Focus. Diciassette momenti di (controffensiva) di primavera

La trama si sviluppa attorno al conflitto interiore di Stierlitz, che deve mantenere la sua copertura di apprezzato ufficiale tedesco e al tempo stesso svolgere missioni di spionaggio cruciali per i destini dell’Urss

17 momenti di primavera

“Ciò che mi ha stupito di più è il modo in cui lo sforzo di un uomo solo poteva raggiungere obiettivi superiori a interi eserciti.”

(Commento di Vladimir Putin su “Diciassette momenti di primavera”)

Non sempre la Rete è prodiga di cose memorabili, ma a volte vi si fanno scoperte davvero preziose: è il caso della serie televisiva “Diciassette momenti di primavera”, prodotta nel 1973 in Unione Sovietica e tratta dai libri dello scrittore e giornalista Yulian Semyonov. Ambientata nelle ultime settimane della Seconda Guerra Mondiale, la serie – diretta da una donna, Tatyana Lioznova – racconta le vicende di Maxim Isaev/Max Otto von Stierlitz, agente segreto russo infiltrato nell’amministrazione nazista. Tutti i dodici episodi si possono reperire su Youtube, in versione originale sottotitolata in inglese. 

La trama si sviluppa attorno al conflitto interiore di Stierlitz, che deve mantenere la sua copertura di apprezzato ufficiale tedesco e al tempo stesso svolgere missioni di spionaggio cruciali per i destini dell’Urss. Il personaggio principale, interpretato magistralmente dal noto attore sovietico Vyacheslav Tikhonov, è un individuo complesso e interessante che si trova costantemente ad affrontare dilemmi etici e pericoli mortali.

Uno degli elementi distintivi di “Diciassette momenti di primavera” è la rappresentazione realistica dei personaggi e degli eventi storici. La serie offre una visione approfondita dell’ideologia nazista e delle dinamiche dell’epoca bellica, mostrando la complessità dei rapporti tra spie e leader politici; ma non manca di prendersi il tempo necessario per esplorare le storie personali dei protagonisti, aggiungendo alla trama un elemento profondamente umano.

17 momenti di primavera

Il tono generale è, né potrebbe essere diversamente, serio e drammatico, con un’attenzione particolare alla fotografia e ai dettagli storici (di grande interesse alcuni filmati originali, come quello della sfilata a Mosca dei prigionieri tedeschi nel 1944); la bellissima colonna sonora, composta dal musicista russo-armeno Mikael Tariverdiev, contribuisce a creare un’atmosfera intensa e coinvolgente. Nonostante la lunghezza (dodici episodi di circa 70 minuti ciascuno) “Diciassette momenti di primavera” riuscì a catturare l’attenzione degli spettatori sovietici – si racconta che le strade fossero totalmente deserte durante la trasmissione delle puntate – e ha continuato a essere amata da molte generazioni successive. La serie ha lasciato un’impronta significativa nella cultura popolare sovietica e ha contribuito a creare un’immagine duratura dell’eroismo, dell’integrità e della lotta contro il nazismo. Stierlitz, da molti considerato “la risposta sovietica a James Bond” (e, dicono i biografi, idolo del Putin prima maniera), ha ovviamente “licenza di uccidere”, ma lo fa in rare occasioni e solo quando la scelta si rivela assolutamente necessaria; le sue preoccupazioni etiche sono sempre ben presenti e cedono soltanto di fronte al dovere nei confronti del suo Paese, costantemente in cima alle sue preoccupazioni.

Un personaggio “edificante”, dunque, Stierlitz, come doveva essere nella pedagogia sovietica, che viveva del culto dell’eroe popolare e della difesa della nazione; ma ricco di aspetti e sfumature che fanno della sua vicenda un racconto da grande cinema.

Assolutamente memorabili le prime puntate, in cui Stierlitz analizza finemente la situazione e le psicologie dei massimi dirigenti nazisti, al fine di comprendere quale di loro possa aver intavolato trattative segrete per una pace separata con gli anglosassoni, che sarebbe stata esiziale per l’Unione Sovietica e che quindi l’agente aveva l’ordine di far fallire. Trasparente, qui, il richiamo a quella “Operazione Sunrise” orchestrata da Allen Dulles, capo dei servizi americani in Svizzera, e dal generale delle SS Karl Wolff – personaggi entrambi presenti nella serie – che, poche settimane prima della caduta di Berlino, causò un durissimo scontro fra Stalin e Roosevelt. 

Noi, nella triste realtà odierna, non abbiamo potuto non pensare, assistendo a questa grande opera di cinquant’anni fa, alla crisi russo-ucraina e ai vari, dichiarati ma poco veritieri, tentativi di risolverla, in una nebbia di guerra che si alza sempre più fitta grazie all’indefessa attività dei due apparati di propaganda. Maskirovka, si sarebbe detto nei tempi staliniani: quella complessa rete di inganni tattici e distrazioni di cui molti militari sovietici erano maestri.

Stierlitz, che pur di mascheramento vive, mostra preoccupazioni etiche che gli impediscono di essere un compiuto personaggio da maskirovka: tali sembrano invece, oggi, i dirigenti di entrambi gli schieramenti, con una menzione particolare per quelli ucraini, poderosamente fiancheggiati dal mainstream euro-atlantico. E mentre siamo ancora in attesa della decisiva “controffensiva di primavera”, preannunciata da mesi da parte di Kiev con forti squilli di tromba; mentre l’Unione Europea si appresta a utilizzare per armi e munizioni parte dei fondi del programma Next Generation EU, concepito per lo sviluppo dei popoli del Vecchio Continente; mentre Ursula von der Leyen e la maggior parte dei nostri leader si riempiono la bocca di slogan bellicosi; mentre tutto questo avviene, la pace che tanto si dice cercata non sembra in realtà voluta da nessuno e tutti gli autoproposti mediatori – con l’esclusione di Papa Francesco – si limitano a trarre l’acqua al proprio mulino.

Insomma, questa irraggiungibile primavera ucraina sembra un susseguirsi non di “diciassette momenti”, ma di momenti senza fine, senza che si veda davvero la luce in fondo al tunnel. Meglio, molto meglio Stierlitz.

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Massimo Lavezzo

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