Maner Lualdi poeta del cielo ammirato da Gianni Brera

cultore dell’idea alata e temerario del cielo che non si esalta, ma esalta chi è partecipe delle vittorie della giovane Ala Italiana

Maner Lualdi

Ne siamo certi, la sua passione per il volo cominciò ad albeggiare al formarsi del suo corpicino nel grembo materno. Ci riferiamo a Maner Lualdi, entusiasta pilota che ha servito la Patria in guerra e pace, spirito libero e critico lontano anni luce da quel conformismo piatto e deprimente il più delle volte fucina di elogi mentiti e battimani convenzionali; in pratica, un personaggio che aborrirebbe il politicamente corretto.

Nato a Milano nel 1912 da Adriano, direttore d’orchestra, compositore, critico musicale, e da Wanda Stabile de Sailmberg, fin dalla giovane età Lualdi coltiva le stesse passioni paterne spingendosi oltre. Contagiato dal volo, abbraccia l’Arma Azzurra e, da uomo di cultura qual è, fa librare insieme principi e valori, idee ed ideali, volo e passione, scienza e sapere, convinto che l’idea alata si sia affermata in ogni dove, perfino nei secoli remoti. Pertanto, Dante, affascinato dall’“immagine alata” che lo prende e lo pervade, fa decollare quei personaggi che, in qualsiasi latitudine ultraterrena, affollano l’Inferno, il Purgatorio, il Paradiso. Nella poetizzata galleria delle celebrità, Lualdi esalta il genio di Leonardo che “progetta e realizza i suoi famosi giocattoli scientifici»”. Narratore ed inviato dei quotidiani La Stampa e Corriere della Sera, dai suoi scritti emerge quella poesia della dedizione assoluta e dell’assoluta fede della semplicità d’animo e di vita.

Questo è Maner Lualdi, cultore dell’idea alata e temerario del cielo che non si esalta, ma esalta chi è partecipe delle vittorie della giovane Ala Italiana. Se tutti guardano con ammirazione agli aviatori quando volano in alto nell’azzurro o grigio cielo, Lualdi fa capire ai più che vittorie e traguardi conseguiti sono frutto di una tenace preparazione e di un intelligente lavoro di specialisti e montatori.

Nei suoi continui raid vola sfidando venti, temporali e tempeste di ogni tipo e, nonostante alcuni incidenti dai quali ne esce indenne, la passione non scema. Dal Monviso all’Himalaia “tetto del mondo»” (1937), dall’Europa a Beirut (1938), da Roma ad Addis Abeba (1939) dà lustro all’Italia.

Quando è a terra tiene conferenze dove racconta le sue esperienze, ma il cui fine è quello di propagandare gli ideali azzurri, la cultura aeronautica. Lualdi è un cavaliere del cielo che serve l’Italia in armi. Partecipa alla Guerra d’Etiopia 1935-36 inquadrato nella famosa la Disperata, squadriglia comandata da Galeazzo Ciano, genero di Mussolini, che annovera vari gerarchi fascisti come Alessandro Pavolini, Roberto Farinacci. Se Pavolini dedica un libro a quella esperienza intitolandolo «Disperata», Maner Lualdi dà alle stampe “Voli di guerra in Africa”.

Nella prefazione, il generale Giuseppe Valle, Sottosegretario di Stato all’Aeronautica, in uno scenario di guerra dominato dall’Aviazione italiana, gli riconosce “le pennellate fresche di colore” esaltando “il fascino irresistibile del cielo esotico, dell’avventura vissuta, dell’amor di patria irrompente”.

Lualdi si sofferma invece sull’”elemento poetico” della vita degli aviatori visto che, a suo dire, “il «volontario è per indole poeta”.

Fedele alla massima “Se la Patria è in gioco, non vi sono più diritti, ma soltanto doveri!”, il tenente Lualdi partecipa con il Corpo Aereo Italiano (CAI) al Secondo Confitto Mondiale dove merita una Medaglia d’Argento al Valor Militare per la Campagna Aerea d’Inghilterra del 1940.

Amico personale del capitano pilota Bruno Mussolini morto il 7 agosto 1941 in un incidente di volo, nell’ottobre successivo viene inaspettatamente convocato a Palazzo Venezia dal padre del caduto, Duce e Capo del Governo, che gli confessa un altro grave dolore: l’essere additato in taluni ambienti come colui che ha voluto la morte nel giugno 1940 di Italo Balbo. Lualdi non crede a tale diceria evidenziando l’ammirazione di Mussolini per Balbo. Ma la guerra continua e Lualdi, nell’inferno di Gondar, percorrendo 10 mila chilometri in cielo nemico – novembre 1941 – porta medicinali e posta ai soldati italiani, salva l’equipaggio di un apparecchio della Croce Rossa abbattuto dalla RAF, descrive giornalisticamente “Le cronache del cielo”.

Dalle pagine de  La Stampa continua a propagandare la causa aeronautica definendo i capisaldi per una efficace azione di propaganda: “Onestà, serenità di giudizio, equilibrio”. Vive il secondo tragico dopoguerra in una Nazione distrutta, con un’Aeronautica ridotta allo stremo ma che, al pari delle altre Forze Armate, ha combattuto eroicamente per cinque lunghi anni.

