La polemica. Al film della Cortellesi preferiamo l’epopea della Magnani in “Onorevole Angelina”

La recensione di Giuseppe Del Ninno ha suscitato un dibattito tra i nostri lettori. Qui l'autore risponde con eleganza alle invettive ricevute (invettive ingenerose, perché un critico non può e non deve scrivere solo peana)

Anna Magnani ne “L’Onorevole Angelina

Caro Barbadillo, 

accolgo volentieri il tuo invito a rispondere alla valanga di critiche, per un articolo che ha avuto oltre 60mia lettori, sparate sulla mia recensione al film della Cortellesi, “C’è ancora un domani”. Si vede che, del tutto involontariamente, ho messo il dito in una delle tante piaghe della nostra società. Della vostra selezione, metto da parte le invettive personali, che non meritano risposta, e mi riferisco in particolare a quelle che da uno scritto pretendono di dedurre gli aspetti della personalità dello scrivente, a loro ovviamente ignoto. L’articolo poi si può condividere o meno, possibilmente argomentando puntualmente le critiche, ma si va fuori dal seminato – e dalla buona creanza – quando ci si limita a sputare sentenze sulla “scarsissima intelligenza” dell’autore e sul suo “partito preso” (da che pulpito!).

L’Onorevole Angelina

A quelle esagitate, se ne valesse la pena, dovrei rispondere con tutta un’esistenza dedita alla famiglia, donne incluse (ci mancherebbe!), ben lieto dei traguardi raggiunti da moglie, figlia e nipoti (femmine). A queste signore, tuttavia, sono certo che nulla importerebbe di tale testimonianza, condivisa da tutti quelli che mi hanno conosciuto; a loro importa solo agitare i vessilli di un’ideologia che troppo spesso ha prodotto frutti avvelenati, in particolare incidendo negativamente sui rapporti uomo-donna.

Qui il discorso sarebbe lungo e non affrontabile nello spazio di un articolo; dico soltanto che le estremizzazioni di ogni posizione sono sempre nocive: giusto il cammino verso l’emancipazione civile e politica delle donne, ma questo non dovrebbe sfociare nel livore che non traspare certo dal mio articolo e che invece impregna quegli attacchi. Fra l’altro, vorrei capire dove hanno visto “l’astio”  nelle mie critiche – garbate, secondo altri – ad un lavoro che, proprio in apertura, avevo definito “dignitoso”…

La locandina del film della Cortellesi

Quanto alla “partita persa dagli uomini meschini che non accettano un rapporto che non sia quello di dominio (sulla donna)”, forse chi ha scritto questo ha in mente soltanto i casi di stupri e di stalking (spesso imputabili a soggetti provenienti da altre culture)  e quelli di femminicidio, ma è giusto ispirarsi alla sola cronaca nera per stilare un ritratto della società e individuarne le linee evolutive? Se si guarda alla società nel suo complesso, grazie al cielo, di questa prevaricazione resistono tracce quasi soltanto nel mondo del lavoro, ed è qui che dovrebbero intervenire educatori, legislatori, sindacati, in una prospettiva di totale effettiva parità e di conciliazione generalizzata. Insomma. Dov’è questa cappa d’ingiustizie e prepotenze a danno del genere femminile nel nostro paese? Non certo nelle leggi e nelle sentenze, non nel diritto di famiglia, non nell’accesso alle professioni – perfino le più, come dire, mascoline – e meno che mai nel comune sentire, e non solo delle giovani generazioni. 

Quanto alla mia esperienza di bambino degli anni 50 del Novecento, comune a quella di tanti miei coetanei, non ricordo episodi paragonabili a quelli del film, caratterizzati da violenza e disistima nei confronti delle donne di quella storia; del resto, ne sono testimonianza altri film dell’epoca, a partire proprio da quel “Bellissima” che ho citato e – a proposito di emancipazione civile e politica – da quella “Onorevole Angelina”, che ritrae ancora una splendida Anna Magnani in veste di popolana sanguigna che tenta le vie della politica nel nome della giustizia sociale. Insomma, la buona causa delle donne – che, mi perdoneranno, mi ostino a distinguere dalle femministe – si sarebbe giovata, stavolta, da qualche mossetta e smorfietta in meno, ma poco importa: non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire e non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere (e capire).

@barbadilloit

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