Machiavelli: “Homo faber fortunae suae”. Ma non è così per tutti

Intorno all' "Homo faber" di Max Frisch tra imprevisti, destino e determinazione umana

Homo faber di Max Frisch

Homo faber di Max Frisch

Walter, ingegnere svizzero, decolla su un Super-Constellation che parte con tre ore di ritardo. Walter Faber è un tecnico che lavora per l’Unesco, imbevuto di sé grazie alla formazione scientifica. Un bagaglio Inconfutabile, così lo ritiene. Si definisce: “Un tipo concreto, coi piedi piantati in terra.” Non sa che il suo autore, Max Frisch, ha deciso di trattarlo da bersaglio per un ventaglio di frecce del destino. Imprevisti, come al gioco del Monopoli. Al confronto il percorso di Giobbe è un viaggio al Bengodi.

Come aperitivo gli scatena contro una tempesta di neve e gli affibbia un vicino ciarliero, una zecca. Il suo obiettivo è un duello tra tecnica e natura con la sconfitta della prima, per quella arrogante certezza vantata. È avversione a l’Homo Faber reclamizzato negli anni cinquanta. Walter è convinto che la vita sia un’equazione, di conoscere la chiave delle incognite. Vedrà, vedrà!

Il motore in avaria, l’elica una croce immobile. “Go on!” La discesa,  l’atterraggio fortunoso, la scala di corda. Il deserto di Tamaulipas, Messico, agavi e sabbia. Senza una birra! Nei colloqui imposti dall’assillante molesto    salta fuori che costui è stato  il marito di Hanna, il suo amore di gioventù. L’Hermes-Baby è piena di sabbia. Walter deve subire i vaticini di quel compagno indesiderato: “il tecnico, ultima edizione del missionario bianco, l’industrializzazione come ultimo vangelo di una razza morente…” Non può evitarlo, sul Landrover trovato a fatica stanno cercando di raggiungere il Guatemala. A pagina 96 gli viene appioppato il nome Marcel e diventa filosofo: “La mort est femme! La terre est femme!”

Finalmente in Venezuela per il montaggio delle turbine e poi a casa. Una casa che Ivy, la sua amante del momento, chiama “nostra”. Questo lo infastidisce. Ah prima deve tirar giù un impiccato. “Nuestro senor ha muerto,” gli indios. Si tratta dell’amico Joachim, uno dei mariti di Hanna. Il percorso è impervio, ci sono gli zopilotes, uccelli neri che beccano le carogne.

Ivy. “… forse è lesbica, forse frigida.” Lo vuol sedurre perché lo trova mostro. “Ivy un caro tipetto quando non comincia a ragionare con l’utero.” Walter riparte, questa volta con una nave. E Ivy sparisce con Manhattan nelle riprese del “nuovo teleobiettivo”. I gabbiani e una ragazza bionda, Sabeth. Walter la corteggia ma con discrezione. Il tecnico al posto del groviglio di emozioni ha gli ingranaggi ben oliati di una macchina.  Walter e Sabeth in viaggio attraverso l’Italia nel 1957. Lui: “Dei musei non so che farmene.” Gli interessano la costruzione di strade, di ponti, la nuova Fiat e il Campari! Negli alberghi le camere da due diventano una…

Grecia. Su una spiaggia da qualche parte, forse Theodohori, una vipera morde al seno la ragazza in bikini. L’emergenza di un viaggio travagliato con un camion verso un ospedale di Atene. All’ospedale giunge anche la madre che è Hanna.

Il sole, il mare e un amore. Per Walter sembrano finite le ambasce. No. Max è subdolo, mefistofelico. Stravolge il complesso di Edipo, questa volta coinvolto non per la desueta rivolta al padre, ma per il suo matrimonio con Giocasta, sua madre. È colto nel peccato dell’incesto. Gesto involontario ma che sussiste con la sua gravità, così per Walter. Sabeth è sua figlia, nata dalla precedente relazione con Hanna, e l’ha posseduta.

Max spende pagine a favore dell’aborto per la minaccia della sovrappopolazione, persino in forma pedante. E conciona la sua donna in tal senso. Invano, Hanna ha scelto di essere madre. Non ha rispettato il suo diktat e non glielo ha detto. Sabeth muore per aver picchiato la testa, il serpente ha un valore simbolico.

