Aspide. L’Abc del viaggiatore secondo Runciman

Delizioso almanacco, perfetto come compagnia per le piccole e grandi migrazioni estive dei lettori

“Il mondo la mia ostrica” non è solo il bel titolo dell’autobiografia di Matila Ghyka, diplomatico, matematico e scrittore rumeno purtroppo relativamente poco noto in Italia, ma è anche la sintesi perfetta della percezione che del mondo attorno a sé aveva Sir Steven Runciman, esimio storico bizantinista, globe-trotter e forse anche spia, nonché autore, oltre che della più celebre “Storia delle Crociate”, anche di una delle ultime uscite di Settecolori Edizioni, l’“Alfabeto del Viaggiatore”.

Questo delizioso almanacco, perfetto come compagnia per le piccole e grandi migrazioni estive dei lettori, non solo compendia, inevitabilmente tralasciandone alcuni, i 27 (26, come le lettere dell’alfabeto, più unappendice, la &) viaggi più importanti compiuti dal longevo storico britannico, ma soprattutto offre come il romanzo “Pioggia di Stelle”, sempre di Matila Ghyka, meritevolmente edito da Atlantide Edizioni – uno spaccato eccezionale della “dolce vita di quell’élite di diplomatici, intellettuali, nobili e artisti, di tanto in tanto infiltrata da qualche eccentrico milionario, che in Europa è esistita fino ai primi anni ’40. E, a modo suo, è al tempo stesso significativo e un po’ ironicoanche il fatto che la migliore descrizione di questo milieuprovenga da un inglese, un “insulare”, schmittianamente parlando, non certo un uomo della tellus.

Sono d’uopo però delle precisazioni terminologiche sul “mondo” di Runciman e sulle “migrazioni” dei suoi lettori di oggi. Se, infatti, il primo è decisamente un “piccolo mondo antico”, vasto e ancora dotato di spazi selvaggi da esplorare, ma in un certo qual modo anche douillette, alla francese, o cozy, accogliente, con i suoi cottage e le Government House degli amici sparse in ogni dove e pronte a dare rifugio ai viaggiatori colpiti da malanni assortiti, le ultime invece non sarebbero certo viste di buon occhio, seppur con quel rassegnato elitarismo pieno di savoir-faireche non riesce a risultare del tutto antipatico o minaccioso neppure ai numerosi hater della Perfida Albione.

Se infatti le Bangkok e Pechino di Lawrence Osborne – altro grande viaggiatore e scrittore britannico – sono postmoderne,violentemente ribollenti di odio sociale e razziale sotto una lievepatina di forzata modernizzazione, le mete visitate da Runciman sono ai suoi occhi perlopiù pacifiche, quasi irenistiche, perfino alla vigilia della seconda guerra mondiale o delle escalation del conflitto israelo-palestinese. E l’educato disprezzo di Runciman per il nuovo, politico o sociale che sia, è ben incarnato, per un verso, dall’aneddoto su Lady Macleay, moglie del Ministro britannico, che, al suo entusiastico arrivo a Pechino, poco cortesemente gli dice “Non devi pensare che [la gentilezza di tutti]sia dovuta ai tuoi begli occhi. È solo che ci piace il nuovo tè nella teiera”, e, per l’altro, decisamente più geopolitico, dalla citazione di Houseman (“Compagno, non guardare ad ovest. Strapperà il tuo cuore dal petto”), condita da un ancor più chiaro “Cristoforo Colombo ha rovinato tutto” – e gli Hobbit concordano.

Scrive di Runciman Ben Judah sul “Financial Times”: “Se Steven Runciman non fosse realmente esistito, qualcuno, magari Evelyn Waugh, l’avrebbe inventato”. Vero, purtroppo però è il mondo di Runciman che, ammesso che ai suoi tempi sia esistito e non sia stato solo un riflesso utopistico di un privilegio interiorizzato destinato a pochi, non esiste più ormai da decenni e andrebbe, eventualmente, (re)inventato. E le sue posizioni, squisitamente antimoderne, condite perfino di un pizzico di lettura di tarocchi e di millennarismo (“arsenico e vecchi merletti”, avrebbe detto la sua amica Agatha Christie) sono talmente innocue e insostenibili al giorno d’oggi che diventano, proprio in forza di ciò, un passatempo puro in quanto fine a se stesso: insomma, la definizione esatta di piacere, a cui dà il suo contributo la traduzione, a tratti estrosa e frequentemente debitrice nei confronti della costruzione inglese della frase, ma straordinariamente intonata allo spirito dell’Autore.

Camilla Scarpa

Camilla Scarpa su Barbadillo.it

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