La storia. Il comandante Edoardo Sala, parà della Folgore che ebbe l’onore delle armi dagli angloamericani

Per i combattimenti sul lungomare laziale del 1944 ottenne la quarta medaglia d'argento e la Croce di Ferro germanica

Il comandante Edoardo Sala

Edoardo Sala nasce nel 1913 in Romania, a Sulina, piccolo paese e porto franco del distretto di Tulcea nel Delta del Danubio, da famiglia genovese, dove il padre Eugenio si era stabilito per ragioni di lavoro essendo funzionario di una compagnia di navigazione fluviale.

La formazione

Il giovane vive in Romania fino al conseguimento del diploma superiore di studi classici. Rientrato in Patria, si iscrive all’università di Roma e si laurea in Scienze Politiche.

Nel 1933-’34 frequenta il corso ufficiali che lo qualifica sottotenente degli Alpini. Trattenuto in servizio, nel ’36 chiede di essere assegnato al Corpo Italiano Truppe Volontarie e nel 1937 partecipa in Spagna alla guerra civile con il 2° Reg.to delle Frecce Nere, gruppo di assalto delle Camice Nere. Partecipa alle battaglie di Aragona, dell’Ebro, di Catalogna e Bilbao rimanendo ferito ripetutamente. Per il valore mostrato in combattimento viene decorato con Croce di Guerra, Medaglia d’Argento, Medaglia di Bronzo e Croce di Guerra spagnola. Nel ’39 rientra in Italia e viene nominato Tenente in SPE (servizio permanente effettivo) per merito di guerra.

La guerra

Nel 1940, quando l’Italia è costretta a entrare in guerra accanto all’alleato germanico “contro le potenze demoplutocratiche”, viene assegnato al 17° Fanteria  Acqui dislocato sul fronte di guerra delle Alpi e per un breve tempo in Albania. Nello stesso anno, chiamato dalla sua innata vocazione, accede alla Scuola Paracadutisti di Tarquinia, dove nel marzo del ’41 ottiene il brevetto. Viene assegnato alla 9^ Cp dei parà e nel ’42 acquisisce la specializzazione di guastatore presso la Scuola di Civitavecchia. Nel ’43, promosso Capitano, gli viene assegnato il comando del 3° Btg. Paracadutisti del Reg.to Nembo. Nella primavera dello stesso anno, il fronte est in Venezia Giulia, diviene infido e pericoloso per la pressione esercitata dagli slavi; pertanto lo S.M. invia sul fronte il 3° Btg. al comando del Cap. Sala. Qui il nostro, assieme ai suoi valorosi, fa assaggiare la tempra dell’acciaio dei paracadutisti italiani e guadagna un’altra decorazione.

Frattanto gli eventi bellici incalzano, i traditori tramano e preparano l’invasione.

Proprio in funzione di ciò, poco prima del colpo di stato badogliano del 25 luglio 1943, i reparti d’élite fedeli al regime vengono allontanati più che si può da Roma; fra questi l’intero 185° Rgt. Nembo, che viene assegnato alla Sicilia. Qui i paracadutisti di Sala non si risparmiano, contrastano metro per metro l’avanzata preponderante del nemico subendo morti e feriti.

La Repubblica di Salò

L’8 settembre 1943, data nefanda della resa senza condizioni camuffata dall’armistizio, coglie Sala e i suoi uomini in Calabria durante gli aspri combattimenti contro i canadesi. In questa data ogni italiano è chiamato a scegliere.

«Quella notte il suo cuore di soldato leale e valoroso fu sconvolto dal dolore della guerra perduta in modo così mortificante» dice Nino Arena. Egli cerca in tutti i modi di contattare i «superiori» per avere ordini, infine invia il seguente messaggio: «Il nemico non deve avere le nostre armi e noi le portiamo in salvo perché alla Patria possono ancora servire e la nostra fede e la nostra vita anche. Per l’onore d’Italia. 9 settembre 1943, ore 22,00». Edoardo Sala ha scelto. Dalla frase «Per l’onore d’Italia» dipenderà tutta l’epopea della RSI (Repubblica Sociale italiana).

Frattanto i paracadutisti del 3° Btg. trovano abbandonato  a Soveria Mannelli (Cz) un rotolo di nastro nero con bordo tricolore. Con animo di combattente e di vero italiano il Comandante raduna gli uomini e spiega che non si tratta di una resa ma di tradimento dei sodali germanici. Tutti vogliono continuare a onorare l’alleanza e pertanto viene distribuito a ogni militare un pezzetto di quel nastrino tricolore con la scritta: “8 settembre 1943 Per l’onore d’Italia” da cucire sulla manica della giubba.

