Focus/2. Ecologia contro illuminismo: falsità dei dogmi consumistici

Un'idea di Stato memore del tomismo arginerebbe le derive originate dalla rivoluzione francese 

Ecologia contro consumismo

Seconda parte dell’intervento di Giannozzo Pucci, storico esponente dell’anima “indiana d’America” dell’ecologismo italiano, all’assemblea costituente della Federazione dei Verdi (Chianciano Terme, 21-23 gennaio 2000). Apparso su Diorama letterario n. 232, gennaio 2000. Per gentile concessione dell’Autore e dell’Editore.


                                                                                  

E’ sotto gli occhi la falsità dei dogmi delle filosofie illuministe, che sostengono l’economia consumistica. Consideriamone alcuni.

1. La ragione umana è l’unica arbitra del vero e del falso, del bene e del male; essa è legge a se stessa e con le sue forze naturali basta a procurare il bene degli uomini e dei popoli.

Ma la ragione umana è irragionevole, perché quasi sempre usata per gli interessi più egoistici, e perciò incapace da sola di fare il bene degli uomini, se non è usata entro confini obbligatori.

2. Lo Stato moderno, come origine e fonte di tutti i diritti, gode     di un certo suo diritto illimitato.

Ciò è falso economicamente, in quanto esistono soggetti finanziari economicamente più potenti di molti Stati e ci sono privati con patrimoni di decine di miliardi di euro e redditi superiori al prodotto interno lordo di alcuni dei maggiori Stati, che finanziano politici o ministri e, oltre a pagare tasse irrisorie, dirigono anche le decisioni politiche verso i loro interessi, perciò non possono essere considerati privati come gli altri: un governo che serve il bene comune deve classificarli altrimenti. È falso anche sul piano del diritto che lo Stato sia la fonte di tutti i diritti e abbia un suo diritto illimitato di emanare qualunque legge, perché i diritti originari, gli usi, gli usi civici, i costumi identitari e le tradizioni morali riconoscono a ogni persona e alla comunità di cui fa parte un valore e una dignità di cui Io Stato deve essere garante e servitore.

3. Non sono da riconoscersi altre forze da quelle che sono poste nella materia, e ogni disciplina e onestà di costumi devesi riporre nell’accumulare e accrescere in ogni modo la ricchezza a nel soddisfare i desideri.

I disastri provocati da questo dogma sono evidenti non solo nella diffusione della droga e delle malattie psichiatriche, ma nell’edonismo e nei consumi che violano uno dei dogmi del liberalismo: “la mia libertà comincia dove finisce la tua”. Infatti stiamo distruggendo il pianeta e la civiltà.

4. Il diritto consiste nel fatto materiale e tutti i doveri degli uomini sono un nome vano e tutti i fatti umani hanno forza di diritto.

È il dogma del diritto del più forte, anzi della “libera volpe in libero pollaio”, che rende la concorrenza di tutti contro tutti la legge sociale e distrugge i valori più alti della civiltà, che emergono solo col tempo e nella pace, cioè quando ogni cosa ha il suo giusto posto, come nei cicli naturali. Il diritto nasce da un dovere compiuto e sono illegittimi quei diritti che comportano la sottrazione della capacità di autonomia economica/alimentare di altri popoli e la degradazione della natura.

5. L’autorità non è altro che la somma del numero e delle forze materiali.

I valori supremi di una civiltà non sono stabiliti dalla maggioranza di una sola generazione o dall’influenza di organizzazioni economiche per grandi che siano, ma da principi che hanno fondato la cultura e la civiltà di un popolo e che nessuna maggioranza politica può legittimamente violare, fra questi c’è iI rispetto degli equilibri naturali come limite invalicabile delle attività umane.

Il sillabo di Pio IX

I cinque dogmi illuministi qui denunciati coincidono con cinque articoli condannati dal Sillabo di Pio IX. Certamente fra gli altri 75 articoli del Sillabo ve ne sono di non condivisibili, mentre la principale finalità dello Stato uscito dalla rivoluzione francese, cioè la tutela dei diritti dell’uomo, è un valore irrinunciabile che rappresenta anche l’evoluzione degli statuti di alcuni comuni medievali, che ponevano la basi del suffragio universale ricavandolo dalla concezione cristiana del valore della persona (per San Tommaso d’Aquino i magistrati dovevano essere eletti ab omnibus et ex omnibus). Ma le parole d’ordine Liberté, Egalité, Fraternité della rivoluzione francese hanno un limite: sono al singolare, come diritti solo individuali, senza porsi mai il problema se esistono limiti, oltre i quali i diritti individuali diventano lesivi di se stessi.

Esiste una siepe giuridica naturale, che definisca i confini della libertà individuale e che ponga un limite insuperabile all’autorità dello Stato costituendo garanzie inviolabili per la coscienza, la vita, l’attività, gli averi e gli usi di ogni persona umana e della comunità di cui fa parte?

