Sublimazione della bontà e fratellanza universale nella problematica religiosa di Eça de Queiroz. Seconda parte

Brunello Natale De Cusatis: "La santità nel viaggio di San Cristoforo dall'Antico Egitto a San Francesco d'Assisi"

A ben vedere, il São Frei Gil e il Santo Onofre sono due esempi di lenda agiografica totalmente edificante dal punto di vista sia della (ri)comprensione della religiosità sia della morale cristiana. Se qualcuno le leggesse per la prima volta, a scatola chiusa, ossia, senza conoscerne la paternità, probabilmente non esiterebbe ad attribuirle a un fervente cattolico….

Noi sappiamo, tuttavia, chi è il loro autore e sappiamo anche come egli preferisca un tipo di santità che abbia anche e soprattutto una connotazione sociale, religiosamente francescana. Il che non ci deve meravigliare, considerando che il francescanesimo, l’insieme degli ideali francescani di povertà, carità e amore verso ogni creatura, è uno dei cardini della mentalità e delle riflessioni queirosiane, facilmente identificabile anche in alcuni romanzi – è il caso, ad esempio, de A Cidade e as Serras [cfr. BRANCO, 1993]. In altri termini, Eça de Queiroz tende a contestare sia la condizione del santo eremita, che è in parte quella di Sant’Onofrio, sia – nelle parole di António Sérgio – la «reclusa saggezza della contemplazione solitaria» o la «soluzione della bucolica vita quietistica» alla San Frei Gil di Vouzela [cfr. SÉRGIO, 1971: 108-109].

Per Eça, condizioni primarie della santità sono il lavoro e le opere realizzate per il bene del prossimo, la carità attiva, il mettersi al servizio dei poveri e degli oppressi, diventandone la guida tanto spirituale quanto, se risulta necessario, materiale.

Ebbene, tutte queste condizioni le ritroviamo espresse nella figura e nell’azione di San Cristoforo. È nella lenda agiografica di Cristoforo che maggiormente si coglie il sentimento di fratellanza universale, intesa da Eça, per il tramite del suo Santo, come vera e propria sublimazione della bontà, una bontà che oltre al prossimo, agli uomini uniti in una pacifica comunanza, si estende anche a tutti gli altri esseri del creato, agli animali, alle piante, perfino ai quattro elementi e al regno minerale, insomma, all’Universo Intero:

 

«A volte, seduto su una pietra, sul bordo di un sentiero, [Cristoforo] osservava gli alberi, i campi, le montagne, i semplici fiori silvestri, e allora sentiva il desiderio di stringere al petto la Terra intera. Poi pensava che su di essa vivessero tanti miserabili, tanti umili, tanti malati, – e si faceva strada in lui un desiderio di sondare quel mondo fino agli ultimi angoli, e di curare ogni dolore, saziare ogni fame, rendere il mondo allegro, sano, perfetto […]. Il suo desiderio sarebbe stato quello di soffrire lui soltanto tutte le oppressioni, di portare da solo tutti i fardelli umani. A volte si fermava, si guardava attorno, come cercando, negli orizzonti vasti, servizi da fornire, debolezze da soccorrere. Allora pensava che essi, innumerevoli, di certo sarebbero apparsi presto davanti ai suoi occhi. E se ne andava intristito, nel momento in cui durante il giorno le sue braccia erano rimaste inattive. Per quale motivo allora Gesù glieli aveva fornite così grandi e forti? Sicché, andava a sedersi all’ingresso dei ponti, dove il passaggio era maggiore, come una forza pronta a lavorare, pronta a soccorrere […].

«A poco a poco la sua bontà si prese cura degli animali. Anche loro soffrivano e avevano la loro parte di miseria e dolore sulla Terra. Quando vedeva un animale carico, ne prendeva il peso sulle spalle. Raccoglieva ossa, agli angoli dei mercati, per distribuirle ai cani affamati. Era l’infermiere degli animali feriti, ai quali lavava quelle piaghe dove le mosche si attaccavano […].

