Focus/3. Ecologia contro illuminismo e Verdi sempre più sbiaditi

La scelta infelice di limitarsi all'ambientalismo scientifico come spazzino della società industriale      

Ecologia profonda
Ecologia profonda

Terza e ultima parte dell’intervento di Giannozzo Pucci, storico esponente dell’anima “indiana d’America” dell’ecologismo italiano, all’assemblea costituente della Federazione dei Verdi (Chianciano, 21-23 gennaio 2000). Apparso su Diorama letterario n. 232, gennaio 2000. Per gentile concessione dell’Autore e dell’Editore.

Giannozzo Pucci

La debolezza degli ambientalisti è stata credere e far credere che soprattutto la produzione degradi l’ambiente. Il consumo, che sostiene la produzione, è raramente considerato un errore, al massimo sembra una debolezza umana compatibile. L’ideale di un ambientalista è imporre restrizioni alla produzione, senza gravare sulla coscienza dei consumatori. Ma oggi tutti i consumi sono stravaganti e consumano la terra, perciò siamo tutti colpevoli.

La forza morale del movimento gandhiano si è sviluppata quando è riuscita a collegare gli obiettivi politici coi valori della tradizione, provocando il rifiuto di massa del consumo di prodotti dell’industria tessile inglese e la rinascita delle economie comunitarie dei villaggi rurali. Un movimento politico fondato su ideologie ottocentesche non potrà arrivare a qualcosa di simile, potrà, al massimo, ottenere pezzi del potere nel Palazzo, ma non sviluppare il potere di esseri umani, piante e tutti i membri della casa comunità ecologica.

Ridurre gli effetti lasciando le cause

Il partito verde, aderendo all’ambientalismo scientifico, si è assunto il compito di spazzino della società industriale avanzata, come se l’ambiente fosse la sovrastruttura della produzione tecnologica, e occupandosi di obiettivi specializzati (i rifiuti, le acque, ecc.), ha illuso che sia possibile rimediare agli effetti, lasciando intatte le cause. Con un atteggiamento simile si diffonde l’idea della subordinazione e inutilità dei verdi.

I partiti politici ottocenteschi, sia di sinistra, sia di destra, sono indissolubilmente legati all’industrialismo e, perciò inadeguati a comprendere una visione ecologica. La collocazione dei verdi è al centro, non come mediazione fra destra e sinistra o ago della bilancia neutra sbattuto da altre filosofie, ma come altra via non riconducibile alle categorie della conservazione. del progressismo e della globalizzazione, ma quella contrastata della tradizione dei limiti naturali, delle comunità, economie locali e delle future generazioni.

La croce tombale della Dc

Al centro della politica italiana c’è la croce tombale della Democrazia Cristiana Conseguenza della sua incapacità per troppo tempo di incarnare e attualizzare la tradizione etica del cristianesimo nel ruolo contemporanea dell’Italia. Questa fine, arrivata dopo un ventennale processo di disfacimento del mondo cattolico, invaso e conquistato dalle idee marxiste e radicali, ha lasciato un vuoto. I verdi da soli non possono colmarlo, ma possono farsi promotori, insieme alle forze vive del volontariato e della cultura cattolica, di una revisione del Codice di Camaldoli che serva da base di un nuovo progetto politico sulla base delle esperienze maturate nell’ultimo mezzo secolo.

Alcuni temi di un simile progetto politico potrebbero essere:

·       In occasione della revisione della Carta Costituzionale, introdurre con maggiore enfasi i principi personalisti e comunitari prevedendo la rinascita dei diritti civici e la semplificazione legislativa. La reintroduzione del sistema proporzionale (puro, con piccolo premio di maggioranza);

·       La rinascita di una politica economica neokeynesiana con interventi pubblici, incentivi e liberalizzazioni finalizzate a una forte de-proletarizzazione del lavoro, finalizzando tutto questo alla rinascita dell’agricoltura artigianale e la ricostruzione del mondo rurale italiano nella costruzione di un territorio totalmente ecologico come base di una nuova società ed economia;

·       Il ritorno alla terra e la ricostruzione del mondo rurale anche attraverso l’acquisto di terre ai demani da concedere in uso come riequilibrio dell’economia e della salute dei cittadini, attraverso una parziale autarchia alimentare a livello regionale per le derrate strategiche e l’abolizione di ogni forma di dipendenza dell’agricoltura dall’industria, vietando ogni inquinamento chimico dì sintesi dall’agricoltura italiana che ne qualificherebbe i prodotti a livello internazionale;

·       Liberalizzazione, detassazione e copertura assicurativa pubblica dell’apprendistato nelle attività artigianali che non producono inquinamenti;

·       Sviluppo di nuove partecipazioni statali nel settore delle energie rinnovabili e delle iniziative per la riduzione delle emissioni di anidride carbonica come uno degli obbiettivi principali della ricerca.

Un ruolo per l’Italia 

 

Nella politica estera la nuova politica interna può mettere il nostro Paese in condizione di assumere pienamente il suo ruolo di aiutare i popoli svantaggiati a liberarsi dai ricatti del commercio internazionale, costruendosi un’economia autosufficiente in campo energetico e alimentare. In questa chiave è necessario riprendere la politica italiana degli anni ’50-’60 per la pace e la collaborazione dei popoli nell’intera famiglia umana.

La potenza economica non basta a dare a un Paese la guida nel mondo. Gli Stati Uniti d’America per diversi decenni hanno messo la loro forza economica al servizio di un progetto di libertà, democrazia e benessere, apparso a molti come il più avanzato e rispondente alle aspirazioni umane alla felicità.

Gli eventi, che – dal GATT – hanno portato all’Organizzazione Mondiale del Commercio fino al mancato accordo di Seattle, stanno intaccando il fascino del sogno americano e fanno emergere il sostanziale romanticismo e illusorietà di un tipo di benessere settoriale fondato sullo sfruttamento della natura e di masse sempre maggiori di popoli affamati.

La Lettera ai contadini di Jean Giono 

Gli emigranti che, dopo aver conosciuto il benessere dei Paesi ricchi, ne sentono la miseria culturale e tornano a casa, per un bisogno di comunità e di identità, sono le avanguardie della comprensione di un modello di benessere, libertà e democrazia capace di essere tale per tutti i popoli e che sgorga dalle tradizioni più radicate dello spirito europeo, di cui la  Lettera ai contadini sulla povertà  e la pace di Jean Giono (Ponte alle grazie) è uno dei tanti monumenti.

I manifesti pubblicitari dicono che mettere nelle mani delle multinazionali il commercio di tutti i prodotti della Terra coincide con una maggiore solidarietà fra i popoli. Simili slogan illusionisti sono fragili, perché nascondono una realtà opposta. Il nuovo progetto politico possibile del centro cattolico e verde deve contenere un disegno di commercio internazionale della stessa ispirazione di quello che Enrico Mattei perseguì per il petrolio.

Ora è possibile rovesciare sulla visione illuminista di progresso tutte le accuse di ritorno al passato con cui ha bombardato le filosofie cattoliche, gandhiane ed ecologiste nell’ultimo secolo.

Non c’è una famiglia italiana che non abbia qualcuno dei suoi cari morto per cancro. La diffusione della droga fra i giovani è devastante. Investire la società italiana con l’obiettivo di ricostruire il suo mondo rurale insieme alle basi stesse della sua civiltà è un messaggio di rinascita che vale la rinuncia al modello consumista per prendere la strada di un’economia stabile, comunitaria, basata sulla giustizia e sulla solidarietà.

Giannozzo Pucci

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