Walter ha voluto terminare il loro periplo in Grecia perche’ conscio della dovuta resa dei conti con gli dei che ha sfidato. Con uno scenario ampolloso, adeguato. Un fondale degno della tragedia che si consuma. Come reagisce a quella pioggia di fatalità? A sua difesa ripete: “Non credo al destino, mi baso sulle probabilità.” Sterile. È colpevole di hybris, si è ribellato ai capricci divini. C’è un prezzo da pagare? La fanciulla amata. Gli dei la pretendono, sicuramente diventerà un fiore.

Frisch nel libro gioca con il tempo, prende Walter per la collottola  lo sbatte nel prima e nel dopo. Svolge nel presente il passato. Capita che il lettore sia interdetto e chieda: “Max, Walter, dove siete? Cosa fate?” La trama è condensata in pochi mesi. Max è molto condiscendente con Walter, sembra che gli lasci fare lanarrazione con la cinepresa, a fotogrammi. Come è stato rimarcato. Inoltre Frisch è architetto ed ha applicato le regole della Bauhaus, quindi semplicità e non spreco di parole.

L’essere un tecnico comporta disaffezione nel sociale, poca empatia. Questo si ripercuote sugli amori di Walter a partire dalla moglie del suo professore di liceo. È rude nei commenti sulle donne, soporifero nei corteggiamenti, seppure con sfoghi a vanvera. E sembra contagiare Max Frisch nella sua storia d’amorecon la poetessa Ingeborg Bachmann. Sicuramente un capitolo da aggiungere. L’ammirazione letteraria reciproca si tramuta in amore e convivenza. Questa è burrascosa e avviene in un girotondo vorticoso di Paesi compreso New York. Sono una coppia aperta. I due amanti hanno stipulato il “contratto di Venezia” nel quale è ammessa l’infedeltà. A Max però non basta avere solo parte di lei e protesta. A sua volta la poetessa gli fa notare che ad avvalersi della clausola dei tradimenti è statosoltanto lui. Sarcastica.

Natascha Fioretti ha raccolto i commenti fioriti su loro rapporto: Il cancello dell’inferno di un amore, una maledizione, una lunga lotta.   “Dolore, pentimento, vergogna, ho pianto” si rinfacciano;la malinconia è sovrana e duplice.

Si lasciano e la Bachmann precipita in un baratro di depressione. Tenta il suicidio e finisce in una clinica psichiatrica di Zurigo. Dopo si stabilisce a Roma ma abusa di alcol e psicofarmaci. A soli 47 anni avvolta nella vestaglia diventa un falò nella sua casa di via Giulia, con la complicità dei barbiturici e di una sigaretta. Insisteva affinché le trecento lettere della relazione fossero bruciate e invece la tragica fine colpisce lei.

Max le sopravvive un sacco di anni ma ecco il colpo di teatro, gli viene diagnosticato un male simile a Walter. Si rinnova la distinzione: la malattia di Walter è ideata da Max mentre quella di Max giunge da chissà chi, dall’oscura ombra. E c’è il fenomeno della coesione del protagonista con l’autore. Ambedue operati, non c’è più distinzione. La fusione.

C’è stato un plagio, il libro lo avrebbe dovuto scrivere Walter e gli inconvenienti di natura sarebbero stati veraci. Non decisioni di Max truffaldine, spacciate, come sono.

Le decisioni, i casi fortuiti e, intriso di acqua benedetta, il libero arbitrio. Nietzsche afferma che questo non esiste, è un’illusione umana. Eppure ha preso decisioni che sono rotolate sino a noi.Dalle neuroscienze della meccanica quantistica la dimostrazione:scegliere e decidere un inganno, tutto è predeterminato. Per fortuna non tutti i filosofi sono d’accordo. Meno male che qualcosa possiamo ancora decidere.

In fondo le nostre decisioni non sono inficiate da iracondi dei ma dal vicino di casa che si ostina a non pensarla come noi.

Gianfranco Andorno

Gianfranco Andorno su Barbadillo.it

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