La guerra continua e il 13 settembre durante il ripiegamento verso nord il Capitano rimane intrappolato sotto un automezzo colpito da bombardamento e, dopo un breve periodo di ricovero in un ospedale da campo, il 19 riprende l’iniziativa.

Subito dopo il 3° Btg. si schiera con il reparto di granatieri tedeschi, la 29^ Panzer, presso Salerno, zona di sbarco degli invasori anglo-americani. Qui il reparto di Sala viene aggregato ai “diavoli verdi” dei Fallschirmjager, i parà tedeschi. Strada facendo sul litorale laziale il capitano Sala arruola volontari, fra cui Nino Arena. Frattanto il Duce, dopo essere stato liberato dai parà tedeschi, dà vita alla RSI.

Il 27 aprile 1944 il Ministero delle FF.AA. decide la costituzione del Reg.to Folgore. L’arruolamento di numerosi volontari viene effettuato nei Centri di Pistoia e Spoleto mentre a Tradate (Va) nasce la nuova scuola di paracadutismo. La divisa è grigio azzurra, le insegne sono della ANR (Aeronautica Nazionale Repubblicana).

Nel maggio ’44 il Reg.to Folgore viene inviato nel litorale laziale per contrastare l’invasione e difendere Roma. Il 4 giugno a Castel di Decima, in un violento impari conflitto, muore il comandante del reparto Magg. Mario Rizzatti, M.O.V.M. alla memoria. Il giovane Capitano Edoardo prende il comando del battaglione e lo guida in un vincente contrattacco immobilizzando personalmente i reparti inglesi che volevano occupare Roma da sud. Per questa azione il valoroso Ufficiale viene promosso sul campo e gli viene assegnata la quarta medaglia d’argento e la Croce di Ferro germanica. Il maggiore Sala ha 31 anni; per la difesa di Roma il Reg.to ha perso il 40% degli uomini.

La Folgore

All’inizio del ’45 il Reg.to Folgore viene assegnato sul fronte delle Alpi al comando del Magg. Sala e viene inserito nell’Armata Liguria comandata dal Mar. Rodolfo Graziani.

Gli avvenimenti incalzano e la guerra fratricida appare nella sua mostruosità: gli italioti uccidono e tendono agguati ai nostri soldati e anche in questo caso il Comandante risolve con serietà e umanità i problemi della gente terrorizzata dai banditi che la taglieggiavano.

Il reparto si distingue sul Monginevro, sul Moncenisio, sul Piccolo San Bernardo.

I francesi, forti dell’avanzata anglo-americana nel resto d’Italia, attaccano in Valle d’Aosta ma qui trovano i petti d’acciaio del Folgore che rendono vano ogni tentativo fino all’arrivo degli americani. I Folgorini proteggono gli italiani garantendo sicurezza e sopravvivenza distribuendo anche viveri. Il 25 aprile 1945, giorno della resa separata dei tedeschi, si asserragliano nella caserma Testafochi di Aosta rifiutando la resa senza condizioni ai partigiani e, come a Gebel Kalach (Africa), risuona «Il Folgore non si arrende, i paracadutisti non cedono le armi».

Il 1 maggio, quando ogni sforzo è vano, escono in perfetta formazione e si ritirano a Saint Vincent (Aosta). Il 3 dello stesso mese i parlamentari americani propongono l’incontro con il Comandante e, poiché ne riconoscono il valore e l’onore, gli chiedono la consegna delle chiavi dell’armeria. Alla fine le truppe anglo-americane tributano loro l’onore delle armi.

Il 5 maggio il Comandante Sala parla per l’ultima volta al Reparto e, come il Magg. Zanninovich a El Alamein nel ’42, presenta la forza dei resti della Folgore: «Non un drappo bianco si è alzato, nessuno si è arreso». Il labaro del Reg.to viene diviso in pezzettini e distribuito a tutti i Folgorini mentre intonano la “Preghiera del Legionario”. Gli indomiti Leoni Paracadutisti vengono caricati su dei camion e trasportati a Coltano, nel campo di concentramento vicino Pisa. Durante il viaggio incrociano a Piacenza, nei pressi di un ponte sul Po, il Gruppo di Combattimento Folgore del regno del Sud aggregato agli invasori e a questo punto scoppia l’amore dei paracadutisti, lo spirito di corpo: si annullano le divisioni e ci si abbraccia perché tutti italiani, consapevoli di avere fatto il proprio dovere, ciascuno a suo modo, per avere servito la Patria.

