Elly Schlein e il retroterra dell’ideologia marxista

C'è una errata analisi delle radici culturali e ideologiche della nuova leader del Partito democratico

Elly Schlein su La7

A destra, in molti hanno quasi esultato per l’elezione di Elly Schlein alla guida del Partito democratico. Queste “esultanze” sono frutto di un’errata analisi sia del retroterra culturale ed ideologico della Schlein, sia della sottovalutazione di alcuni scritti di Carlo Marx, anche quelli più noti. Sicché si è sostenuta la tesi che il Pd avrebbe reciso i legami con le sue radici comuniste per diventare una sorta di partito radicale di massa, ora che l’ideologia dei desideri trasformati in diritti è divenuta così pervasiva ed influente nella gramsciana conquista della cosiddetta società civile da assicurare a questa nuova edizione del Partito radicale una base elettorale che prima non esisteva. 

In Ideologia Tedesca e in Manoscritti Economico Filosofici, ma anche nel Manifesto del Partito comunista, Carlo Marx prefigurava e vagheggiava l’avvento di una società edonista, consumista e “transumana” del tipo di quella che si sta costruendo nell’epoca contemporanea. Essa avrebbe costituito la fase ultima della costruzione della società comunista. La dittatura del proletariato rappresentava ancora una tappa intermedia e penultima rispetto al socialismo pienamente realizzato in cui lo stesso stato, come sovrastruttura, sarebbe scomparso. Alcune frasi testualmente riprese dai suddetti testi ci rendono meglio l’idea.

 In Manoscritti Economico filosofici, il filosofo di Treviri afferma :«nella società comunista, la società regola la produzione generale, appunto in tal modo mi rende possibile di fare oggi questa cosa, domani quell’altra, la mattina di andare a caccia, il pomeriggio pescare, la sera allevare bestiame così come mi vien voglia». Giuseppe Incardona così, nel 1976, descriveva il significato di tremenda attualità che una concezione del genere contiene e in qualche modo, esotericamente, occulta: «Se ben si guarda dietro questa prospettiva risibile si nasconde una possibilità di disordine personale e sociale che, se da un lato dissolverebbe individui e società, nella eventualità di una concretizzazione; dall’altra parla a naturali tendenze di emancipazione dal peso di un ordine che è protettivo, in favore di una “liberazione” di forze squassanti che si levano dal profondo. Nella ipotesi ottimale di una qualche possibilità di durata di una società così concepita l’esito non potrebbe essere che quello di una nausea nel vicolo cieco di una libertà inutile, senza scopi, senza mete».

Quando si rileva la tendenza contro natura, se non addirittura transumana, delle ideologie dominanti del Gender, del “Politicamente corretto” e della supremazia della tecnica, forse si dimentica che per Marx il tabù dell’uomo quando opera sulla natura limita e condiziona i comportamenti tra uomini ed uomini e queste limitazioni, con una sorta di circolo vizioso, limiterebbero e condizionerebbero anche l’agire dell’uomo sulla natura stessa, producendo una sorta di rinuncia a modificarla. Il connubio tra uomo e natura, per il “Vate” della società comunista, è possibile solo nell’industria, cioè in un luogo e con strumenti in cui essa possa essere modificata ed alterata.

Inoltre, nella visione marxiana, la stessa coscienza altro non sarebbe che effetto del bisogno. Con l’avvento della società comunista, ogni bisogno sarà soddisfatto e quindi non avrà più ragion d’essere per cui dovrebbe scomparire la coscienza che ne è l’effetto. Non siamo, oggi, di fronte alla scomparsa di ogni consapevolezza della distinzione tra Bene e Male? E cosa è questa forma di nichilismo se non la scomparsa della coscienza? Cioè la scomparsa della distinzione tra ciò che è moralmente e spiritualmente negoziabile e ciò che non lo è in maniera assoluta?

Nel Manifesto del Partito Comunista, Marx non risparmia la famiglia considerandola come una sovrastruttura dell’organizzazione capitalista e della morale “borghese”. Essa riprodurrebbe al suo interno relazioni e rapporti analoghi a quelli che sovraintendono all’organizzazione dell’economia capitalista e, ipocritamente, nasconderebbe una clandestina “comunanza di donne” che l’avvento del comunismo porterà in superficie conferendole una sorta di legittimazione “morale”. «Il borghese vede nella propria moglie un semplice strumento di produzione. Egli sente che gli strumenti di produzione devono essere sfruttati in comune e, naturalmente, non può fare a meno di pensare che la sorte dell’uso in comune colpirà anche le donne. […] Tutt’al più si potrebbe rimproverare ai comunisti di voler sostituire alla comunanza delle donne, ipocritamente celata, una comunanza ufficiale, palese […]».

La stessa abolizione delle patrie, delle nazionalità e dei confini, pur iniziata dallo sviluppo dei commerci e del cosiddetto “mercatismo”, sarà ulteriormente incrementata e completata nella società comunista a dimensione planetaria e globalizzata: «L’isolamento e gli antagonismi nazionali dei popoli vanno via via scomparendo con lo sviluppo della borghesia, con la libertà di commercio, col mercato mondiale, con l’uniformità della produzione industriale e con le condizioni di vita ad essa rispondenti. Il dominio del proletariato li farà scomparire ancora di più.».

Queste poche considerazioni sono sufficienti a dimostrare come la elezione di Elly Schlein alla guida del Partito democratico non libera questo partito e questo mondo dalla sua ipoteca marxista, anzi rischia di favorirne il successo definitivo lasciando ai tanti democristiani che si affannarono a costituirlo il ruolo di leniniani “utili idioti”, al più di novelli Kerensky. Dice in un suo articolo Marcello Veneziani: «Il marxismo non si è realizzato nei paesi che hanno subito il comunismo dove invece ha fallito e ha resistito attraverso l’imposizione poliziesca e totalitaria; si è, invece, realizzato nel suo spirito, laddove nacque e a cui si rivolse, nell’Occidente del capitalismo avanzato. Non scardinò il sistema capitalistico, ma fu l’assistente sociale e culturale nel passaggio dalla vecchia società cristiano-borghese al neocapitalismo nichilista e globale, dal vecchio liberalismo al nuovo spirito radical. Marx definisce il comunismo “il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente”. È lo spirito radical del nostro tempo, cancel e correct 

Certo un’immediata conseguenza di queste posizioni e delle scelte della Schlein potrebbe essere quella di liberare fette di elettorato che si vedono abbandonate dalle tutele del lavoro e dei concreti interessi legati alla loro sopravvivenza. Qualcosa in tal senso è già successo nel laboratorio politico della “Stalingrado d’Italia”: Sesto San Giovanni, ma quel successo rappresenterebbe una vittoria di Pirro se a Destra dovessero prevalere istanze neoliberiste, neothatcheriane e neoreaganiane e incapacità ad andare oltre questi schemi ideologici di un tempo oramai trascorso.

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Leonardo Giordano

Leonardo Giordano su Barbadillo.it

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