«Poi, a poco a poco, nella sua anima grande e semplice si fece strada lentamente l’idea che anche gli alberi soffrissero, così come i fiorellini campestri. Sicché, da allora non avrebbe mai più tagliato un tronco, per farne un bastone. Compativa ogni ramo che vedeva a terra spezzato e secco. Si scostava per non calpestare l’erba […]. Arrivò perfino a sospettare che pure nelle pietre potesse esservi sofferenza […]. Molte volte col suo corpo imponente fece ombra alle rocce; con le sue mani, a mo’ di lunghe pale, liberò le pietre dal freddo del ghiaccio.

«La sua tenerezza abbracciava l’Universo. A volte, di notte, guardando il cielo, gli sopravveniva un grande amore per le stelle. Erano chiare e pure. Per un attimo brillavano, per poi scomparire. La luna, che allora sopraggiungeva, a tal punto s’intristiva che un sospiro, silenzioso, fuoriusciva dal cuore di Cristoforo. Dove andavano, correndo, correndo, tutti quegli astri? Sicché, arrivò a pensare che fossero anime che si elevavano, nello spazio, più in alto quanto più pure fossero, guadagnando una lega per ogni opera buona compiuta, e così tendendo alla perfezione, fino a diventare degne d’inabissarsi nel seno sublime di Gesù». [QUEIROZ, E., 19702: 144-146].

 

Quella di Cristoforo è probabilmente una figura storica, forse un palestinese, nativo della regione di Canaan, di nome Reprobo – ossia, nell’accezione latina del termine, uomo «senza valore» – convertito dal vescovo di Antiochia e martirizzato in Licia verso la metà del III secolo. Su questo martire orientale – attorno al quale si sarebbero coagulati elementi leggendari e mitici comuni a più popoli e la cui immagine di gigante buono, a partire dal XIII secolo, divenne una delle più diffuse nell’iconografia cristiana – fiorì un culto straordinario, prima in Oriente (già nel 452, in Bitinia, nell’attuale Turchia, gli fu consacrata una chiesa) e poi in Occidente (con numerosi monasteri e chiese a lui dedicati, ad esempio, in Austria, in Dalmazia e, particolarmente, in Spagna, dove, secondo la tradizione, il suo corpo fu smembrato in tante reliquie disseminate un po’ dappertutto, da Santiago de Compostela fino a Toledo e Valencia).

Questo culto intenso andò ispirando a poco a poco numerose leggende lungo due filoni distinti, appunto quello orientale, più antico, e quello occidentale.

Secondo il filone orientale, Reprobo era un forte e vigoroso guerriero, «con la testa di cane» e muto. Arruolatosi nell’esercito imperiale romano, si convertì al Cristianesimo ricevendo non solo il nome di Cristoforo, ossia, in senso simbolico, «colui che porta il Cristo nel suo cuore», ma anche la favella umana. Iniziò fra i suoi commilitoni a esercitare opera di apostolato finché, denunziato, venne condotto dinanzi al giudice che tentò con ogni mezzo di fargli rinnegare la sua fede cristiana. Nemmeno le tremende torture cui fu sottoposto, e dalle quali uscì vittorioso e illeso, riuscirono a farlo abiurare. Infine morì decapitato [cfr. AMORE, 1948-1953; CATTABIANI, 1993: 311-313].

Dunque, è questa l’essenza del martirio come avevano riportato nei loro scritti Origene e San Cipriano: Cristoforo portò fino in fondo la Croce del Cristo, così come l’asinello cristoforo (portatore di Cristo) della Domenica delle Palme trasportò Gesù a Gerusalemme. Ciò spiegherebbe il perché inizialmente il martire venne raffigurato, nell’iconografia orientale, con la testa d’asino [cfr. CHARBONNEAU-LASSAY, 1994: 342-343]. Poi, si sarebbero diffuse a livello popolare altre immagini del Santo con la testa di animali differenti, dal vitello al cavallo e, soprattutto, al cane, come dimostrano varie icone conservate nei musei di San Pietroburgo e di Sofia [cfr. IDEM: 343; CARDINALI, 1961-1970: 361]. C’è anche da dire che, secondo alcuni studiosi, l’iconografia del santo cinocefalo risentirebbe dell’influsso di elementi della cultura ellenistico-egizia, estrapolati in particolare dal mito di Anubis, un dio egizio dalle sembianze di sciacallo e le quali originariamente erano quelle di un cane selvaggio [cfr. CATTABIANI, 1993: 312].