Le responsabilità

Ma seguono i giorni dell’odio, le torture, gli assassinii, i processi faziosi e le condanne inique, i giorni di quando i vili divennero eroi. Il Comandante Sala si addossa tutte le “colpe” dei suoi soldati e li incoraggia a sopportare il carcere con dignità; successivamente fa iniziare ai pochi rimasti in libertà il recupero dei caduti per seppellirli dignitosamente.

Ma l’Indomito, uomo di cultura e d’animo nobile, in carcere scrive poesie dedicate ai paracadutisti caduti: «…come angeli vi penso….» e frattanto costituisce una catena di fraternità per rinforzare lo spirito di corpo che caratterizza i parà.

Espiate le “colpe” (eccesso di senso dell’onore), nel 1951 viene messo in libertà, riabilitato e reintegrato nel solo grado. Senza lavoro comincia a vendere libri e sfruttando la sua innata dote creativa trasforma vecchie serrature e chiavi in oggetti d’arte. Viaggia con una Vespa e poi con una 600. In seguito riesce ad avere un importante incarico direttivo in una organizzazione editoriale e così fa lavorare altri paracadutisti epurati come lui.

Presidente dell’Anpd’I

Diviene punto di riferimento per il riscatto e nel 1959 viene eletto Presidente dell’Associazione d’Arma di Roma e  Presidente onorario dell’ANPd’I (Associazione Nazionale Paracadutisti d’Italia). Promuove la riunione di tutti i paracadutisti combattenti e fonda il periodico Fune di vincolo assieme a Nino Arena, con il quale inoltre collabora alla redazione dei libri Rgt. Paracadutisti Folgore della RSI e Per l’onore d’Italia. Scrive anche un libretto con i discorsi commemorativi e consegna ai camerati paracadutisti il “congedo” per ringraziare tutti coloro che avevano combattuto per la RSI. Inventa la “medaglia commemorativa” per surrogare la Croce di Guerra spettante ai combattenti ma negata ai “Ragazzi di Salò”.

Nonostante tutto, il Comandante Sala rimane un mito. Ovunque andasse, riscuoteva un enorme rispetto come testimoniato da un associato X Mas presente a Treviso nel 1984 durante il raduno nazionale dei paracadutisti: «Mentre aspettavamo, fu annunciato l’ingresso del gen. Gay, eroico ufficiale dello Squadrone F del CIL che fu accolto da un corale applauso e con vivo entusiasmo. Subito dopo entrò alla chetichella un anziano distinto signore e TUTTI i presenti si alzarono in piedi e salutarono con un boato che fece tremare le lamiere del capannone. Un vicino ci disse: È il Comandante SALA della RSI».

«La comare secca», come lui definiva la morte, raggiunge il Maggiore Edoardo Sala, Comandante del Rgt. Arditi Paracadutisti Folgore della RSI, il 14 ottobre 1998 a Fresonara di Alessandria. Viene tumulato nel Cimitero del Verano a Roma, nella tomba comune degli Arditi Paracadutisti della RSI, con i suoi ragazzi, a presidio dell’Italia (la tomba fu voluta dalla famiglia del parà Camuncoli, caduto a 16 anni – n.d.a.).

Noi, semplicemente annichiliti da tanto Amore di Patria, uniamo le nostre umili risorse, riscattiamoci dalla servitù, rinasciamo con un possente ruggito da leoni, urliamo un altissimo «FOLGORE!» anche nel nome del Maggiore par. Edoardo Sala.

FONTI:

Edoardo Sala – Nino Arena:

Nino Arena, Ricordo del Comandante Edoardo Sala, in: www.italia-rsi.org.

Aldo Arcari:

Aldo Giorleo:

Folgore, rivista dell’ANPd’I, Maggio 2007.

Ercolina Milanesi, “Folgore” una legione d’eroi, in: www.ercolinamilanesi.com

Reggimento Ardito Paracadutisti “Folgore”, in: www.paracadutistimilano.it

www.bascogrigioverde.blogspot.com;

www.nembo.info.it

@barbadilloit

Paolo Francesco Lo Dico

Paolo Francesco Lo Dico su Barbadillo.it

Exit mobile version