“Ritratto di ragazzo”: Mário Cláudio, la Bellezza e Leonardo da Vinci

Un romanzo da leggere: il rapporto tra maestro e allievo nel racconto di un grande delle lettere portoghesi

Il fatto che il genio di Mário Cláudio non sia poi così conosciuto in Italia è la dimostrazione plastica di quanto sia provinciale il dibattito letterario in questo Paese. Per fortuna, però, c’è chi si sottrae all’esercizio al conformismo obbligatorio e trova il coraggio, come la casa editrice Morlacchi di Perugia, di proporlo al pubblico italiano. Proprio per i tipi di Morlacchi, e con la preziosa curatela di Brunello Natale De Cusatis, è uscito da qualche tempo il romanzo Ritratto di ragazzo che ambisce, riuscendoci, a raccontare la storia di “un allievo nello studio di Leonardo da Vinci”. Il libro, che in portoghese (la versione di Morlacchi è bilingue e la scelta di mantenere il testo a fronte è davvero interessante anche per il lettore non lusofono) s’intitola Retrato de Rapaz è iscritto all’interno della trilogia máriocláudiana degli affetti che investiga nei rapporti tra le diverse generazioni.

Leonardo da Vinci, dunque. Altrimenti detto l’Uomo. Parte, Mário Cláudio, dalla storia vera del suo allievo Gian Giacomo Caprotti aggiungendoci, poi, delle pennellate poetiche che elevano la vicenda ad arte. Proprio quello che deve fare uno scrittore. È il rapporto tra maestro e allievo a essere investigato. Ma scordatevi la retorica dei super-prof o delle docenti fragili e brillanti di cui è fin troppo pieno il sottobosco retorico e  commerciale di libri, romanzi e serie tv. L’Attimo fuggente non c’entra niente. E i suoi epigoni ancora meno. È un maestro, Leonardo da Vinci, che si accorge subito di quanto sia riottoso il suo allievo a voler imparare. E che perciò impara a guardarlo da lontano. Lui e Caprotti sono due anime che innate divergono, orientate come sono in modo opposto. Tanto s’astrae il primo, l’Uomo dedito a risolvere il grande enigma del creato e delle sue leggi, quanto s’affoga nella materia il secondo, il Salaì, il birbante, il demonietto, pronto a ogni bricconeria, capace di piegare gli altri a sé, un autentico menino da rua, consapevole di quanto sia potente il suo fascino, la sua bellezza efebica e fermamente determinato a superare ogni limite. E che si contrappone, tentandola e distraendola ma al tempo stesso temendola e rispettandola, a quella del genio assoluto di Leonardo. Un braccio di ferro, un bisticcio d’amore. Che, pian piano, esula dalla storicità stessa dei suoi protagonisti per farsi racconto universale. Ma non è così semplice. A rendere prezioso il romanzo è la prosa, le parole e lo stile scelto da Mário Cláudio, e perfettamente rispettato e anzi impreziosito dalla meravigliosa e intelligente traduzione (che dunque per una volta non è “tradimento”) di Brunello Natale De Cusatis. L’ambientazione è rinascimentale e la delicata poesia aerea delle descrizioni, dei dialoghi, del racconto stesso rende prezioso e delicato il romanzo stesso che quasi, stilisticamente, riporta alla mente gli affreschi medievali messi per iscritto da quel gigante che fu Anatole France de L’Allegro Buffalmacco. Merce rara, rarissima, al tempo d’oggi. E ciò sia detto non certo per la solita retorica. È davvero così. (g.v.)

Mário Cláudio, Ritratto di ragazzo (a cura di Brunello Natale De Cusatis), Morlacchi Editore, 249 pagg., 16 euro

Brunello De Cusatis

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