Storia. Centenario di un progetto. Mario Palanti ed il duce

Si è discettato di una sua 'architettura monumentale e fascista'. Palanti era un nazionalista, forse un sincero fascista

La data la sappiamo per la dedica che il Presidente del Consiglio gli rilasciò in calce alla sua fotografia: ‘All’architetto Mario Palanti che conosce gli ardimenti latini e romani della costruzione. Roma, 9 agosto 1923. Mussolini’.

Poi pubblicata dal Palanti in L’Eternale. Mole Littoria, un saggio edito da A. Rizzoli & C. nel 26. Il volume illustra il progetto del Palanti, forse solo accennato al duce nel settembre 1923 e poi particolareggiato nella presentazione, per così dire, ufficiale, un anno dopo, a Mussolini. Che aveva trovato Eternale pomposo, dannunziano, consigliando un più prosaico ‘Mole Littoria’. Le due denominazioni conviveranno. Il progetto, smisurato e completamente fuori scala, senza contatto con il tessuto urbano sul quale il suo grattacielo avrebbe dovuto posare, tra via del Corso e via di Ripetta, nel cuore del centro storico di Roma, fu concepito dal Palanti, che conosceva la fortuna e la libertà edilizia in America Latina, a Buenos Aires poi a Montevideo, dove costruì importanti edifici, tra i quali i due al tempo più alti del subcontinente, il Palazzo Barolo ed il Salvo. Avanza la proposta per un edificio grandioso, unico, che, nelle intenzioni, sarebbe stato il più alto al mondo, 88 piani, 330 metri di altezza, una superficie di 70.000 m2, 4.500 vani, 100 saloni: la Mole Littoria, che avrebbe dovuto celebrare il fascismo, accogliere il parlamento ed uffici governativi, alberghi, sale conferenze e riunioni, stazione telefonica e telegrafica, persino un osservatorio astronomico. Il tutto ricoperto di bianchissimo marmo di Carrara, che lo avrebbe reso un accecante bagliore riflesso sulla città. Una torre centrale contornata da altri volumi e poggiata su una base orizzontale con una sorta di pronao ellittico centrale. Le cupole della Capitale ne sarebbero state soggiaciute, lo skyline sconvolto.

Rendering Mole Littoria, Roma

Mole quale simbolico contraltare allo smisurato, retorico(e bianco) Monumento a Re Vittorio Emanuele II? O una trilogia mistica, com’egli stesso scrisse: San Pietro ed il Vaticano, il Cattolicesimo; l’Altare della Patria in Piazza Venezia, il Risorgimento; la Mole Littoria, la Rivoluzione fascista. Dapprima, il duce è entusiasta dell’idea; guarda il disegno ed esclama: Veramente impressionante e formidabile. Sarebbe stato il grattacielo più alto del mondo ed ancora oggi sarebbe il più alto d’Italia (più dell’UnicreditTower di Milano). L’edificio ricorda da un lato i successivi palazzi pubblici dell’Urss, le Sette Sorelle, scenografici ed immensi, costruiti in epoca stalinista, dall’altro i grattacieli statunitensi. Una spia del mito americano che Palanti subiva, forse.

Mario Palanti nacque a Milano, il 20 settembre 1885, da una modesta famiglia di origini cremonesi. Cominciò la sua formazione artistica a 19 anni, entrando all’Accademia di Brera, preceduto dal fratello Giuseppe, poi buon pittore, più grande. Si diplomò architetto nel 1909. A Buenos Aires una sorta di voracità edilizia e di opulenza finanziaria attraevano legioni di architetti giovani. Palanti era di sicuro attivamente immerso nell’atmosfera artistica, culturale e spirituale deltempo. Il rifiuto delle avanguardie, il futurismo, l’espressionismo, il razionalismo, contribuirono a fissare i contorni, variabili, del suo eclettismo, assai diffuso, ma dal quale non saprà poi separarsene.

Progetto Palazzo del Littorio, Roma, 1928

Il 28 settembre 1924 Mussolini si congratula con Palanti che gli presenta nella biblioteca di Palazzo Chigi, a Roma, il progetto della Mole, al quale ha lavorato intensamente. Il duce lo felicita e firma l’autografo Per la Mole Littoria, alalá. L’entusiasmo di Mussolini causa sensazioni e ripercussioni ovunque. Il New York Times del 28 dicembre 24, titola un articolo Architects dream of a pinnacle city, in riferimento all’intenzione di erigere un edificio di smisurata altezza, superiore alla Torre Eiffel, la costruzione più alta al mondo. Un sogno irrealizzabile. Palanti dispiega una costante ricerca e sperimentazione formale, una composizione di differenti stilemi che estrae dal repertorio del passato per rielaborarli, generando un linguaggio nuovo, una reinterpretazione dinamica. Però, Marcello Piacentini, autorevole architetto ed urbanista per tutto il Ventennio, esprime un parere (logicamente) contrario al progetto. Il centro di Roma non doveva essere deturpato, ma conservare una coerenza di volumi e di stili. Mussolini sa anche ascoltare e poi: chi si sarebbe fatto carico del costo enorme, altrettanto smisurato, dellEternale? Il capo del governo sarà sempre attento a mantenere sotto controllo la spesa pubblica… Palanti riduce progressivamente l‘altezza della Mole Littoria: da 330 metri, a 300, a 130, infine, ad appena 80. Ma tutto è inutile: non se ne farà (per fortuna) nulla. Esiste pure nel web un rendering in 3D e mostra l’assurdità megalomane dell’idea.    

