Focus. L’odio anti-Juve non sta uccidendo solo la Vecchia Signora e i suoi sostenitori

L'apocalisse bianconera e i travagli del tifoso italiano davanti al declino del movimento calcistico tricolore

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Autore: enki22

L’ho già scritto tante volte, ma lo ripeto. Per me il tifo calcistico, il modo in cui lo si vive, è il principale e più attendibile indicatore per comprendere la natura profonda di un individuo, la sua reale personalità; soprattutto per coglierne limiti e difetti che, senza questa cartina di tornasole, potrebbero benissimo rimanere celati. C’è da dire che non tutti gli esseri umani, e meno male, sono tifosi di calcio, ma in Italia sono comunque talmente tanti – tra quelli accesi e quelli blandi, ovviamente con una netta prevalenza numerica dei maschi sulle femmine – da consentirmi lo scandaglio di un sacco di gente.

Il parametro fondamentale è il rapporto di costoro nei confronti della Juventus: sia che, come il sottoscritto, la Juve la tifino (non mancano certo, tra i supporter bianconeri, coloro che nel tifare Juve si dimostrano degli stolti) sia che non la tifino. Dal momento, però, che l’ostilità nei confronti della Juventus è – per intensità e diffusione – uno dei più rimarchevoli fenomeni sociali del nostro paese, tanto da avere generato una vera e propria categoria, quella dell’antijuventinismo, il mio interesse è segnatamente rivolto a comportamenti e reazioni di coloro che della Signora tifosi non sono.

D’altra parte è bene tener presente che, se gli juventini rappresentano la maggioranza relativa tra i calciofili italiani, essi sono in assoluto la minoranza, dunque i non juventini costituiscono una fetta enorme – appunto la fetta maggioritaria – del tifo nostrano. E l’antijuventinismo è un cemento che livella in maniera eclatante ogni appartenenza tifosa, per cui dinnanzi alla Juve qualsiasi rivalità evapora come fumo di sigaretta e diviene impossibile distinguere – ammesso che differenze sostanziali sussistano realmente – tra un milanista e un interista, un romanista e un laziale, un fiorentino e un napoletano, un torinista e un atalantino (senza contare i tanti tifosi di squadre minori che nel praticare l’antijuventinismo si attribuiscono un’importanza che non hanno, autoelevandosi a rivali dei bianconeri). Insomma, una massa informe caratterizzata unicamente da una malevola ossessione nei riguardi della Juventus.

E chi non salta è un gobbo juventino…

Ciò che, con grande sconforto, ho potuto verificare senza possibilità di errore – e il fenomeno è da anni in costante peggioramento – è che anche persone per il resto stimabili, razionali, intellettualmente rette, di fronte alla Juventus si rivelano faziose, aggressive, ottuse, paranoiche, persino disoneste. Al cospetto della Juve, insomma, e soltanto in questo caso, non riescono a reprimere il lato oscuro che normalmente tengono a bada. Accade così che, con la Juve, il riflessivo diviene impulsivo, il garantista si tramuta in assertore della giustizia sommaria, l’educato diventa privo di creanza, il rispettoso assume le sembianze del teppista, il non violento si fa minaccioso e, soprattutto, l’uomo o la donna imparziali smarriscono ogni barlume di obiettività. Sia chiaro, esistono le eccezioni: vivendo a Roma, conto fra le mie frequentazioni tante conoscenze, compresi amici tra i più cari, di fede giallorossa o biancoceleste (più qualche interista), e fra queste non manca chi è capace di non farsi sopraffare dal proprio lato barbaro e ferino allorché si occupi di Juve. Per l’appunto, però, di eccezioni si tratta: nella maggioranza dei casi il Mister Hyde non soltanto emerge ma addirittura impazza, furoreggia. Per dare un’idea di quanto la piaga dell’antijuventinismo abbia assunto, nel tempo, connotati altamente patologici, riporterò un caso personale. Ho due figli maschi ancora piccoli, uno di dieci e uno di sei anni. Naturalmente ho cercato da subito, da buon papà tifoso, di farli interessare alla Juventus, ma senza ottenere grandi risultati. Quest’estate si è verificata però una svolta: entrambi, pur senza seguire ancora le partite (il che, specialmente nel caso del più grande, è per me motivo di preoccupazione), sono diventati juventini accaniti. E lo sono diventati per reazione. Tutti e due mi hanno infatti raccontato, e in un’occasione ho potuto anche verificarlo personalmente, come sia al centro estivo sia a un campo scout (quest’ultimo frequentato solo dal più grande), dunque in contesti assolutamente extra calcistici, ascoltassero continuamente cori contro la Juventus, in particolare il famigerato «E chi non salta è un gobbo juventino» sulle notte del brano Sarà perché ti amo dei Ricchi e Poveri, recentemente diffuso – visto che la realtà, specie nel peggio, è solita superare l’immaginazione – anche agli Europei a squadre di atletica in Polonia per «festeggiare» la vittoria della compagine azzurra. La gratuità e la frequenza di tali cori ha inevitabilmente e giustamente turbato e amareggiato i miei figli, che me ne hanno chiesto spiegazione. Spiegazione che, sebbene l’impresa non sia stata facile, ho provato a fornirgli. L’unica parziale consolazione, dicevo, è che una tale deriva e un tale degrado hanno generato in loro, ex malo bonum, un inatteso ma feroce, quasi protettivo, attaccamento ai colori bianconeri.