Lualdi, pensando al sacrifico ed eroismo dei tanti aviatori, mal digerisce “quanti godettero per la sconfitta, traendone motivo per intonare l’inno alla libertà del proprio tornaconto!”. Costoro, per Lualdi altro non sono che “una certa piccola Italia che, pian piano però, riuscirà ad affondare definitivamente l’altra Italia, silenziosa, avvilita e misera, ma grande” (Maner Lualdi, “Italiani per aria”, Longanesi & C., Milano 1968).

A chi gli chiede se i trimotori aerosiluranti nel conflitto siano stati degli apparecchi leggendari, risponde:

“Certo. Ma per merito dei piloti, per merito degli aerosiluratori del calibro di Buscaglia, di Marini e via dicendo, gente capace di trasformare una scopa in strumento bellico” (Maner Lualdi, “Italiani per aria”, Longanesi & C., Milano 1968).

Non si dà per vinto, riprende quota ma non si dedica solo al volo. Organizza eventi teatrali a Milano venendo a contatto con personalità di spicco del mondo della cultura quali Campanile, Vigorelli, Buzzati, Flaiano, Longanesi.

Nell’aprile 1948 Leonardo Bonzi e Maner Lualdi, con un apparecchio Ambrosini 1001 motore Alfa Romeo, battono il record mondiale di distanza in linea retta per apparecchi da turismo della prima categoria. Decollati da Campoformido sorvolano il Cairo atterrando all’aeroporto di Massaua. Con un volo di circa 4100 chilometri, viene battuto il record precedente di 3318 chilometri detenuto da due aviatori sovietici.

Lualdi conosce anche don Carlo Gnocchi e si spende per i più sfortunati che il noto cappellano aiuta. Nel gennaio1949, a scopo benefico compie un raid da Torino a Rio de Janeiro e Buenos Aires, travagliato da un uragano che fa deviare il velivolo dalla rotta prevista.

Il 19 giugno 1953, seguito dall’operatore cinematografico Ferretti, realizza una nuova impresa con un piccolo velivolo Ambrosini-Girfalco, direzione Polo Nord. In condizioni meteorologiche avverse, in un’unica tirata di ben 3000 chilometri, con partenza e rientro dalla base norvegese di Bardufoss, vengono lanciati fiori sul Mare di Barents in memoria del celebre esploratore norvegese Roald Amundsen morto nel 1928 nel tentativo di ritrovare i dispersi del dirigibile Italia di Umberto Nobile; Lualdi, riceverà alti riconoscimenti.

Dal 1955 compie degli studi sui dischi volanti. Lo fa in maniera approfondita confrontandosi con esperti e giornalisti addentro la materia. Dopo otto anni non crede più a tale realtà.

Il 7 agosto 1957 decolla dal campo dell’Aeritalia di Torino con un Fiat G. 49 Arcobaleno direzione Rio de Janeiro dove giunge l’11 febbraio 1958 per portare a compimento il suo intenso raid aereo Italiani nel mondo attraverso Canada, Stati Uniti, Messico, Guatemala, Costarica, Panama, Venezuela, Colombia, Ecuador, Perù, Cile, Argentina, Uruguay e Brasile.

Attivo in tv ed alla radio, dirige riviste a carattere aeronautico. Capo ed organizzatore del “Raid automobilistico della Fratellanza e della Pace Roma-Pechino” dal dicembre  1967 al maggio 1968, l’impresa, che vede impegnate 2 Alfa Matta in appoggio a 4 Giulia Super, tocca ben ventiquattro Nazioni per complessivi 27000 chilometri. Il Raid viene mozzato a Canton per volontà delle Autorità della Cina comunista che non permettono a tutti i partecipanti di entrare nella Capitale cinese.

Maner Lualdi muore all’età di 55 anni, il 13 settembre 1968, all’ospedale maggiore di Trieste dove è ricoverato dall’agosto precedente per problemi cardiaci: ha tra le braccia della figlia Fiorenza, da poche settimane è in libreria la sua ultima fatica letteraria edita da Longanesi: “Italiani per aria”.

Prefatore del libro è un personaggio destinato a diventare un Monumento del giornalismo italiano: Gianni Brera. Il famoso giornalista, che ha conosciuto Lualdi nel 1937, affascinato dagli “articoli di Maner ufficiale aviatore e giornalista” durante la guerra, ne ha apprezza l’umiltà ben evidente in quel suo non voler parlare di sé.

Il libro esce nel luglio del 1968, anno in cui imperversano Contestazione giovanile, scontri di piazza e tensioni sociali che di lì a poco sfoceranno nella lotta armata facendo sprofondare l’Italia in un tunnel di orrore e di terrore lungo oltre vent’anni.

Lualdi percepisce che, il mutare del vento coincide con l’avvento dei vessilli di parte e di partito che soppiantano il Tricolore mettendo in soffitta gli ideali patriottici e nazionali. Non a caso, da uomo libero ed anticonformista qual è, “Italiani per aria” lo dedica “ai giovani italiani ancora meravigliosamente ancorati ai superiori ideali, e ai genitori che hanno saputo allevare i loro figli nel rispetto delle leggi civiche e morali”.

Michele Salomone

Michele Salomone su Barbadillo.it

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