Quanto al filone occidentale, fu attraverso la Legenda Aurea di Iacopo da Varazze (sec. XIII) che si diffuse nel Medioevo la storia del martire cananeo, dalla «lunghissima statura» («dodici cubiti») e dal «volto terribile» [cfr. DA VARAZZE, 1995: 543]. Narra la Legenda che Cristoforo – chiamato Reprobo prima di ricevere il battesimo – era un gigante al servizio di un re. Un giorno, dopo aver scoperto che il Diavolo era più potente del suo sovrano, lasciò quest’ultimo per passare a servire il primo. Dallo stesso Diavolo, tuttavia, venne a sapere di un altro più forte di tutti: Gesù Cristo.  Cosicché, decise di mettersi al suo servizio. S’imbatté in un eremita che gli predicò la fede cristiana, suggerendogli di costruirsi una capanna nei pressi di un fiume dalle acque profonde e vorticose, dove molti perivano nel tentativo di attraversarlo. «Poiché – disse l’eremita rivolgendosi al gigante – sei tanto alto e tanto forte potrai aiutare i passeggeri ad attraversarlo: il Cristo ne sarebbe felice e forse si degnerebbe di manifestarsi» [IDEM: 545]. Cristoforo, costruitasi la sua capanna, trascorreva le giornate a trasportare, servendosi di un grosso tronco come appoggio, tutti coloro che ne avevano bisogno, animali inclusi. Un giorno gli si sarebbe presentato Cristo sotto le vesti di un fanciullo per farsi traghettare al di là del fiume. Il gigante di Canaan «si caricò il fanciullo sulle spalle» ed entrò in acqua. Man mano che s’inoltrava nel fiume, l’acqua s’alzava mentre il bambino cominciava a «pesare come piombo». Temette il peggio, ma con uno sforzo di volontà riuscì a raggiungere, pur stremato, l’altra riva [cfr. IDEM]. Narra sempre la Legenda Aurea che quando Cristoforo ebbe deposto a terra il bambino gli disse: «Mi hai messo in un grave pericolo perché il tuo peso era troppo grande, tant’è vero che mi pareva di portare sulle spalle il mondo intero». Al che il fanciullo, sorridendo, rispose: «Non ti meravigliare, Cristoforo, perché hai portato sulle spalle non soltanto il mondo intero, ma anche colui che l’ha creato…» [IDEM] (2).

In considerazione delle prerogative legate alla figura e al culto di San Cristoforo e degli stessi suoi attributi divini, è del tutto evidente che la decisione, da parte di Eça, di rielaborare proprio la storia della vita di questo Santo (forse, fra i quattordici Santi Ausiliatori e nel corso di tutto il Medioevo e fino al XIX sec., uno dei più venerati e invocati in ogni specie di malattia e contro una qualunque calamità pubblica o privata) fu una decisione ben ponderata. Parlo di storia rielaborata a ragion veduta, poiché Eça, nello scrivere il suo São Cristóvão, ha seguito un canovaccio direttamente estrapolato da antichi Flos sanctorum, alla cui lettura e studio, negli ultimi anni di vita, si dedicò con profondo fervore. In altri termini, egli ricorre a tutti gli elementi tradizionali legati all’agiografia, per così dire, ufficiale del Santo: la bruttezza e l’iniziale mutismo [cfr. QUEIROZ, E., 19702: 26-27 e 30]; il gigantismo e la vigoria fisica, entrambi caratterizzati da profonda dolcezza [cfr. IDEM: 38]; la semplicità e la bontà [cfr. IDEM: 52-53 e 63]; l’incontro con il re e quello con il Diavolo [cfr. IDEM: 100 e 102-103]; la costruzione della capanna sulla riva di un fiume dalle acque profonde e vorticose e l’aiuto offerto ai viandanti che devono attraversarlo [cfr. IDEM: 147-148]; e così via fino all’attributo principale, il Bambin Gesù sulle spalle [cfr. IDEM: 150-154], per poi, con un lavoro di innesti e trasposizioni, anche temporali – visto che l’azione è ambientata nel Medioevo, «epoca del risveglio dei servi oppressi» [QUEIROZ, M. E., 19701: 297] – plasmare tali elementi secondo un piano ben definito che mettesse in risalto, a mo’ d’insegnamento morale, le virtù del protagonista, ossia, le sue «Forme di Bontà Istintiva», come le definisce lo stesso Eça:

