“Campo di Battaglia” di Gianni Amelio e le trincee del nostro tempo

Dal remoto ieri di oltre un secolo fa sorge infatti il parallelismo con l’oggi di cent’anni dopo. Quando i campi di battaglia si moltiplicano. Quello del combattimento e delle trincee è lontano dagli occhi e dal tempo

Il protagonista del film di Amelio, il dottor Stefano Zorzi (Alessandro Borghi)

Negli ultimi mesi della Grande Guerra in un ospedale militare si ritrovano tre ex compagni di università. Stefano (Gabriel Montesi) è un ufficiale medico che rappresenta l’alta borghesia. È la futura classe politica dominante, odia chi rifiuta di difendere la patria nel conflitto della “inutile strage”. Giulio (Alessandro Borghi) è il contrario. È il medico che detesta la vista del sangue e vorrebbe fare ricerca. È il più critico verso la bufera bellica dal punto di vista politico e ideologico. E aiuta i soldati, che cercano di farla franca, a imboscarsi. Talvolta riesce, talaltra fallisce. Anna (Federica Rosellini) è il talento che l’università non può premiare perché è una donna.

Campo di battaglia di Gianni Amelio, in concorso alla Mostra del cinema di Venezia e in sala dal 5 settembre, è una storia-non storia. Non esiste una vicenda da raccontare ma un quadro da dipingere a colpi di pennellate che descrivono stati d’animo e ambizioni. Ricordi e aspirazioni. Frenetiche rincorse verso il nulla. Convinti passi verso l’effimero. Un buon film che rischia di non essere capito o, peggio, di essere strumentalizzato. Eppure non merita questa sorte perché lo spirito è più alto di semplici vicende terrene che la Storia – quella con la esse maiuscola – ha già approfondito e chiarito. E il punto sta in un piccolo errore del titolo che avrebbe dovuto essere “Campi di battaglia”, con il plurale del primo sostantivo.

Dal remoto ieri di oltre un secolo fa sorge infatti il parallelismo con l’oggi di cent’anni dopo. Quando i campi di battaglia si moltiplicano. Quello del combattimento e delle trincee è lontano dagli occhi e dal tempo. Nelle sequenze di Amelio appare filtrato da racconti laconici. Pianto e battiti di denti. Frammenti da XX secolo, congiunti all’attualità da un virus – quello della spagnola – che semina morte e sepoltura. I camion travestiti da pompe funebri. I viaggi senza ritorno. I tentativi disperati di trovare un rimedio o un vaccino. Ma, a suo modo, è un campo di battaglia anche il confronto fra Giulio e Stefano, divisi dall’ideologia e – in fondo – da una donna che entrambi desiderano. Ed è un campo di battaglia pure il lavoro di Anna che promette ma non premia che distingue e ghettizza sulla base di un genere sessuale. Femminile singolare. Ieri. Oggi. Forse domani.

Stefano Giani

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