Segnalibro. Arno Breker, uno scultore della modernità che si richiamava ai classici

Per Jean Cocteau era "il più vitale degli scultori contemporanei". Dopo la seconda guerra mondiale subì discriminazioni finché lo Stato tedesco gli dedicò un museo in un castello medievale a Noervenich

Orfeo e Euridice di Arno Breker

Lo scultore tedesco Arno Breker (1900-1991) ha lasciato nel mondo dell’arte un segno non trascurabile. La sua vita è stata una contraddizione con i propri tempi e la sua bravura e gentilezza d’animo lo hanno alla fine danneggiato.

Per Jean Cocteau era “il più vitale degli scultori contemporanei”, per Charles Despiau “apre una nuova dimensione nella rappresentazione dell’uomo” mentre Aristide Maillol lo definì, forse esagerando, “il Michelangelo del XX secolo”.

Il padre era un bravo scalpellino, e il giovane Arno già adolescente fu attratto dalla scultura al punto di dedicare tutto il proprio tempo all’arte. Giovanissimo si trasferì a Parigi ed entrò in contatto con gli artisti di quel crocevia internazionale che era la capitale francese, e trascorse in seguito il 1933 in Italia dove ammirò le sculture dei massimi artisti che la storia aveva espresso attraverso i secoli. Assorbì lo stile classico e la sua arte fu orientata verso quello stile. In quel tempo al potere in Germania c’era il nazionalsocialismo e Adolf Hitler apprezzò le sue opere che potevano essere di supporto allo stile architettonico individuato dall’architetto Albert Speer, per Berlino. Era la nuova Germania, che doveva creare l’uomo nuovo – negli intendimenti di Hitler – ma anche un’estetica nuova, proprio nel periodo in cui l’arte astratta (ribattezzata in Germania “arte degenerata”) si stava affermando in Europa.

Il lavoro scultoreo di Breker riproponeva una visione etica e di consonanze con il mondo classico greco. Lo scultore ebbe molte committenze dallo Stato e affiancò nel lavoro Speer per il quale realizzò statue in bronzo e in marmo di Carrara, altorilievi, busti. Fu invitato a esporre le proprie opere a Parigi, all’Orangerie des Tuileries, dal 2 al 31 agosto del 1942. La mostra riscosse successo. Ora le edizioni Thule Italia hanno pubblicato un libro sull’opera dell’artista Arno Breker partendo proprio da quella mostra. E’ riprodotto un saggio di Albert Buesche sull’uomo, l’opera, il suo lascito, una biografia anno per anno e la riproduzione di un ampio numero di immagini delle opere dell’artista tedesco e, al termine, alcuni brevi suoi scritti.

Breker intervenne più volte per aiutare persone perseguitate dal Terzo Reich per ragioni religiose o politiche. E intervenne anche per salvare la vita al mercante ebreo Albert Flechtheim e l’editore Peter Suhrkamp. Quando gli angloamricani chiesero il suo pentimento, Breker rifiutò di esprimersi. Rispose:

“Di che cosa mai dovrei pentirmi? Né il caso né la mia vocazione personale mi hanno mai fatto assumere alcun incarico politico. Io non ero altro che uno scultore”.

Le opere esposte nella mostra del 1942, lasciate nella capitale francese, furono confiscate nel 1945 dalle truppe alleate. Delle opere realizzate fra il 1938 e il 1945 circa il 90 per cento furono distrutte o rubate dalle truppe alleate. Breker continuò a lavorare fino alla morte, sopraggiunta nel 1991, quando lo Stato tedesco aveva già allestito il museo Breker nel castello di Noervenich.

Albert Buesche (a cura), Arno Breker, Thule Italia ed., pagg. 327, euro 30

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Manlio Triggiani

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