 

«Dimenticanza di sé. / Tendenza a servire gli altri. / Pazienza durante il lavoro. / Amore per i bambini. / Amore per i poveri. / Amore per gli animali. / Sofferenza per la sofferenza di Gesù e degli uomini. / Disponibilità ad aiutare. / Effusione nel dare. / Passare dal servire il singolo a servire la classe. / Essere così umile da sostituire gli animali da soma. / Difendere anche i cattivi, allorquando vengono attaccati. / Amore per tutto quel che vive. / Amore per la Natura universale. / Prendere il posto anche delle cose utili, quali ponti, ecc.» [QUEIROZ, E., 19702: 9-10].

 

In sostanza, Eça de Queiroz – come perspicacemente fa notare Jaime Cortesão –

 

«francescanizzò ulteriormente la leggenda francescana. Attualizzò, a modo suo, una tradizione religiosa. E qui si rivela il processo fondamentale di San Cristoforo: rinnovare in funzione del futuro lo spirito rivoluzionario di una tradizione, o, in altre parole, realizzare la sintesi fra Tradizione e Rivoluzione» [CORTESÃO, 1970: 119].

 

Note

(2) La leggenda medievale di Gesù Cristo che chiede aiuto al gigante per attraversare il fiume diede origine a un culto votivo che, secondo alcuni studiosi, andava a relazionarsi con un analogo culto pagano a Ercole, portatore di Eros: la costruzione di effigi gigantesche, dipinte o scolpite, che venivano collocate alle entrate delle città, delle case e delle chiese. Tale culto, tuttavia, proprio perché si portava dietro residui di superstizione pagana, fu osteggiato dai padri conciliari di Trento che consigliarono la distruzione delle effigi [CARDINALI, 1961-1970: 354].

 

(Fine)

LEGGI LA PRIMA PARTE 

 

Bibliografia di riferimento

– AMORE, Agostino, 1948-1953. Cristoforo, in: Enciclopedia Cattolica. 12 voll. Ente per l’Enciclopedia Cattolica/Casa Editrice G. S. Sansoni, Città del Vaticano/Firenze: 921-923 (vol. IV).

– ARAÚJO, Joaquim de, 1993. Ensaio de Bibliografia Anteriana, in: Antero de Quental. In Memoriam. Edição fac-similada. Prefácio de Ana Maria Almeida Martins. Editorial Presença e Casa dos Açores, 2.ª edição, Lisboa: I-XCVI.

– BRANCO, Fernando Castelo, 1993. Franciscanismo de «A Cidade e as Serras», in: MATOS, A. Campos, 1993 (Organização e coordenação de), Dicionário de Eça de Queiroz, cit.: 443-446.

– CARDINALI, Antonietta, 1961-1970. [Cristoforo] Culto e iconografia, in: Bibliotheca Sanctorum. 13 voll. Istituto Giovanni XXIII della Pontificia Università Lateranense/Città Nuova Editrice, Roma: 354-364 (vol. IV).

