L’intervento. La globalista Schlein e la sinistra chic contro l’identitarismo della Meloni

Sono trascorsi pochi giorni dalle primarie e già, su stampa e social, impazzano i paragoni tra il nuovo segretario del Pd e il premier

Elly Schlein

Sono trascorsi pochi giorni dall’elezione di Elly Schlein e già, su stampa e social, impazzano i paragoni tra il nuovo segretario del Pd e Giorgia Meloni.

Non vi è, in realtà, nulla di più distante né di più sbagliato tra le due figure: due anime e due storie diametralmente all’opposto e non solo per idee e proposte. Da una parte vi è la creazione ad hoc di una figura figlia della più liberista delle sinistre arcobaleno degli ultimi anni, dall’altra l’emersione da anni di militanza e lavoro di una ragazza in grado prima di essere eletta a capo del proprio movimento giovanile e poi di ricreare con pochi fidati la grande casa della destra italiana, che l’ha condotta a diventare la prima Presidente del Consiglio donna che l’Italia abbia mai avuto.

Non è un caso, infatti, se la Schlein, prima guida al femminile della storia della sinistra italiana, sia stata eletta a capo del Partito Democratico solo dopo l’elezione della Meloni a Palazzo Chigi: per l’ennesima volta, la destra ha battuto sui tempi e con i fatti l’intero centrosinistra su una delle sue tante false flag storiche, le donne. 

Questa la prima di tante, tantissime differenze. Se Giorgia Meloni è stata eletta sull’onda lunga della difesa dell’identità, Elly Schlein rappresenta il nulla che avanza, l’anti-identitaria militante di una sinistra globalista uguale da New York a Roma e in tutta Europa.

Se Giorgia Meloni fa del comunitarismo l’arma probabilmente più forte del suo arsenale, Elly Schlein è la prima linea della nuova sinistra liberal: amata dai dem d’oltreoceano, contraria ai confini, favorevole allo ius soli, disposta alle barricate pur di negare l’esistenza di un vincolo sacro con la propria terra e la propria gente.

Se Giorgia Meloni ha fatto del pragmatismo delle proposte una bandiera fondamentale del nuovo governo, Ellie Schlein ha vinto le primarie e si è contraddistinta negli anni passati per delle idee a dir poco fantasiose, finanziabili forse con le banconote del Monopoli e tutte, davvero tutte, contro gli interessi pubblici italiani.

Se il percorso di Giorgia Meloni è partito dal basso più di vent’anni fa, con la militanza, il merito e la fatica, il percorso di Ellie Schlein viene dall’alto: la mediatica solidarietà a Prodi per la sua mancata elezione a Presidente della Repubblica, l’elezione in Parlamento Europeo avvenuta grazie all’accoppiata con il candidato prodiano, l’elezione in Consiglio Regionale sull’onda delle sardine, di cui l’allora capo Mattia Santori è destinato a diventare uno degli uomini di fiducia del nuovo segretario del Pd. A fare da contorno a questo, le curiose dinamiche relative a incarichi universitarie che intrecciano le storie della famiglia Schlein e l’ex premier Romano Prodi.

La vittoria di Ellie Schlein rappresenta sì una virata a sinistra per l’universo del Partito Democratico, ma in senso totalmente contrario a quello in cui molti italiani speravano. Se si desiderava finalmente una sinistra attenta alle necessità degli ultimi, con un occhio di riguardo a precari e classi subalterne, che potesse riappropriarsi di battaglie sul lavoro e sui diritti sociali, la Schlein rappresenta tutto il contrario. Un prodotto preconfezionato della nuova sinistra da salotto, o meglio da social network, tra battaglie Lgbt, ecoterrorismo e un mai sopito amore per il liberismo americano da cui la stessa Schlein ha imparato tanto.

È vero, Ellie Schlein rappresenta quanto di più distante possa esistere dal mondo reale, dai lavoratori e dall’elettore medio, ma non per questo è meno pericolosa. Non avrà i favori del popolo e forse della maggioranza degli italiani, ma la sua storia e le sue battaglie sono esattamente quelle desiderate da tutti coloro che negli ultimi trent’anni hanno remato contro l’Italia e contro gli italiani. Le sue idee rappresentano quelle del gotha del metapensiero liberal mondiale, il cavallo di Troia ideale per far distruggere dall’interno la nostra identità e la nostra nazione. 

Potrebbe non avere l’appoggio del popolo, ma sicuramente avrà quello dei cosiddetti poteri forti: giganti del mercato, élite finanziarie, affamatori, depredatori di Stato. E, purtroppo, più volte è stato dimostrato come questo possa essere abbastanza.

@barbadilloit

Francesco Di Giuseppe

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