Segnalibro. Il “caso Redureau” di Gide, violenta grammatica dei sentimenti umani

Aragno ripubblica un breve classico sulle dinamiche che talvolta spingono l'uomo a compiere gravi atti dietro impulsi sconosciuti

André Gide

Talvolta i lavori minori degli scrittori ritenuti fra i classici della letteratura si rivelano, specie se scoperti a distanza di tempo, delle vere perle.

Nell’opera di di riscoperta e di riproposizione di classici e di opere poco conosciute, o addirittura inedite in Italia, si distingue Nino Aragno editore. Tra le ultime proposte, l’editore ha ristampato un volume di André Gide, Il caso Redureau, che narra un fatto di cronaca nera con scansioni temporali e narrative di alto livello davvero. Il fatto di cronaca accadde realmente nel 1913 a Bas Briacé, nella Charente inferiore. Questo fu il primo volume della collana ”Ne jugez pas” della Nouvelle Revue Française, collana diretta da Gide, composta da memorie giudiziarie e non da “cause celebri”. Lo scopo non era di effettuare una ricostruzione storica di fatti legati al crimine ma “documentazione, la più autentica possibile” di casi limite, difficili, molto particolari.

Il “caso Redureau” fece molto rumore in Francia. E’ la storia di un quindicenne, Marcel Redureau, introverso ma del tutto normale, nato e cresciuto in una buona famiglia che aveva provveduto a educare i figli nel modo migliore. Marcel, una sera, tutto a un tratto, massacra con un’ascia da lavoro sette persone: la famiglia Mabit, presso la quale lui è a servizio, più la domestica Marie Dugast. Si tratta dello sterminio di due adulti, tre bambini, un’anziana e una ragazza. I medici legali descriveranno nei rapporti analitici un quadro di orrore e sangue sparso per casa. Non solo: le analisi di psicologi, psichiatri e medici non arrivarono a definire un movente o una causa. Tutti propesero per la “natura del delinquente” come motivo della carneficina.

Stragi, omicidi, femminicidi al giorno d’oggi sono fatti quasi quotidiani ma oltre un secolo fa questi eventi di cronaca nera sconvolgevano l’opinione pubblica. Per scrivere questo libro Gide, che era spinto dal desiderio di scandagliare l’incognita del desiderio della psiche umana, studiò verbali giudiziari, rapporti di psicologi e testi degli interrogatori della Gendarmeria. Lo scopo era di decostruire la vicenda in ogni sua parte per ricostruirla alla luce della comprensione in profondità del motivo che aveva spinto un quindicenne, da tutti descritto normale, con un tasso d’intelligenza leggermente superiore alla media, a divenire un assassino senza scrupoli. Si comprese ben poco. E’ certo che dopo aver lavorato tutta una giornata, il giovane Marcel era stato ripreso dal signor Mabit, il suo datore di servizio, per un lavoro forse non svolto bene. Da lì la reazione tanto pronta quanto smisurata del ragazzo.

Lo studio e la comprensione dell’animo umano è alla base del lavoro di André Gide che, da par suo, ci offre un libro di qualità sui sentimenti umani e sulla descrizione del funzionamento della “macchina della giustizia” per finire col comporre il meccanismo delle dinamiche umane.

André Gide, Il caso Redureau, Aragno ed., pagg. 89, euro 15

 

Manlio Triggiani

Manlio Triggiani su Barbadillo.it

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