Segnalibro. Storia degli antifascisti italiani al servizio di Winston Churchill

"Sotto altra bandiera" di Eugenio Di Rienzo (Neri Pozza) narra la storia di italiani a libro paga dei servizi segreti inglesi

Sotto altra bandiera di Eugenio Di Rienzo, per Neri Pozza

Quando il fascismo cadde, il 25 luglio del 1943, molti antifascisti si posero domande sul “che fare?”. Schierarsi con gli alleati e combattere contro la propria patria? Era morale questa scelta? Era un tradimento o una battaglia per la libertà e la democrazia che avrebbero fatto bene al futuro assetto democratico dell’Italia libera? E schierarsi con gli alleati quali limiti comportava? Problemi difficili da risolvere specie perché le posizioni, nel fronte antifascista, erano profondamente differenti.

Il liberale Benedetto Croce pensava che mai si sarebbero dovute rivolgere le armi contro la Madrepatria e i compatrioti, in questo essendo in linea con la mentalità degli anglosassoni (famoso il motto citato spesso in Usa e nel Regno Unito, “giusta o sbagliata, la mia patria è la mia patria”). Il socialista Gaetano Salvemini, invece, affermava che era doveroso schierarsi contro la patria secondo espresse condizioni. Quali? Al termine della guerra l’Italia avrebbe dovuto mantenere l’integrità territoriale e la piena sovranità, due condizioni che gli alleati avrebbero dovuto garantire. La maggioranza degli intellettuali antifascisti, pur ponendosi qualche scrupolo, decise di schierarsi con gli alleati, operando nel nome di una bandiera straniera e non del tricolore. Lo fecero senza richiedere troppe condizioni o accettando, addirittura, che le nazioni che li ponevano a libro paga non dessero alcuna garanzia sul futuro dell’Italia. Molti antifascisti erano già da anni in esilio e, dopo un avvicinamento graduale da parte di agenti dei Servizi segreti britannici, furono arruolati nel SOE (Special Operations Executive), sezione speciale dei servizi di intelligence sotto gli ordini diretti di Winston Churchill. Questa sezione veniva chiamata “L’esercito segreto di Churchill”.

Di recente nel Regno Unito sono stati desecretati molti documenti su questo tema ed è emersa una geografia della collaborazione in cui i militanti politici italiani, già esuli in Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, si trovarono coinvolti in doppi e tripli giochi, tradimenti, ripensamenti, spesso senza vedere accolte le proposte da loro avanzate. C’erano anche idealisti che avevano visioni politiche surreali, come Emilio Lussu, convinto che una sollevazione popolare contro il fascismo (definita “guerra santa”) sarebbe partita proprio dalla sua Sardegna per estendersi nel resto della penisola. Aldo Garosci, Alberto Tarchiani, Leo Valiani e Max Salvadori misero a punto altri progetti che non trovarono accoglimento, come a esempio la creazione di una “Italian Legion”, un corpo militare che avrebbe dovuto combattere con gli alleati contro l’Asse. Progetto mai varato perché non si trovò mai un numero appena sufficiente di volontari. I prigionieri italiani in India e negli Usa preferirono rimanere nei campi di concentramento degli alleati piuttosto che venir meno al giuramento alla bandiera (tricolore).

Utilizzando ampiamente i documenti inediti appena desecretati, lo storico Eugenio Di Rienzo, docente alla Sapienza, ha pubblicato un libro di particolare interesse ed equilibrio, Sotto altra bandiera. Antifascisti italiani al servizio di Churchill (Neri Pozza ed.). Un libro utilissimo per comprendere certe dinamiche nell’ambito del movimento antfascista.

Nel dopoguerra, quando l’Italia subì pesanti amputazioni territoriali (parte della Venezia Giulia, Zara, Fiume, l’Istria, la costa dalmata, le isole istriane e dalmate e il futuro allora ancora incerto di Trieste), frutto forse di un accordo fra Tito e Churchill, le richieste degli antifascisti che avevano combattuto per gli alleati non erano state prese in considerazione. Molti di loro capirono la lezione di realismo politico con ritardo. La lezione fu chiara: la Gran Bretagna già dagli anni Trenta voleva ridimensionare le aspirazioni geopolitiche dell’Italia nel Mediterraneo e alla fine della guerra istituire un protettorato sull’Italia che avrebbe dovuto svolgere una funzione di guardia dell’Impero britannico nel “lago inglese” che, con lo stretto di Suez da una parte e quello di Gibilterra dall’altro, aveva posto già una importante ipoteca. Quella che doveva essere – per gli antifascisti – una guerra per la libertà e per la democrazia si rivelò una guerra “per il dominio, per il vantaggio economico e politico, per l’egoismo di Imperi e di nazioni”.

A livello militare e di intelligence gli antifascisti italiani che lottarono sotto la bandiera del SOE, al servizio di Churchill, non dettero grande apporto. Se qualche eccezione si può fare riguarda Leo Valiani e Max Salvadori entrambi al centro della trama che portò alla fucilazione di Mussolini. Un’esecuzione ben accolta da Churchill che aveva avuto contatti epistolari compromettenti con Mussolini, prima e durante tutta la guerra, e per questo sperava che non fosse istituita una Norimberga italiana: si sarebbe rivelata troppo imbarazzante per la Gran Bretagna. Meglio lasciar mano libera ai partigiani, dietro sollecitazione, pare, di Max Salvadori, a patto di portare a Londra la famosa borsa nera con documenti scottanti che Mussolini aveva sempre con sé.

Eugenio Di Rienzo, Sotto altra bandiera. Antifascisti italiani al servizio di Churchill, Neri Pozza ed., pagg. 237, euro 19.00

 

Manlio Triggiani

Manlio Triggiani su Barbadillo.it

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