Segnalibro. “Aspirazioni verticali” per scalare le montagne alla profonda ricerca di sé

Le edizioni del Cinabro hanno pubblicato un saggio del Gruppo escursionistico Orientamenti. Un breviario esistenziale e una guida

Aspirazioni verticali, per Cinabro Edizioni

Quanti praticano una disciplina sportiva per trascorrere il tempo o per essere in forma e quanti per una ricerca interiore? Non esercizi per scolpire il fisico secondo le mode, non “per divertirsi”, ma per una pratica interiore?

Quanti hanno provato sport formativi, che richiedono duri esercizi, che comportano una visione della realtà? O discipline sportive che si basano su una metafisica? Nella società attuale essere sportivo significa soprattutto seguire la propria squadra di calcio allo stadio o davanti alla tv…

Julius Evola, eccellente alpinista, con i suoi articoli pubblicati negli anni Trenta sul bollettino del Club alpino italiano (Cai) mise in luce come l’alpinismo comporti esperienze che aprono lo spirito al sovrasensibile. Inoltre scrisse i resoconti di esperienze in montagna con riferimenti agli allenamenti “psichici” in altura. Testi poi raccolti da Renato del Ponte in un volume unico intitolato Meditazioni delle vette (edizioni Mediterranee), tuttora fra i libri più richiesti da chi pratica questa disciplina e non solo.

La montagna

Adesso le edizioni del Cinabro hanno pubblicato un testo di grande interesse, Aspirazioni verticali. La montagna e la formazione dell’uomo, scritto da componenti del Gruppo escursonistico Orientamenti, frutto di una lunga esperienza maturata dalla fondazione del sodalizio nel lontano 2004. Un libro di esercizi e pratiche sul campo di un gruppo via via arricchitosi di ulteriori componenti, che ha praticato l’alpinismo scoprendo gli aspetti di una ricerca interiore. Ricerca e messa alla prova che solo determinate discipline possono favorire aprendo vie di introspezione inedite. Sono riportate storie di arrampicate, narrate senza autocompiacimento, senza l’esibizione della prestazione, senza l’angoscia borghese tesa al primato finalizzato alla commercializzazione o alla “promozione del proprio Io”. Fra gli scopi di questa pratica senz’altro la sfida con se stessi e i propri limiti. La salita in montagna è faticosa, è lavoro di volontà, di allenamento, di tenacia, è avvicinamento verso l’Alto, verso il cielo, senza finalità utilitaristiche. La società borghese aborrisce come inutile e pericolosa la pratica di questo sport che ha lo scopo di sviluppare l’ardimento, forgiare il carattere che si affina e irrobustisce insieme al fisico, superando lentamente i limiti dell’umano per accedere a un sentire che solo chi pratica può capire. Superare la pigrizia, la paura, la visione addomesticata di un comportamento piatto e basato sulla tranquillità dell’esistenza. La sfida che deriva dall’affermazione di sé e della negazione, anche della morte, hanno valore educativo e di esercizio di sé. Salire una montagna è come effettuare un percorso iniziatico, coltivare se stessi per ascendere a una visione divina, superiore. Migliora la realtà interiore, mentale e spirituale, fa ritrovare il centro di sé e avvicina alla ricerca dell’assoluto. Certo, il percorso è differente da uomo a uomo. Ma l’inizio e le tecniche sono le stesse. In questo libro la montagna “è raccontata come scuola di vita; la cronaca dell’ascesa è vissuta come un viaggio interiore, una ricerca di sé come un confronto con l’aspetto più severo della natura, l’ambiente selvaggio lontano dal divano di casa”.

Altre discipline

Ma per esperienza personale è possibile affermare che esistono anche altre discipline che favoriscono la ricerca interiore, che stimolano questo genere di educazione e contribuiscono a forgiare il carattere. Il nuoto, a esempio, che nel silenzio e nella solitudine favorisce un contatto maggiore fra fisico e mente, fra movimenti ritmati, uguali e la meditazione che poco a poco sorge dall’interiorità. Una pratica che sollecita ogni muscolo del corpo e che sfida la sincronia dei movimenti. Un esercizio che diviene sempre più interiore. Oppure il paracadutismo, che offre aperture interiori in un lancio da un aereo con un Efa ben imbracato o magari un vecchio CMP 55. Lanciarsi in “asse pista” nella scintillante luce del sole, fra il blu del cielo e la terra, assumendo le posizioni previste, seguendo certe procedure fino all’apertura totale della calotta e la totale estensione del fascio funicolare è – a volte – un esercizio metafisico. Poi, il silenzio, un silenzio irreale, indescrivibile, che invita a domandarsi cosa c’è dietro la sospensione a mille metri da terra. Solo pratica sportiva?

Altra disciplina, le arti marziali. Praticare il Karate, specie il metodo Shotokan, quello tradizionale, significa soprattutto attivare certe procedure mentali, utilizzare la respirazione favorendo la contrazione dei muscoli. La concentrazione è fondamentale. L’esecuzione dei Kata, a esempio, è un esercizio che richiede profonda disciplina e cura dei movimenti con i muscoli tesi fino allo spasimo. Altro che esecuzione ginnica! Discipline scomode, faticose, soprattutto mentalmente, ma che fanno sorgere qualcosa nella coscienza e nel carattere.

Geo, Aspirazioni verticali. La montagna e la formazione dell’uomo, (ed. Il Cinabro, pagg. 140, euro 15,00; ordini: info@cinabroedizioni.it)

Manlio Triggiani

Manlio Triggiani su Barbadillo.it

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