Serie TV. “Cronache criminali” racconta gli anni ’70 e la morte di Ramelli

Nella trasmissione di Giancarlo De Cataldo uno spaccato di una guerra civile a bassa intensità

Milano ricorda Sergio Ramelli

Milano ricorda Sergio Ramelli

La lapide commemorativa per il patriota Sergio Ramelli

Lo scorso 12 dicembre 2022, in seconda serata è andato in onda su Rai Uno, “Cronache Criminali. Anni ’70 la violenza politica”. Giancarlo De Cataldo, il conduttore, racconta uno spaccato di violenza politica che ha visto contrapporsi – nelle piazze e nelle strade delle città italiane – militanti di destra e sinistra. Nella fattispecie del caso ci soffermeremo sull’omicidio, avvenuto a Milano nel 1975, di Sergio Ramelli. La vicenda della morte del giovane militante del Fronte della Gioventù è stata ricostruita, oltre che dal conduttore, dal giudice Guido Salvini. 

12 dicembre 1969

Con l’attentato di Piazza Fontana si ha l’inizio della Strategia della tensione. Con questo termine, si delinearono un complesso di paure per mezzo delle quali il popolo italiano avrebbe finito per accettare una soluzione autoritaria, un colpo di stato, un riflesso d’ordine. 

In generale, gli anni Settanta, furono anni in cui non si poteva essere agnostici. Bisognava, in un modo o nell’altro, militare da una parte o dall’altra: stragismo, lotta armata, violenza politica rappresentarono i connotati del forte scontro ideologico tra fascisti e antifascisti, tra comunisti e anticomunisti. 

La vicenda Ramelli 

Sergio Ramelli, viveva in una zona periferica di Milano. Correva l’anno 1975 e Ramelli frequentava l’ITIS “Ettore Molinari”. Iscritto al Fronte della Gioventù, si scoprì della sua militanza a “destra” per via di un tema scolastico. Nel suo elaborato il giovane condannò l’uccisione di Giuseppe Mazzola e Graziano Giralucci uccisi l’anno precedente nella sede del MSI di Padova.

Il tema costò caro a Ramelli tant’è che venne messo alla gogna e fu costretto a cambiare scuola. 

L’omicidio 

“Uccidere un fascista non è reato!” era questo lo slogan nel nome del quale negli Anni di Piombo furono compiute una serie di atrocità e violenze nei confronti dei giovani militanti di “destra”: la tragica vicenda di Sergio Ramelli ne rientra a pieno titolo. 

Il giovane, come raccontanto nel corso della trasmissione, dopo la vicenda del tema venne pedinato in lungo e in largo. Fu così che, il 13 marzo 1975 mentre stava ritornando a casa, Ramelli venne aggredito alle spalle e colpito alla testa con una chiave inglese da otto-nove studenti di medicina. I funerali, oltremodo osteggiati, si celebrarono il 2 maggio 1975. Si trattò di una vera propria mossa politica come dimostrato anche dai vari despitaggi che impedirono fin da subito di arrivare ai colpevoli. Solamente anni dopo nel corso di un altro processo, il quale vedeva coinvolti alcuni militanti di Prima Linea, si riuscì a scoprire che furono i militanti di Avanguardia Operaia ad assassinare il giovane Ramelli. Questi, in seguito, furono condannati per omicidio volontario. 

Spirito di riconciliazione possibile? 

Dopo circa una mezz’oretta sul caso Ramelli la trasmissione con la canzone di Gianfranco Manfredi, “Ma chi ha detto che non c’è”, si introduce l’omicidio di Francesco Lorusso militante di Lotta Continua avvenuto nel 1977 e la trasmissione fa il suo corso.

Dopo anni di silenzio, anche se in tarda serata, finalmente il telespettatore italiano ha potuto conoscere – pur sempre per sommi capi – la storia di Sergio Ramelli. Infatti, chi si aspettava un racconto esaustivo probabilmente sarà rimasto deluso. Mezz’oretta scarsa per ricostruire un caso così complesso e articolato non poteva obiettivamente risultare sufficiente. D’altronde, secondo quanto dichiarato del conduttore, la trasmissione aveva lo scopo di porsi nell’ottica dello spirito di riconciliazione con il fine di superare i tragici eventi degli anni di Piombo. In tal senso, si è fatto riferimento al discorso di insediamento alla presidenza del Senato – tenutosi il 13 ottobre 2022 – del Presidente del Senato Ignazio La Russa il quale come noto fu il legale della famiglia Ramelli. 

Insomma, un piccolo passo in avanti, necessario ma non soddisfacente, che dovrebbe fare riflettere il mondo della “destra” – soprattutto chi opera a livello istituzionale – sull’importanza di occupare degli spazi mediatici e culturali. Solo così tragiche vicende come quelle di Ramelli potranno avere lustro e memoria nella prospettiva di una vera riconciliazione nazionale. 

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Francesco Marrara

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