Tutte le tradizioni giuridiche riconoscono i diritti imprescrittibili inalienabili di trarre direttamente ed equilibratamente dalla natura il necessario per rispondere, attraverso il proprio lavoro, ai bisogni fondamentali di cibo, riparo, energia, strumenti, salute di ogni esser umano. Si tratta di diritti personali, ma che possono essere esercitati principalmente in quanto membri di una comunità residenziale, giacché richiedono il rispetto di un ordine unanimemente condiviso, da cui dipende la vita di tutti e che esige la    sostenibilità dei comportamenti privati e pubblici.

Per i diritti civici

Questi diritti, chiamati tecnicamente anche diritti civici, sono prioritari rispetto alle costituzioni degli Stati  e rappresentano il modello di confine sia rispetto ai  diritti individuali che all’invadenza dello Stato. Non a  caso la madre di tutti gli inquinamenti e della degradazione ecologica odierna è stata proprio, come ha dimostrato Ivan Illich, la distruzione dei diritti comunitari sulla natura e la trasformazione di questa  in risorsa per le imprese che ha promosso  la nascita delle industrie nelle città.

La crisi ecologica impone la necessità di distinguere nettamente i legittimi diritti delle persone da quelli che passano per diritti individuali e riguardano invece individui e società dotate di poteri economici, tecnologici o di comunicazione di massa a cui nessuna persona comune può accedere nella sua vita e che perciò devono rispettare criteri essenziali di servizio ed etica pubblica.

Il pensiero ecologico mette in questione la libertà scientifica e di ricerca nel campo delle manipolazioni genetiche, dell’energia nucleare e in quelli che mettono a rischio la qualità di vita di tutti e i valori fondamentali della nostra civiltà.

Un benessere derivante da un danno grave alla natura o da un rischio di tale danno non potrà mai essere un diritto né civile, né individuale, né statale,  perché le sue conseguenze porteranno sempre un danno anche alle comunità umane. Perciò è evidente l’esigenza di un’autorità morale a cui riferirsi, dopo la destituzione dei dogmi illuministi, per permettere la rinascita della nostra civiltà.

Tale autorità non può coincidere con lo Stato; Io Stato etico è un’aberrazione, perché non è lo Stato la fonte etica, anche se le leggi che non rispettano la morale di una civiltà operano per la sua distruzione e legittimano l’obiezione di coscienza contro di loro. L’ordine etico della nostra identità civile è scomposto dalla diffusione degli illimitati diritti individuali, che impregnano a tal punto di sé il disordine costituito da allontanare persino l’idea di una morale comune.

Eppure, se non siamo capaci di riscoprire e applicare la nostra etica comunitaria, non saremo nemmeno capaci di capovolgere il processo di degradazione della natura a della società. Infatti, sul piano materiale la gerarchia delle finalità contempla sempre al primo posto l’utile immediato di ogni individuo anche se lesivo dei valori comuni.

La Divina commedia

Dove guardare per ritrovare i fili della nostra etica comunitaria? Una valida fonte è la Divina commedia:

Le cose tutte quante hanno ordine tra loro,

e questo è forma che l’universo a Dio fa simigliante.

Qui veggiono l’alte creature l’orma

De l’etterno valore, il quale è fine

AI quale è fatta la toccata norma.

(Paradiso I, 104-108)

La natura intesa come orma di Dio non si trova solo  in Dante. Per San Tommaso «lo stesso ordine esistente nelle cose create da Dio manifesta l’unità del mondo. Il mondo infatti si dice uno per l’unità datagli dall’ordine secondo il quale le cose sono ordinate le une alle altre» (Summa Teologica I, quest. 47 art. 3). Santa Ildegarda di Bingen definisce la natura il quinto vangelo.

La crisi ecologica prova la verità della tradizione comunitaria a cui la filosofia medioevale fa riferimento come universitascioè il motivo greco e poi cristiano della comunità «per natura», come corpo sociale, spirituale e materiale insieme di cui i singoli individui  sono parti inseparabili. Questa concezione è stata tradotta nella realtà moderna dai pensatori cattolici come Emmanuel Mounier e Jacques Maritain, che hanno ispirato anche la Costituzione Italiana. Ma le nuove consapevolezze portate dal problema ecologico dimostrano l’importanza della tradizione etica ebraico-cristiana per riscoprire un ordine morale, culturale, politico, economico e giuridico che orienti la nostra società alla simbiosi con la natura.

L’unico grande movimento politico di questo secolo che, in una tradizione diversa dalla nostra, ha avuto ispirazioni etico-comunitarie paragonabili a quelle necessarie ai verdi è il movimento del Mahatma Gandhi. Espungere da tale esperienza la nonviolenza intesa solo come tecnica di lotta politica, significa  stravolgerne il senso.

Giannozzo Pucci

Giannozzo Pucci su Barbadillo.it

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