Enrico Mattei tra impresa pubblica e politica (con uno sguardo lungo all’Africa)

Lo studioso Pietro Giuseppe Parisi racconta il tycoon di Stato e la sua capacità di relazionarsi con personalità di ogni orientamento ideologico

Chi l’avrebbe mai detto che ad oltre cinquant’anni dalla morte di Enrico Mattei, del partigiano antifascista Enrico Mattei, il pensiero e l’opera di questo genio in tema di indipendenza energetica sarebbe stato ripreso, attualizzato e rivitalizzato dalla destra di Giorgia Meloni fin dapprima di ascendere al governo della nazione. E ciò, ne siamo convinti, farebbe piacere allo stesso Mattei che, da personaggio pragmatico quale fu, nella scelta dei collaboratori prediligeva meriti e competenze e non etichette politiche.

Al fine di approfondirne la figura, abbiamo rivolto alcune domande al dottor Pietro Giuseppe Parisi, autore del libro “Enrico Mattei Politico e manager” pubblicato per le edizioni Pagine i libri del Borghese.

Dottor Parisi, perché ha deciso di dedicare un libro alla figura di Enrico Mattei?

“Questo libro nasce innanzitutto per appagare la mia curiosità per questo straordinario personaggio. Curiosità che poi si trasformerà in una vera e propria passione. Avevo da poco compiuto 21 anni quando nel settembre del 1970 sono stato assunto dall’Anic, società del gruppo Eni. Frequentando l’archivio storico dell’Eni a San Donato Milanese ho raccolto molto materiale (documenti, pubblicazioni, interviste e testimonianze inedite) e, nel corso degli anni, ho arricchito la mia collezione personale acquistando ben 29 libri che riguardavano Mattei. Alla mia grande passione per il calcio si è aggiunta quella per Mattei e questa passione mi ha portato ad essere, nelle giuste dimensioni, uno studioso di Mattei”.

Quali furono i tratti essenziali della personalità del manager?

“Raccontare Mattei è molto più facile che spiegarlo perché ebbe una personalità molto complessa che va vista a seconda del contesto storico e talvolta può apparire anche contraddittorio. È indubbio che ha suscitato consensi e perfino entusiasmi, ma anche polemiche arrivate in qualche caso ad aperta ostilità. È stato sicuramente un patriota ed un eccezionale alfiere dell’interesse nazionale. Anche se taluni lo hanno definito visionario, sicuramente era una persona essenzialmente pragmatica.

Nel momento in cui gli venne conferito l’incarico di commissario liquidatore dell’Agip, Mattei era dotato di una identità politica e un’ideologia piuttosto chiara. In un contesto che pullulava di fascisti, ex fascisti e comunisti, manifestò una caratteristica che segnerà tutta la sua carriera: saper lavorare con persone di diverse ideologie dai fascisti ai comunisti. Animato da ambizioni costruttive e avidità di conoscere, ha saputo captare alcuni aspetti fondamentali del paese. Certamente la sua esuberanza, il suo dinamismo e soprattutto il suo coraggio lo hanno reso personaggio molto complesso”.

In Italia Mattei fu lasciato solo per indifferenza o anche per la influenza di certi poteri?

“Non credo proprio che si possa parlare di indifferenza e nemmeno di solitudine. Mattei nel suo impegno, prima da commissario dell’Agip e successivamente da presidente dell’Eni, ebbe un forte sostegno dagli esponenti più importanti della Democrazia Cristiana ed in particolare da De Gasperi, Vanoni, La Pira, Fanfani. Certamente negli ultimi anni, prima della tragedia di Bascapè, dovette contrastare forti opposizioni sia all’interno della stessa Eni che all’esterno”.

A livello interno ed internazionale chi furono i nemici di Mattei?

“In Italia coloro i quali si sono esposti pubblicamente contro Mattei, che forse è meglio definirli avversari più che nemici, sono stati i giornalisti dei maggiori quotidiani, alcuni dei quali finanziati dalla Confindustria e anche da paesi stranieri (Gran Bretagna e Stati Uniti). In particolare Indro Montanelli che, animato da una ferrea ideologia liberista, riteneva che era sbagliato mettere il sistema finanziario nelle mani dello Stato. Anche nel mondo cattolico, in primis don Sturzo, temevano che Mattei volesse instaurare una forma di socialismo o addirittura comunismo. A livello internazionale Mattei portò avanti, con coraggio e spregiudicatezza, una battaglia impegnativa e rischiosa contro le “Sette Sorelle”, andando ad intaccare il loro potere all’origine cioè nei rapporti con gli Stati produttori e fornitori di greggio e, nello stesso tempo, mise in moto un complicatissimo meccanismo di accordi e di società miste di interventi in altri settori. Anche la Francia considerava Mattei un nemico per l’aiuto fornito all’Algeria nella lotta di liberazione”.

Ci fu un momento in cui il presidente dell’Eni si rese conto che la propria vita era a rischio?

