Perché il film su Marilyn (“Blonde”) non piace al pensiero unico

La pellicola offre una interpretazione autentica della vita dell'attrice anche nel mostrarne la ruvidità nichilista (come nelle sequenze sull'aborto)

Ana de Armas protagonista di “Blonde”

Ho sempre trovato difficoltà nel guardare un film biografico sulla vita di rockstars, popstars o attori che hanno fatto la storia del cinema morti recentemente: perché si possa creare un’opera che racconti il solco lasciato da personaggi che hanno influenzato il costume, la moda, le opinioni, i desideri della popolazione globale, a mio avviso è opportuno lasciar trascorrere il tempo necessario affinché il simbolo di quel personaggio si sedimenti ed attraversi la storia autonomamente, per poi essere ripreso, ricostruito e descritto dagli autori del cinema, della letteratura, della musica e così via.

Uno di questi personaggi è Marilyn Monroe. Non ho mai guardato un film incentrato sulla sua vita perché morta troppo recentemente. Tutte le locandine e i trailers altro non mi sembrano che riflessi opachi privi di contenuto e personalità, tutte le attrici incapaci di indossare il volto e l’anima di una donna controversa come Marilyn.
Ana de Arma nel film “Knock knock”

Nelle mie ricerche da cinefila pochi giorni fa mi sono imbattuta nella lettura di alcune critiche del film “Blonde”, in cui Marilyn è impersonata da Ana de Armas, una attrice sconosciuta ai più, che personalmente ho avuto modo di conoscere per una interpretazione pressoché irrilevante in “Knock knock” con Keanu Reeves.

Orbene, sono rimasta talmente stupida dal fatto che la quasi unanimità delle critiche fosse concorde sul ritenere il film “il peggiore del 2022”, “insulso” et similia, a tal punto da decidermi a guardarlo contravvenendo alla mia regola.
https://www.youtube.com/watch?v=h981jZhZ1js
La visione è andata talmente oltre le mie aspettative da rivelarsi una sorpresa inaspettata.
La protagonista sembra aver avuto un vero e proprio transfert, tanto è somigliante che in alcune scene ho faticato a distinguerla dalla vera Marilyn. La somiglianza non è semplicemente nel viso, nel corpo o nella bellezza, ma in qualcosa di vibrante ed impalpabile all’occhio corporeo, da lasciare basiti.
Non c’è un mero scimmiottare le movenze, i sorrisi, la camminata, il rossetto di Marilyn come hanno fatto milioni di sosia e copie. Il regista è riuscito a descrivere l’idea di Marilyn non attraverso la replica del suo aspetto fisico, ma mediante la condensazione della sua tristezza che è diventata tangibile fino a imprimersi come un liquido nella pellicola e a permeare ogni scena.
Trovo che il film, squisitamente drammatico, non sia piaciuto alla critica per un semplice motivo: non si allinea al pensiero unico. È un film controverso soprattutto perché ha il coraggio di descrivere l’aborto liberamente, senza filtri e paratie.
La locandina del film “Blonde”

Siamo immersi nel secolo dell’abuso del concetto di libertà e del concetto di diritto.

In un mondo occidentale dove non è permesso esprimere una opinione contrastante con quella della maggioranza, in cui si è tacciati di essere obsoleti, bacchettoni, “fascisti” quando ci si permette di dissentire dal disco rotto dei media, questo film invita a riflettere sulla sofferenza, sulla mancanza, sul disagio che può provare una donna quando si trova ad abortire.
È un film che non vuol essere visto perché la nostra società ci sta pian piano costringendo a rifiutare una umanità al nascituro, a considerarlo un mero contenuto dell’utero fino ad una certa data imposta dall’ordinamento, obbligandoci a non esplorarci dentro, a considerare dato un concetto senza porci dubbi.
In questo circo osceno e delirante che fa della violenza, del nichilismo e dell’ordine imposto i suoi leitmotiv, non può esserci posto per un film in cui si danno le condoglianze ad una donna per la perdita del suo bambino a seguito di un aborto.
Ecco perché “Blonde” non avrà successo e non sarà ricordato: è troppo scomodo e faticoso guardarci dentro ed esplorarci, perché sarebbe scioccante e deludente vedere che mostri siamo diventati.
Firmato: non un critico cinematrografico, ma una spettatrice, quindi una componente del pubblico.
@barbadilloit

Emmanuela Zappitelli 

Emmanuela Zappitelli  su Barbadillo.it

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