Una persecuzione che dura da trent’anni

Fatta questa lunga ma necessaria premessa, veniamo a quello che è il vero tema del mio articolo. C’è un dato non discutibile: da una trentina d’anni – cioè da quando, con l’approdo in dirigenza nel 1994 di Antonio Giraudo, Luciano Moggi e Roberto Bettega, la Juve è tornata a occupare stabilmente i vertici del calcio – che in Italia opera un movimento spontaneamente costituitosi, eterogeneo e trasversale ma straordinariamente compattato dai sentimenti dell’odio, dell’invidia e della frustrazione, il cui fine è quello di rendere impossibile alla Juventus agire come una normale squadra di calcio.

Lo scopo ultimo è esattamente questo: non consentire mai, in nessuna circostanza, alla società torinese di svolgere la propria attività in maniera serena, tranquilla, lineare, come sarebbe suo pieno diritto e come accadrebbe in qualsiasi altra nazione del mondo (si pensi alla Germania, dove gli undici – se a undici i bavaresi si fermeranno – campionati di seguito vinti dal Bayern Monaco non hanno indotto nessuno a reazioni anche lontanamente simili a quelle originate dai nove scudetti consecutivi dei bianconeri).

E, così facendo, arrecare alla Juve dei danni – materiali, morali, psicologici – che possano avere ripercussioni negative in grado di agevolare i percorsi sportivi delle concorrenti. Non starò qui ripercorrere nei dettagli il ben noto stillicidio a cui la Juventus, con conseguenze rilevantissime, è stata sottoposta senza interruzioni negli ultimi tre decenni da giustizia sportiva e ordinaria, dai mezzi d’informazione, dalla pubblica opinione, mentre tutte le altre società restavano sostanzialmente indisturbate o, in taluni casi, beneficiavano della persecuzione contro i bianconeri.

Consapevole di dimenticare qualcosa, citerò rapidamente – assieme al costante bombardamento di moviole ed editoriali tendenziosi – il caso doping, Calciopoli, le indagini sull’acquisto del terreno della Continassa, l’acciaio scadente dello Stadium, l’esame di Suarez a Perugia, le plusvalenze. Ma, venendo all’oggi, si osserva facilmente come, in attesa di qualche altra iniziativa giudiziaria più o meno campata per aria, sia diventato letteralmente impraticabile per la Juventus disputare un incontro di calcio, qualunque esso sia, senza finire oggetto di accuse prive di fondamento e senza subire processi mediatici il cui livello di obiettività è all’incirca quello dei processi staliniani.

In questo campionato si è cominciato subito, con la prima partita, quella contro l’Udinese, nella quale il fronte antijuventino si è messo a polemizzare, nel contesto di un match terminato 3-0 per la Juve, per un rigore assegnato ai bianconeri in seguito a un fallo di mano solare commesso nella propria area da un giocatore friulano.

Arbitri, media e opinione pubblica: sempre due pesi e due misure

Il mani del difensore udinese Ebosele contro la Juve

Cosa significa questo? Significa che qualsiasi episodio che (a torto o a ragione, ciò è completamente irrilevante) non vada a danno della Juventus, anche l’episodio meno sindacabile come appunto il mani del difensore udinese Ebosele (che a parti invertite sarebbe stato considerato da tutti, juventini compresi, un rigore grosso come una casa), può essere preso a pretesto per dare tormento alla Juve: senza che la cosa indigni o disgusti nessuno, ma avendo anzi la certezza di trovare udienza e seguito un po’ ovunque e a tutti i livelli. Lo si è visto, da ultimo, con la sospensione per un mese del direttore di gara Di Bello e del varista Fourneau per l’arbitraggio di Juventus-Bologna 1-1. Non a caso è di queste ore un dialogo Calvo-Elkann, legato al “malore diplomatico” di Massimiliano Allegri  dopo la gara con gli emiliani…

Sospensione non per non avere assegnato, oltre al rigore a favore del Bologna, un rigore nettissimo per fallo su Chiesa e uno quasi certo per tocco di mano del bolognese Lucumi, ma solo in ragione dell’episodio che ha sfavorito gli emiliani. L’Associazione Italiana Arbitri, insomma, si è perfettamente allineata – e non è certo la prima volta – alla gran parte dei media, che ha dato peso esclusivamente alla decisione arbitrale che avrebbe penalizzato il Bologna trascurando senza pudore quelle contrarie alla Juve.

