Ciclismo. A Zurigo non c’è storia: trionfo Pogacar

Assolo epico del campione sloveno che si aggiudica i mondiali al termine di una cavalcata in solitaria

La prova in linea maschile ha concluso l’edizione 2024 dei Mondiali di ciclismo: si è gareggiato nella Svizzera – lungo 273.9 chilometri – da Winterthur a Zurigo.

Al via, 196 partecipanti, in rappresentanza di tutti e cinque i continenti.

Per la Nazionale dell’Italia, agli ordini del Commissario Tecnico Daniele Bennati, i selezionati sono stati nove.

Nello specifico: Andrea Bagioli, Mattia Cattaneo, Giulio Ciccone, Marco Frigo (riserva), Lorenzo Rota, Antonio Tiberi, Diego Ulissi, Edoardo Zambanini e Filippo Zana.

 

Il percorso

La competizione ciclista iridiata del 2024, si è sviluppata lungo i 273.9 chilometri, con partenza da Winterthur e arrivo a Zurigo.

Il Mondiale, molto affine ad una classica, è stato pensato soprattutto per gli scalatori, visti gli oltre 4000 metri complessivi di dislivello.

Nella prima parte in linea da 69 km (più di 1000 i metri di dislivello) sono tre le ascese: Buch am Irchel (4,8 chilometri al 4,2% di pendenza media); Kyburg (1.3 chilometri al 10,1%) e Suessblatz (1,8 km all’8,5%).

Successivamente, previsto un circuito di 27 chilometri – intorno all’area di Zurigo – da ripetere sette volte.

Le principali difficoltà altimetriche del tracciato zurighese si trovano tutte nei primi 7000 metri: in primis, lo strappo della Zurichbergstrasse (1,1 chilometri all’8% di media, con punte al 15%).

Poi, la salita di Witikon (2,3 chilometri al 5,7%, con un tratto al 9%).

Scollinata questa salita si rimane in quota per circa 10.000 metri, decisamente mossi.

La parte finale, ondulata e con diverse curve in discesa, conduce verso gli ultimi sei chilometri, totalmente pianeggianti.

 

La fase iniziale

Nella fase di rodaggio, con una prima serie di scatti e di fughe tentate – con Rota come più attivo degli italiani – si segnalano pure diverse fermate.

Tra cadute e difficoltà varie si ritirano quasi subito il francese Julian Alaphilippe, lo spagnolo Mikel Landa, il portoghese Joao Almeida, il danese Mattias Skjelmose.

All’inizio, a controllare e a gestire il gruppo, ci sono soprattutto gli atleti della Slovenia, che chiudono immediatamente un tentativo dello spagnolo Pablo Castrillo (ai meno 130 chilometri dalla fine).

Gli sloveni, comunque, qualcosa devono concedere e infatti, a seguito dei vari scatti e controscatti, la fuga effettivamente si forma, con due diversi gruppi al comando virtuale.

Gli stessi si sarebbero successivamente riunificati.

 

Scatti in fuga

La gara si accende definitivamente ai meno 101 chilometri dalla fine, quando dal gruppo principale esce Tadej Pogacar: lo sloveno può contare sul compagno Jan Tratnik – già in fuga – che lo aspetta.

In dieci chilometri (ossia quando ne mancavano 91), i due si riportano sulla testa, mentre le contromisure provano a prenderle soltanto i belgi e gli olandesi.

Il piano della Slovenia, a quel punto, si proietta nel continuare l’azione: Pogacar forza l’andatura e Tratnik viene utilizzato per tirare.

Il classe 1998 lascia definitivamente il gruppetto al comando ai meno 78.6 km, col solo francese Pavel Sivakov (che era andato in fuga precedentemente) a tenergli la ruota: entrambi, trovano modo di collaborare.

Alle spalle dei vari insiemi di corridori, la nazionale belga si compatta.

Allunghi li provano il belga Remco Evenepoel (ai meno 72 e ai meno 70), l’italiano Mattia Cattaneo e soprattutto l’olandese Mathieu van der Poel.

Proprio lo strappo di van der Poel – ai meno 64 – fa la differenza, per quanto sostanzialmente continui a mancare una vera e propria organizzazione.

Nel frattempo, il margine della coppia di vertice, pur non raggiungendo neanche il minuto, si mantiene costante, almeno fino ai meno 52 km dal traguardo (equivalenti a due giri del tracciato).

Quando le pendenze tornano a crescere e si staglia la Zurichbergstrasse, Pogacar da un’altra accelerata, senza che Sivakov riesca a tenerne il passo.

Con oltre 50 km da percorre, Tadej Pogacar si ritrova da solo, praticamente impegnato in una solitaria cronometro.

Non che dietro, gli altri corridori restino fermi, ma l’atleta col dorsale numero 22 ha fatto il vuoto.

Sulla stessa salita, van der Poel ha comunque raggiunto l’irlandese Ben Healy e il lettone Toms Skujins, nel frattempo a loro volta mossisi anticipatamente per cercare di chiudere sul capofila.

Più indietro Remco Evenepoel, che non aveva colto l’attimo per prendere la ruota dell’olandese.

A differenza dell’atleta del Belgio, Oscar Onley aveva invece assunto l’olandese come compagno di fuga.

 

Il finale

Onley e van der Poel si fanno presto riprendere dal gruppo di Evenepoel (ai meno 44.5), a fronte della coriacea e caparbia azione di Healy e Skujins.

Il giro conclusivo (gli ultimi 27 km) comincia con Pogacar in testa e un vantaggio personale pari a 61” su Healy e Skujins, 87” sui vari Evenepoel, van der Poel, Onley, lo svizzero Marc Hirschi.

Lo sloveno deve fare i conti con le sue energie, ma il suo margine continua ad oscillare tra i 40” e i 50”, continuando alle sue spalle tanti scatti estemporanei.

Quando i riferimenti segnano i meno 23.5 km, Hirschi e lo spagnolo Enric Mas scattano, imitati cinque km dopo da van der Poel e da Evenepoel.

I quattro, insieme anche all’australiano Ben O’Connor riprendono Skujins e Healy ai meno 16.7 km, formandosi dietro a Pogacar un drappello di sette corridori.

Avranno ancora la forza di muoversi l’olandese e lo svizzero, ma senza risultanze effettive.

Sul traguardo, dunque, in solitaria si presenta Tadej Pogacar che vince in 6H27’30” il Campionato del Mondo.

Per il nativo di Komenda, il Titolo Iridato ha suggellato un 2024 straordinario, visto che – in questa annata – aveva già ottenuto i successi del Giro d’Italia e del Tour de France.

Con lui, sul podio, O’Connor – abile a prendere un leggero margine sui diretti concorrenti nell’ultimo chilometro – e Mathieu van der Poel.

Nelle posizioni fino alla decima, si sono nell’ordine classificati, Skujins, Evenepoel, Hirschi, Healy, Mas, lo statunitense Quinn Simmons e il transalpino Romain Bardet.

Il migliore degli italiani è stato Giulio Ciccone, venticinquesimo, a 6’36” dal vincitore

 

 

Lorenzo Proietti

Lorenzo Proietti su Barbadillo.it

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