sui crinali identitari. Bisogna esserne consapevoli ed agire di conseguenza, coniugando finalmente scelte contingenti e grandi prospettive d’assieme, buon governo e visioni lunghe: una partita a tutto campo insomma, attraverso la quale coniugare discrimini  “di valore” e “buona amministrazione”. Dentro le stanze dei ministeri, ma soprattutto nel sentire collettivo.

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Mario Bozzi Sentieri

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