– CARVALHO, Maria Amália Vaz de, 1885 (Coligido por). Um Feixe de Penas. Tipografia de Castro Irmão, Rua da Cruz de Pau, 31, Lisboa.

– CATTABIANI, Alfredo, 1993. Cristoforo, in: IDEM, Santi d’Italia. Rizzoli, Milano: 311-316.

– CHARBONNEAU-LASSAY, Louis, 1994. Il simbolismo dell’Asino nella tradizione popolare, in: IDEM, Il Bestiario del Cristo. La misteriosa emblematica di Gesù Cristo (tit. orig. Le Bestiaire du Christ). 2 voll. Prefazione di Luca Gallesi. Saggio introduttivo di Stefano Salzani e PierLuigi Zoccatelli. Edizioni Arkeios, Roma: 341-343 (vol. I).

– CORTESÃO, Jaime, 1970. Eça de Queirós e a Questão Social. Portugália Editora, Lisboa.

– DA VARAZZE, Iacopo, 1995. Legenda Aurea. A cura di Alessandro e Lucetta Vitale Brovarone. Giulio Einaudi editore, Torino: 543-548.

– FERREIRA,  António Matos, 1993. Religião, Cristianismo, Jesus, in: MATOS, A. Campos, 1993 (Organização e coordenação de), Dicionário de Eça de Queiroz, cit.: 815-828.

– HERCULANO, Alexandre, 1866. Estudos sobre o Casamento Civil por ocasião do opúsculo do Sr. Visconde de Seabra sobre este assumpto. Typ. Universal, Lisboa.

– HERCULANO, Alexandre, 1985. Opúsculos. Volume IV. Edição crítica. Organização, introdução e notas de Jorge Custódio e José Manuel Garcia. Editorial Presença, Lisboa.

– MATOS, A. Campos, 1993 (Organização e coordenação de). Dicionário de Eça de Queiroz. Editorial Caminho, 2.ª edição revista e aumentada, Lisboa.

– MOURA, Helena Cidade, 1970. Nota Final, in: QUEIROZ, Eça de, 19701, Obras de Eça de Queiroz. Lendas de Santos, cit.: 313-314.

– QUEIROZ, Eça de, 1912. Últimas Páginas. (Manuscritos Inéditos). São Cristóvão. – Sto. Onofre. – São Frei Gil. – Artigos Diversos. Livraria Chardron de Lello & Irmão, Porto.

– QUEIROZ, Eça de, 19691. Obras de Eça de Queiroz. Contos. Segundo versões revistas pelo autor e publicadas em Gazeta de Notícias, Atlântico, Revista Moderna, Almanaque Enciclopédico, Almanaque [sic. Brinde] do Diário de Notícias e Feixe de Penas. Fixação do texto e notas de Helena Cidade Moura. Edição «Livros do Brasil», Lisboa.

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– QUEIROZ, Eça de, 19693. Adão e Eva no Paraíso, in: IDEM, 19691, Obras de Eça de Queiroz. Contos, cit.: 119-153.

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– QUEIROZ, Eça de, 19695. Outro Amável Milagre, in: IDEM, 19691, Obras de Eça de Queiroz. Contos, cit.: 257-264.

– QUEIROZ, Eça de, 19696. Obras de Eça de Queiroz. Prosas Bárbaras. «Introdução» de acordo com o texto revisto pelo seu autor em 1922. Folhetins de acordo com o texto da «Gazeta de Portugal» e da «Revolução de Setembro». Fixação do texto e notas de Helena Cidade Moura. Edição «Livros do Brasil», Lisboa.

– QUEIROZ, Eça de, 19701. Obras de Eça de Queiroz. Lendas de Santos. Edição baseada em manuscritos e cópias de manuscritos. Fixação do texto e notas de Helena Cidade Moura. Edição «Livros do Brasil», Lisboa.

– QUEIROZ, Eça de, 19702. S. Cristóvão, in: IDEM, 19701, Obras de Eça de Queiroz. Lendas de Santos, cit: 5-154.