Storia vecchia, beninteso, se è vero che già nel 2004 l’allora presidente della Figc Franco Carraro raccomandava via telefono al designatore Paolo Bergamo, alla vigilia di un match contro l’Inter, di sbagliare – se proprio sbagliare si doveva – sempre e comunque contro la Juventus, mai a suo vantaggio. Tuttavia è chiaro che, se dopo il più incredibile errore nella storia del Var, quello dello scorso campionato in cui all’ultimo secondo venne annullato alla Juve un regolarissimo gol vittoria – e su questo non ci piove, a differenza di un rigore che può sempre venire fallito – contro la Salernitana, il presidente attuale della FIGC, Gabriele Gravina, ebbe a dichiarare «Diamoci una calmata, si tratta di un episodio dopo sei giornate», senza che né arbitro né varisti ricevessero alcuna sanzione, mentre stavolta – alla seconda giornata, non alla sesta – piovono punizioni inflitte, lo ripeto, esclusivamente per l’errore che ha danneggiato gli avversari della Juventus, quale sia il clima in Italia lo vede chiunque.

Lo vedono anche gli antijuventini, ovviamente, anche se con l’abituale disonestà lo negano. Di più: lo vedono e, oltre a negarlo, se ne compiacciono, dato che ciò, oltre a preludere a futuri e ulteriori arbitraggi contro la Juventus (dai quali i direttori di gara non ricevono nessun nocumento ma semmai la garanzia di un plauso generalizzato), evidenzia come il movimento antijuventino – entità all’apparenza evanescente ma nei fatti concretissima, iperattiva ed eccezionalmente capace di proseliti – abbia oramai raggiunto il suo obiettivo. Ossia erodere progressivamente agibilità alla Juve fino a togliergliela del tutto. In pratica, uccidere la Juventus.

Non si può più essere «tiepidi»

Cosa si può fare, giunti a questo punto? O meglio: si può ancora fare qualcosa, tenendo anche conto dell’assoluta disparità di forze in campo? Innanzitutto, nella vita di tutti i giorni, è opportuno che uno juventino – io mi regolo così già da un po’ – non conceda mai né spazio né udienza alle provocazioni e ai deliri di eventuali interlocutori antijuventini, facendo loro capire con chiarezza che non si è interessati a quel che dicono, che non li si considera degni di replica (se non al limite sotto forma di insulto) e che è opportuno che impieghino diversamente il proprio tempo.

Ignorarli, in buona sostanza, possibilmente facendo loro avvertire il disprezzo che suscitano. Poi è cosa buona e giusta ridurre al minimo i contributi economici al movimento calcistico italiano nella sua totalità (il calo costante degli spettatori delle partite di Serie A, in particolare di quelle con la Juve, è in tal senso un fatto certamente positivo). Infine, benché sia non tardi ma tardissimo, è davvero ora che la società Juventus si scuota dal suo torpore e cominci a ribattere colpo su colpo in tutte le sedi e in tutti i modi nei quali vi sia modo di farlo.

Pare che, al termine di Juventus-Bologna, il finto malore di Allegri che ha portato davanti ai microfoni il vice Landucci celasse in realtà la rabbia dell’allenatore non solo per il trattamento arbitrale ricevuto e per le plateali e grottesche lamentele felsinee, ma anche per l’insopportabile e inscalfibile passività della sua dirigenza di fronte alle calunnie, alla ricerca di alibi e alla spudoratezza altrui. Se le cose stanno realmente così, allora il mister ha non una ma centomila ragioni (ed è quindi auspicabile che lui per primo cominci a regolarsi di conseguenza).

Basta fare i tiepidi, basta! È un’esortazione che arriva, nientemeno, dalle Sacre scritture: «Io conosco le tue opere, tu non sei né freddo né caldo. Oh, fossi tu freddo o caldo! Così, poiché sei tiepido e non sei né freddo né caldo, io ti vomiterò dalla mia bocca». Lo si legge nell’Apocalisse. E «apocalisse» significa, guarda caso, «disvelamento». Sì, cara Juventus, è giunta l’ora – ma già da un pezzo, in verità – di togliersi il velo dagli occhi e di iniziare a guardare la realtà per quello che è. E non è affatto una bella realtà.

@barbadilloit

Giuseppe Pollicelli

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