Le origini del fascismo secondo Giovanni Gentile

Passaggio al Bosco pubblica una raccolta essenziale per individuare il Ventennio nella sua specificità storica ed “ideale”

Origini e dottrina del fascismo di Giovanni Gentile per Passaggio al Bosco

Negli ultimi anni, la giovane casa editrice “identitaria” “Passaggio al Bosco” si sta distinguendo per la eccellente qualità delle sue pubblicazioni, del tutto controcorrente rispetto alle mode ed agli opportunismi di maniera, peraltro in un periodo in cui l’attività editoriale non costituisce certo negozio lucroso, ed in qualche caso può addirittura assumere il carattere di testimonianza e di milizia. Tra le collane presenti in catalogo si possono annoverare, oltre ad alcuni classici del pensiero non conforme, testi inerenti allo sport come superamento di sé (“Plus Ultra”) e al “darsi una forma” (“Agoghé”, in senso spartano), che aiutano a “scolpire l’animo”, eliminando ciò che gli è inessenziale: il tutto, senza dimenticare l’attualità (e, tra le altre, la questione ecologica), con una ispirazione evidentemente jungeriana.

Un testo importante edito da “Passaggio al Bosco” è certamente quello di G. Gentile, Origini e dottrina del fascismo, che andiamo qui a recensire compendiosamente. Si tratta di una raccolta essenziale per individuare il fascismo italiano nella sua specificità storica ed “ideale” – che fece peraltro da traino agli altri fascismi europei –, ma anche nella sua “tensione circolare” che lo fece tornare su se stesso, alle proprie origini, con l’epopea di Salò.

Il post Risorgimento

Nel libro, ove il fascismo è visto come il compimento del Risorgimento e della I guerra mondiale, due ci paiono gli aspetti fondamentali messi in luce dall’A.: lo Stato come totalità organica e corporativa (G. Gentile-B.Mussolini, La dottrina del fascismo, Enciclopedia italiana, 1932, n. 8) e l’”uomo nuovo”, sintesi armonica di pensiero e azione, anche nella prospettiva di un “umanesimo del lavoro” (p. 15), con cui “l’uomo vince la natura e crea il mondo umano” (G. Gentile-B. Mussolini, La dottrina del fascismo, Enciclopedia italiana, 1932, n. 3); quest’ultima prospettiva fu propria, nell’ambito degli studi storico-religiosi, di un Pettazzoni. Vi è da notare qui come il rapporto tra Stato e uomo sia intimo, armonico e simmetrico, nella teoresi di Gentile, visto che il primo, “carne e sangue della nazione”, che “costantemente si fa nella coscienza dell’uomo e del cittadino”, vive nella seconda, “è […] in interiore homine” (p. 17): “lo Stato è dentro noi stessi” (p. 83), realtà “sempre in fieri” eppure “tutta spirituale” (p. 85), trasfigurata “in una creazione continua” (p. 84), “che si attua nella stessa coscienza e volontà dell’individuo” (p. 85).

Stato popolare

Sorprenderebbe chi non fosse abituato a ragionare “storicamente” la lettura che Gentile dà dello Stato fascista come Stato popolare, eminentemente democratico (“E perciò il fascismo è contro la democrazia che ragguaglia il popolo al maggior numero abbassandolo al livello dei più; ma è la forma più schietta di democrazia se il popolo è concepito, come dev’essere, qualitativamente e non quantitativamente, come l’idea più potente perché più morale, più coerente, più vera, che nel popolo si attua quale coscienza e volontà di pochi, anzi di Uno, e quale ideale tende ad attuarsi nella coscienza e volontà di tutti” [G. Gentile-B. Mussolini, La dottrina del fascismo, Enciclopedia italiana, n. 9; poco oltre si aggiunge significativamente “non razza”, anche perché è lo Stato a creare la nazione: n. 10]), e quindi corporativo (v. pp. 89-90; lo Stato è “coscienza e volontà universale dell’uomo nella sua esistenza storica” divenuta “coscienza e volontà popolare” [G. Gentile-B. Mussolini, La dottrina del fascismo, Enciclopedia italiana, 1932, n. 7]), che “esiste in quanto e per quanto lo fa esistere il cittadino” (p. 86); allo stesso tempo, in una proposizione assolutamente stentorea, tanto antiliberale quanto anticattolica, Gentile afferma che “per il fascista, tutto è nello Stato, e nulla di umano o spirituale esiste, e tanto meno ha valore, fuori dello Stato” (G. Gentile-B. Mussolini, La dottrina del fascismo, Enciclopedia italiana, 1932, n. 7). Tra l’altro, nella tendenziale identificazione tra Stato, partito e popolo si è data in effetti una giustificazione del carattere “totalitario” del fascismo; e, d’altra parte, sono qui evidenti le incolmabili distanze del pensiero gentiliano anche rispetto al “platonismo” evoliano. Secondo Gentile, lo Stato non “è”, ma si costruisce dinamicamente come “processo di attuazione di una idealità universale mai esauribile in una particolare situazione storica” (p. 18 [E. Gentile]); addirittura, esso sarebbe in costante divenire, all’interno di un processo di “eterna rivoluzione” (p. 17 [V. Benedetti]).  

