L’affinità nell’immaginario tra Dante e Cappuccetto Rosso

Le due icone ondividono tre elementi essenziali per la loro vicenda personale: un luogo, un colore, un animale

Dante Alighieri pop

Di primo acchito risulta strano ma poi è inconfutabile che Dante Alighieri e Cappuccetto Rosso, icone fondamentali del nostro immaginario collettivo, condividono tre elementi essenziali per la loro vicenda personale: un luogo, un colore, un animale.

Con annessi i relativi significati simbolici, primo fra tutti quello del pericolo, che minaccia soprattutto chi è solo. Infatti, il luogo, bosco o selva che sia, risulta pericoloso per i due personaggi: l’uno ci si perde dopo essersi ‘addormentato’, l’altra lo attraversa dopo aver disubbidito. Il colore, poi, quel rosso che caratterizza l’indumento indossato da entrambi, sopravveste elegante dei giurisperiti medievali, per lui, o mantellina con cappuccio delle prostitute francesi del Trecento, per lei, preannuncia da sempre un pericolo in agguato. L’animale, infine, lupo o lupa poco importa, è esso stesso il simbolo di pericolo in quanto incute un’ancestrale paura, che può attanagliare il singolo individuo.

C’è da ricordare però che a scongiurarlo, il pericolo, per entrambi, puntualmente interviene un aiutante, figura fondamentale in tutti i racconti. Non importa se si tratti di un intellettuale famoso per le sue opere o di un cacciatore sospettoso dotato di intuito. L’aiutante c’è e riesce ad evitare, al poeta ed alla bimba, una brutta fine. Certo, i due personaggi in questione rimangono diametralmente opposti: un uomo maturo prescelto da Dio ed una bimbetta incosciente, mandata allo sbaraglio da una madre snaturata. Ma altri elementi interessanti li accomunano entrambi. Come avere lo stesso scopo, cioè raggiungere una meta: terrena, per la piccola; celeste, per l’adulto. O adempiere ad una missione: prosaica, quella della nipotina, incaricata di rifocillare la nonna; ideale, quella del Poeta, incamminato sulla via della redenzione. O, ancora, raggiungere una figura femminile, che li aspetta trepidante, non importa se anziana o giovane, in carne ed ossa o puro spirito, simbolo del tempo che scorre o della verità che non tramonta mai. Tramite la quale si passa dalle esigenze concrete a quelle interiori.

Orbene, queste stringenti analogie, fra due personaggi divisi perfino dalla biografia (reale per l’uno, fiabesca per l’altra), dimostrano che da secoli la storia, quella che piace leggere un po’ a tutti, racconto epico o fiaba moralistica, è sempre la stessa: ti salvi grazie ad un altro. Insomma, da solo non ce la farai mai. Come accade nelle sabbie mobili. Legittimo chiedersi se l’assunto sia vero. E se si possa provare ad inventare un’altra storia. O a viverla diversamente.

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Nicola Fiorino Tucci

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