                 

L’architetto Mario Palanti

Tornato a Buenos Aires, nove mesi dopo, Palanti rielabora l’ideazione, con una maggiore sensibilità circa la situazione, precaria, dell’Italia nel postguerra, ancorché vittoriosa, alla quale aveva partecipato come Ufficiale del Genio. Il disegno iniziale proponeva un’altezza poi drasticamente ridotta. La Mole era stata pensata con una idea errata dell’economia della patria. Propone allora un meccanismo di finanziamento che preveda un beneficio e non un onere per lo Stato. Il nuovo progetto è presentato nel Salone della Vittoria di Milano, nel giugno 1926, ma rimane allo stato di proposta, allo studio. Palanti proponeva una nuova estetica per la nuova Era Fascista. Ma fallisce. Altre saranno le vie della modernità perseguite dal regime, dal novecentismo di Piacentini al razionalismo. Che si diffonde all’indomani della WWI ed è caratterizzato dalla identificazione tra forma e funzione, l’utilizzo di volumi netti, la preponderanza della linea e degli angoli retti, l’abolizione di ogni decorazione, la semplicità. Varieinesattezze sono dette e ripetute da ‘zelanti antifascisti’ sul progetto della Mole Littoria come edificio fanaticamente propagandistico del regime, su Palanti ‘architetto di Mussolini’ ecc. Non risulta ch’egli coltivasse un particolare culto della romanità. A meno di non far rientrare nella ‘romanità’ il bizzarro ‘edificio a nave’ presentato (e bocciato) nel 28 quale sede del PNF, neppure antesignano di ‘architettura nautica’, semmai di Innovative Architecture, stramberie postmoderne di decenni successivi…

Era massone (lo erano quasi tutti gli architetti, Piacentini compreso), come il fratello Giuseppe, ma anche Dio e Patria, lasciò scritto sul Mausoleo familiare. Si è discettato di una sua ‘architettura monumentale e fascista’. Palanti era un nazionalista, forse un sincero fascista – non mi ricordo, peraltro, di architetti antifascisti prima del ’43, neppure Giuseppe Pagano, che poi morì a Mauthausen il 22 aprile 45, o Gino Levi Montalcini (fratello del Nobel Rita), autore, anzi, del Monumento ai Martiri fascisti a Torino, 1933, distrutto nel 45 – ma non lo fu la sua architettura. Non esistette mai, del resto, una architettura fascista o littoria, qualche torre, aquile, fasci, motti su edifici per lo più razionalisti. Fa sorridere l’impegno di ‘antifascisti militanti‘ a voler tuttora demonizzare non solo le realizzazioni, ma alcune proposte di singoli, forse ‘mostri’ urbani, ma che tali rimasero. Come tutti gli architetti, Palanti cercava soprattutto committenti!

Nel Ventennnio l’architettura fu essenzialmente funzionale, pragmatica, includendo le grandi opere di urbanistica, le nuove città; ben pochi gli esempi di arte trionfalistica o autocelebrativa. Nessun smisurato monumentalismo. Dal 1928 il silenzio, o quasi, sulla sua attività. Anche se Palanti continuò a promuovere progetti, a diffondere idee; istituì una Fondazioneed avanzò proposte, senza seguiti, una per il Palazzo Littorio.Probabilmente deluso, disegnò e fece costruire in quegli anni l’Edicola Palanti nel Cimitero Monumentale di Milano, la magniloquente tomba per i suoi amatissimi genitori. Per gli onerosi costi di manutenzione sarà donata al Comune di Milano dal Palanti stesso, nel 1974, che la utilizzerà come secondo famedio per tumularvi ‘illustri cittadini’.        

Palanti torna in Argentina per seguire l’esecuzione di alcuni progetti, ma sono gli ultimi. Nel luglio 1933, a quasi 48 anni, egli contrae matrimonio, a Rosario, Santa Fe (dove aveva progettato delle costruzioni), con María Elena Castagnino Tiscornia, una degli undici figli di una cospicua famiglia di commercianti ed artisti di origine italiana. Matrimonio che sarà poi sciolto: nel 43 Maria Elena convolerà a seconde nozze, poi tornerà in Argentina. Non risultano essere nati figli.

L‘attività di Palanti non lascia più creazioni significative, in Italia, in Argentina, né in Uruguay. Nel 1942 progetta le rampe dal piazzale Duca d’Aosta (odierno) alla galleria di testa della stazione Centrale di Milano. E brevetta il Palandomus, un sistema per erigere murature a secco, destinato a servire da elemento modulare per costruzioni rapide, economiche. Fu professionalmente attivo sino a tarda età. Mario Palanti si spegnerà a Milano, a quasi 93 anni: sarà tumulato nel suo Mausoleo il 4 settembre 1978.  

Gianni Marocco

Gianni Marocco su Barbadillo.it

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