Distruzione creatrice e misticismo

Nella prefazione, A. Scianca cita lo stesso E. Gentile, che ha affermato che “il tipo dell’italiano nuovo immaginato da Gentile era Mussolini […]: e in Mussolini era espressa l’essenza del fascismo” (p. 13). I mazziniani trovarono in Mussolini la “volontà fiammeggiante” che cercavano (p. 54): “volontà rivoluzionaria? Sì, perché costruttiva di un nuovo Stato” (p. 57). Per costruire il nuovo Stato (ed il nuovo uomo) vi era bisogno di una autentica “distruzione creatrice” al servizio dell’”Idea”, che, però, specie in Italia non ebbe pieno successo, pur conferendo al fenomeno fascista un carattere “metapolitico” o, se si vuole, religioso: il fascismo è quindi anche politica, ma, più nel profondo, una “visione del mondo” (G. Gentile-B. Mussolini, La dottrina del fascismo, Enciclopedia italiana, 1932, n. 1), finanche “una concezione religiosa” (ibidem, n. 5). In questo senso, il fascismo fu il veicolo “metapolitico” attraverso cui si operò il risveglio della ”coscienza mitica” propria di Roma: studiarlo solo come fenomeno storico (o economico!), o anche “politico”, determina un grado di incomprensione intollerabile ad una retta analisi.    

Le radici del fascismo 

Senza sottovalutazione del contesto storico, le origini ideologiche del fascismo sono individuate da Gentile nell’idealismo, nazionalismo, sindacalismo (cap. IV), e nello squadrismo (cap. VIII); e, ciononostante, le sue origini ideali starebbero “in una più profonda intuizione della vita, da cui il principio politico scaturisce” (p. 77). Nel sindacalismo i giovani socialisti italiani trovarono la negazione del parlamentarismo demo-liberale e “una fede in una realtà morale, puramente ideale”, per cui sacrificarsi: ciò configurò anche il porsi e l’attivarsi di uno degli elementi centrali dell’”uomo nuovo”, ossia la concezione della vita come dovere e apostolato (p. 44) al servizio della nazione-Stato, intesa in senso “spirituale” (da Mazzini), in cui solo il cittadino-lavoratore poteva degnamente realizzarsi. A questo proposito, si potrebbe affermare che il fascismo nacque intellettualmente in Francia (Sorel, sindacalismo nazionale), politicamente in Italia. Inoltre, sindacalisti, nazionalisti e idealisti, corroborati dal loro convergere nella adesione alla concezione mazziniana di vita e cultura, “sono novatori che si richiamano alla tradizione” (p. 45).

Metodo politico totalitario

È interessante notare come per Gentile la dottrina fascista sia un “metodo politico totalitario” (pp. 75-77) più che un “sistema” filosofico, religioso o politico, che nasce come “concezione dello Stato” (p. 77). Essa si forma insieme allo svolgersi delle vicende storiche, come “principio di carattere universale nell’atto del suo svolgimento” (p. 74), in cui la formulazione è contemporanea all’attuazione, ossia in cui, ancora mazzinianamente, pensiero e azione coincidono, e la seconda legittima il primo (pp. 69-70).     

Particolarmente significative, infine, risultano le riflessioni dell’Aautore ne “La filosofia del fascismo”, riportata in appendice. Per il fascista, afferma Gentile, la filosofia è una “filosofia della prassi”, che “si enuncia ed afferma non con la formula ma con l’azione” (p. 101). Da ciò discende il cd. “stile fascista”, che si manifesta in una condotta austera, “forma della concezione fascista”, il cui contenuto ruota attorno al concetto di Stato, “autorità” e “potenza” (G. Gentile-B. Mussolini, La dottrina del fascismo, Enciclopedia italiana, 1932, n. 11), “anima dell’anima” (ibidem, n. 12), personalità sovrana in quanto volontà e coscienza “superiori”, attraverso cui solo “si può attuare la libertà”, in modo “più liberale dello stesso Stato liberale” (pp. 101-103; cfr. G. Gentile-B. Mussolini, La dottrina del fascismo, Enciclopedia italiana, 1932, n. 7). Dottrina dello Stato ed “estetica politica” (risolta nella simultaneità di pensiero e azione: “il fascismo è azione a cui è immanente una dottrina”, “concezione storica” con “un contenuto ideale” [ibidem, n. 1 e n. 6: “fuori della storia l’uomo è nulla”]), in una audace integrazione “metapolitica” tra macrocosmo-Stato e microcosmo-uomo, costituiscono quindi il nucleo di ciò che è fascismo secondo il suo filosofo “ufficiale”.

*G. Gentile, Origini e dottrina del fascismo, Passaggio al Bosco 2020, pp. 118, euro 12

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Marco Toti

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