Nel “Caso Goldman” l’eco della vicenda di Valpreda

Le "Memorie oscure di un ebreo polacco nato in Francia" tornano nel film di Kahn

Arieh Worthalther

Pierre Goldman è stato per la Francia ciò che Pietro Valpreda è stato per l’Italia. Entrambi di ultrasinistra, nel dicembre 1969 vennero coinvolti in gravissimi delitti, dai quali – anni dopo – furono in larga parte scagionati. 

Ora esce anche in Italia Il caso Goldman di Cédric Kahn, film verboso e teatrale sul processo di appello, nel 1976, contro Goldman, reo confesso di alcune rapine a mano armata, ma non dell’assassinio di  due donne in una farmacia parigina di boulevard Richard-Lenoir (lo stesso dove Georges Simenon fa abitare il commissario Maigret).
 Ci sono altre analogie tra questa vicenda francese e quella italiana di Valpreda: un sosia non casuale, indagini pilotate, l’instabilità degli imputati, la mobilitazione di sinistra ed estrema sinistra per scagionarli.
Memorie oscure di un ebreo polacco nato in Francia, autobiografia di Goldman, apparve nel 1975 anche in Italia (Bompiani) proprio per le assonanze che erano emerse e che oggi sono sommerse.
Il film di Kahn si rivolge ai rari superstiti di un’epoca nella quale molte gioventù sono state rovinate, quando non stroncate. Chi di allora non sa nulla, non vedrà questo film, che un po’ di attenzione però la meriterebbe. Chi lo vedrà senza conoscere l’episodio, ne uscirà senza averlo capito.
Goldman non era un ragazzo simpatico nemmeno per i suoi compagni: più criminale che rivoluzionario, era simile a chi, oggi ventenni, si definisce “antifa” e vorrebbe esser nato un secolo fa per poter uccidere, una volta ventenne, fascisti e nazisti…
Cédric Kahn dedica il suo film al padre. E nel delineare il personaggio del padre (Jerzy Radziwilowicz) di Goldman il regista delinea il proprio di padre: non è da tutti trovare chi ti finanzi il senso di colpa.
Il caso Goldman di Cédric Kahn, con Arieh Worhalter, Arthur Harari, 116′

Eric Cantona

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