– QUEIROZ, Eça de, 19703. Santo Onofre, in: IDEM, 19701, Obras de Eça de Queiroz. Lendas de Santos, cit: 155-229.

– QUEIROZ, Eça de, 19704. S. Frei Gil, in: IDEM, 19701, Obras de Eça de Queiroz. Lendas de Santos, cit: 231-291.

– QUEIROZ, Eça de, 19705. Obras de Eça de Queiroz. Notas Contemporâneas. Segundo versões contemporâneas do autor publicadas em diversos jornais e revistas. Fixação do texto e notas de Helena Cidade Moura. Edição «Livros do Brasil», Lisboa.

– QUEIROZ, Eça de, 19706. Positivismo e Idealismo, in: IDEM, 19705, Obras de Eça de Queiroz. Notas Contemporâneas, cit.: 185-196.

– QUEIROZ, Eça de, 19831. Correspondência. 1.° Volume. Leitura, coordenação, prefácio e notas de Guilherme de Castilho. Imprensa Nacional/Casa da Moeda, Lisboa: 225-227.

– QUEIROZ, Eça de, 19832. Correspondência. 2.° Volume. Leitura, coordenação, prefácio e notas de Guilherme de Castilho. Imprensa Nacional/Casa da Moeda, Lisboa: 255-257.

– QUEIROZ, Eça de, s. d.1. Obras de Eça de Queiroz. Obras Póstumas. Uma Campanha Alegre. De «As Farpas». Precedida de uma advertência do autor, em Outubro de 1890. Edição «Livros do Brasil», Lisboa.

– QUEIROZ, Eça de, s. d.2. [Cap.] LXXVII. Abril 1872, in: IDEM, s. d.1, Obras de Eça de Queiroz. Obras Póstumas. Uma Campanha Alegre. De «As Farpas», cit.: 347-349.

– QUEIROZ, Maria Eça de, 19701. S. Cristóvão – O Gigante, in: QUEIROZ, Eça de, 19701, Obras de Eça de Queiroz. Lendas de Santos, cit.: 295-298.

– QUEIROZ, Maria Eça de, 19702. Santo Onofre – O Solitário, in: QUEIROZ, Eça de, 19701, Obras de Eça de Queiroz. Lendas de Santos, cit.: 299-301.

– QUENTAL, Antero de, 1973. Bom Senso e Bom Gosto. Carta ao Excelentíssimo Senhor António Feliciano de Castilho, in: IDEM, Obra Completa. Prosas da Época de Coimbra. Edição crítica organizada por António Salgado Júnior. Livraria Sá da Costa, Lisboa: 281-295.

– REIS, Jaime Batalha, 1969. Introdução, in: QUEIROZ, Eça de, 19696, Obras de Eça de Queiroz. Prosas Bárbaras, cit.: 5-46.

– SÉRGIO, António, 1971. Notas sobre a imaginação, a fantasia e o problema psicológico-moral na obra novelística de Queirós, in: IDEM, Obras Completas. Ensaios. Tomo VI. Edição crítica orientada por Castelo Branco Chaves, Vitorino Magalhães Godinho, Rui Grácio e Joel Serrão e organizada por Idalina Sá da Costa e Augusto Abelaira. Clássicos Sá da Costa, Lisboa: 53-120.

– SERRÃO, Joaquim Veríssimo, 1977. Herculano e a Consciência do Liberalismo Português. Livraria Bertrand, Lisboa.

 

[Questo articolo – qui rivisto e suddiviso in due parti – è stato per la prima volta pubblicato in portoghese, e con il titolo A vertente intimista e a fraternidade universal na problemática religiosa de Eça de Queiroz, nella rivista cartacea «Nova Águia – Revista de Cultura para o Século XXI» (Sintra – Portogallo), N. 32 – 2° Semestre 2023, pp. 27-35.

Tutte le traduzioni dei testi dal portoghese sono a mia cura].

 

 

 

Brunello Natale De Cusatis

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