Avanza su Kursk cedendo il Donetsk: la partita a scacchi dell’Ucraina

La "diversione" in territorio russo, contro le intenzioni Usa, è più diplomazia che strategia

Partita a scacchi

Mentre l’attenzione occidentale è sull’incursione ucraina nella regione russa di Kursk, nel Donbass le cose non vanno bene per Kiev.

Sebbene non sia strano che l’esercito ucraino abbia deciso di entrare nel territorio del Paese nemico, l’iniziativa ha lati inconsueti.
Contrariamente a quanto è sempre avvenuto, infatti, soprattutto la stampa Usa ha criticato l’operazione. Il che è singolare, perché il sostegno a Kiev è stato quasi sempre totale e acritico. In apparenza, anche questa operazione è stata coordinata – diretta? – dai comandi Nato-
Che l’incursione distraesse truppe russe dal Donbass, si è rivelato illusorio e ciò significa che l’operazione è stata mal concepita. In più concentrare lì forze (uomini, corazzati, Mbt, artiglieria, sistemi anti-aerei e anti-missile…), scegliendo tra i reparti migliori, non pare una diversione.
Il fronte si sta stabilizzando e le unità russe, negli altri settori del fronte, non sono state spostate qui.

Russi avanti nel Donbass

 
Mentre infatti Syrsky raggruppava il meglio del suo esercito, senza compiere una vera penetrazione in profondità, il ritmo di avanzata russo nel Donbass è cresciuto significativamente, soprattutto nell’oblast di Donetsk – quello in cui il territorio ancora sotto controllo ucraino è più ampio. In alcuni giorni sono caduti in mano russa i villaggi di Sveredonovka, Novozhelannoye, Zavetnoye, Zavizne, Viemka, Dzerzhinsk, Scukne, Mezhevoye, Skuchnoye, Zhuravka, Novgorodskoye, Zhelannoye, Komyshivka, Ptichye, Mezhevoy… Particolarmente significativa l’avanzata su Pokrovsk e Toretsk, punti nodali della difesa ucraina sul fronte del Donbass.

8 in tattica, 0 in strategia

Senza le forze dislocate a nord-est, nella regione di Sumy, l’intero settore rischia di essere travolto, con potenziali conseguenze disastrose per le forze armate ucraine nel loro complesso. Nonostante l’iniezione di fiducia che – tra l’altro – l’incursione verso Kursk si sperava apportasse al morale delle truppe, il risultato sembra opposto: molti comandanti delle unità schierate nel Donbass, infatti, stanno criticando l’operazione, per le conseguenze sul fronte sud-est. E ci sono nuovi casi di insubordinazione di reparti. Insomma, sembra che l’Afu (o meglio, la Nato) abbia una strategia vaga, seppure – come in questo caso – efficace tatticamente, ma non strategicamente.
Ecco gli scenari suggeriti dal New York Times. Qualcuno tra i russi si era accorto per tempo che qualcosa non andava. Circa un mese prima dell’attacco, era stato presentato ai vertici militari un rapporto in cui si affermava che “le forze erano state individuate e che lo spionaggio indicava i preparativi per un attacco”, ha dichiarato Andrei Gurulyov, parlamentare russo ed ex alto ufficiale. “Ma dall’alto è arrivato l’ordine di non farsi prendere dal panico”.
Scrive il New York Times: “Le scene dei video erano decisamente russe. Uno stabilimento della Gazprom. Bandiere a strisce orizzontali bianche, blu e rosse. Un supermercato Pyatyorochka. I soldati che hanno pubblicato questi video erano ucraini e mostravano quasi con entusiasmo la facilità con cui erano riusciti a passare le linee russe nell’ultima settimana”. Tutto facile, insomma, di una facilità sospetta.
Inoltre da settimane gli ucraini attaccavano nella zona centri di comunicazione, la qual cosa non può essere sfuggita a Mosca. Se si guardano gli effetti finora raggiunti, l’operazione ucraina in terra russa si è risolta nel cadere in una trappola.
 

La Nato spaccata

 
L’operazione di terra è stata giustificata come alternativa all’autorizzazione a usare le armi occidentali non in difesa, ma in attacco alla Russia. Risultato: autorizzazione negata, tranne dal Canada (spaccando la Nato). Uno degli obiettivi era alleggerire il fronte sud, facendo spostare truppe russe nell’area di Kursk. Invece ora le truppe russe si avvicinano alla periferia di Pokrovsk (i civili sono in fuga), principale obiettivo dell’offensiva russa in quanto punto nevralgico per gli approvvigionamenti ucraini. Pokrovsk è sulla superstrada che collega Pavlohrad a Dnipro, punto strategico per le operazioni ucraine. I russi hanno occupato il villaggio di Serhiivka. Prendendo Pokrovsk, si avvicinerebbero al controllo del Donetsk.
Secondo militari ucraini, citati dal Wall Street Journal, l’avanzata russa non è rallentata dopo l’attacco ucraino più a nord. La Russia sembra aver dirottato lì soltanto una frazione delle truppe impegnate altrove. Il vantaggio russo in termini di munizioni continua a essere netto, ma è soprattutto la mancanza di soldati a rendere vieppiù sproporzionato il confronto tra Ucraina e Russia sul fronte orientale. L’obiettivo di alleggerire il fronte sud è pertanto fallito.

Nordstream 2:  l’ucraino sospettato

E’ poi emersa responsabilità ucraina nella vicenda del metanodotto Nord Stream 2, così grave per gli interessi della Germania, col risultato di creare all’interno del mondo tedesco una reazione  ostile. Che queste ultime notizie siano vere o no,  la Germania ha emesso un mandato di cattura per un cittadini ucraino. Il Wall Street Journal racconta che Zelensky sapeva e approvava il sabotaggio, salvo poi desistere per pressioni della Cia, mentre i suoi generali procedevano egualmente.
Nel frattempo, mentre la Commissione UE ha comunque trovato il tempo di varare il 17° pacchetto sanzionatorio, la multinazionale statunitense Slb, la maggiore società di servizi per giacimenti petroliferi al mondo, si sta espandendo in Russia, nonostante le sanzioni. Slb approfitta anche dell’uscita dal mercato russo dei principali rivali, ovvero Baker Hughes e Halliburton, a loro volta statunitensi, che hanno venduto le loro attività russe a imprenditori locali nel 2022.
A darne notizia è il Financial Times, che ricorda anche come la società, con sede a Houston e precedentemente nota come Schlumberger, abbia firmato nuovi contratti e assunto centinaia di dipendenti in Russia. Nell’ultimo trimestre Slb ha registrato profitti per 1,2 miliardi di dollari, in crescita del 19%. I ricavi sono saliti del 13% (9,1 miliardi di dollari), nonostante la flessione sul mercato statunitense. L’82% dei proventi del gruppo proviene dall’estero. A controllare la società sono i colossi della finanza americana. Il primo azionista è il gruppo Vanguard con il 9,6%, seguito da Blackrock (8%), Capital World (7,3%) e State Street (4,7%).
E l’Europa?  Ha il cerino in mano.

Sarmaticus

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