“Mattei ricevette parecchie lettere anonime con esplicite minacce di morte. La presunta inviata dalla Oas (Organisation Armée Secrete) è quella che è stata resa pubblica. La vedova Mattei testimoniò che più volte vide il marito, con una lettera in mano, seriamente preoccupato, ma non volle parlarne”.

Perché Mattei, partigiano e uomo della resistenza, scelse come suo pilota personale Irnerio Bertuzzi, valoroso ufficiale dell’Aeronautica nel Secondo Conflitto, aderente alla Repubblica Sociale Italiana dopo l’armistizio dell’8 settembre?

“Mattei nella scelta dei suoi più stretti collaboratori si fidava molto del suo istinto. Bertuzzi aveva sì convintamente aderito alla Repubblica Sociale ma, oltre ad essere un ottimo pilota, era dotato di grandi capacità organizzative. Tra i due nacque una reciproca sintonia che negli anni si tramutò in profonda stima. Mattei si fidava ciecamente di Bertuzzi e trascorreva anche parecchio del suo tempo libero con lui, in particolare li univa l’amore per la pesca”.

Per decenni è passata la tesi che Mattei, unitamente a Bertuzzi ed al giornalista americano William Mc Hale, la sera del 29 ottobre 1962 rimase vittima di un incidente aereo. Da qualche tempo ha invece preso corpo la tesi che si trattò di un attentato. Lei per quale ipotesi propende?

“Il mistero sulla morte di Mattei dopo lunghissimi anni è stato in parte svelato. Grazie alla coraggiosa caparbietà di Vincenzo Calia, pubblico ministero della procura di Pavia, c’è una verità giudiziaria: ‘Non si è trattato di incidente ma di sabotaggio’. Questo lo si evince dal provvedimento di archiviazione del 2005, successivamente confermato dalla Corte d’assise di Palermo che in merito nella sentenza del 10 giugno 2011 conferma ‘la natura dolosa delle cause che determinarono la caduta dell’aereo’.

È indubbio che Mattei avesse tanti nemici, dalla ‘cultura’ che ho potuto trarre dallo studio di questo ‘mistero’ non ho alcun dubbio che non si sia trattato di incidente aereo. Purtroppo, malgrado il grande impegno, Calia non è riuscito a raccogliere prove concrete sui mandanti ed esecutori e non c’è una verità completa, almeno in via giudiziaria. Credo però che l’Italia debba continuare a interrogarsi sul lato oscuro della sua storia a partite proprio dall’attentato di Mattei”.

La Fiamma missina di Arturo Michelini (segretario dal 1954 al 1969) non fu certo tenera nei confronti di Mattei, a differenza invece della Fiamma odierna di Giorgia Meloni che, invece, lo ha preso a modello. Come spiega tale differente comportamento fra la destra dei padri e quella dei figli?

“È vero che la Fiamma missina non fu tenera con Mattei, ma è anche vero che non rifiutò, come tanti altri partiti dell’opposizione, finanziamenti occulti. Giorgio Meloni mi pare abbia condiviso pienamente l’idea geniale di Mattei, il quale aveva capito fino in fondo che l’industria degli idrocarburi è un’industria che collega i popoli e non divide”.

Andrà in porto il Piano Mattei al quale sta lavorando la premier Giorgia Meloni? Siamo sicuri che certi alleati dell’Italia consentiranno tale Piano? Ricordiamo che dopo il Trattato di amicizia e cooperazione sottoscritto da Berlusconi e Gheddafi nel 2008 con diversi vantaggi per l’Italia, il “ràis” venne defenestrato per volere proprio di certi nostri alleati.

“Credo che se parliamo di metodo e non di formula, perché c’è una differenza sostanziale, il Piano Mattei ha buone possibilità di essere realizzato. Certamente occorre cambiare la strategia, non si deve più esclusivamente valorizzare qualcosa che è conosciuto come il petrolio o il gas naturale, ma indirizzare tutto sul principio base del metodo Mattei ovvero la cooperazione, la collaborazione nell’industria e non solo puntando oltre che sulla crescita di imprese anche sulla crescita professionale del personale locale avendo, come sosteneva Mattei, un sacro rispetto dell’interlocutore e che ‘Lavorare sullo sviluppo dell’Africa aiuta a contenere gli esodi di migranti all’origine’. Intuizione più che mai attuale. Riguardo la seconda parte della domanda, ricordo sommessamente che la morte di Mattei avvenne nel momento in cui stava assumendo il profilo di eroe nazionale, ma nel contesto internazionale la sua politica aveva sollevato un enorme odio contro di lui. Mi auguro di cuore che la storia non si ripeta”.

*Pietro Giuseppe Parisi “Enrico Mattei Politico e manager” (Edizioni Pagine i libri del Borghese, pagg. 267, e. 19,00; ordini: www.ilibridelborghese.it, telef. 06/45468600, mail info@pagine.net)

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Michele Salomone

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